(8) Un bellissimo disastro

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◆ Zayn's P

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Zayn's P.O.V.

Dopo aver finito il pranzo di famiglia a casa di mia madre, e sopravvissuto al nuovo fidanzato di mia sorella senza aver tentato di strangolarlo, me ne ritornai a casa. Rachel mi stava già aspettando per andare al centro penitenziario, da suo padre. Quindi mi affrettai a raggiungerla. Mi diedi un'ultima occhiata allo specchio prima di uscire, ravvivandomi il ciuffo e sistemandomi la giacca di pelle. Prima di suonare il campanello di casa sua mi soffermai sul bidone della spazzatura, dove un pezzetto di carta arrotolata catturò la mia attenzione. Lo raccolsi e lo aprii frettolosamente, mostrandomi il volto di Rachel in bianco e nero, ma non del tutto finito.

"Strano. Lei mi disse che non aveva mai provato a disegnare sé stessa." Pensai. Eppure era così bello.

Non feci in tempo a nasconderlo quando la protagonista di quel ritratto si materializzò di fronte a me.

«Questa è violazione della privacy!» Strillò dandomi un pesante pugno sul braccio, subito dopo avermi strappato il disegno dalle mani. Indossava dei jeans bianchi con una camicia verde, abbinati a delle converse nere. Non immaginereste mai che una così piccola creatura possa colpire tanto duramente.

«Ahia! Perché lo hai buttato?» Le chiesi mentre lo accartocciava, ma stavolta lo mise in borsa.

«Perché non mi piace forse? Che ti importa.» Si rabbuiò uscendo dal cancello.

«Mi importa e basta. E non era niente male, ma avevi detto di non amare disegnare le persone, tanto meno te stessa.» Mi giustificai.

La vidi mordersi il labbro inferiore prima di rispondermi. «Beh da quando tu mi hai chiesto di farlo ci ho provato, ma fallisco tutte le volte. Non riesco ad inquadrarmi come vorrei.»

«Prova a farlo di getto, e la prossima volta non buttarlo, ne voglio tenere almeno uno.» Dissi poco prima di aprire la portiera della mia macchina e salirci dentro.

Prima ancora che io potessi fermarla dalla sua prossima azione, il suo dito medio si alzò in aria prima di fiondarsi nella mia macchina. Sorrisi quando mi accorsi che mi piaceva il fatto di conoscerla a tal punto da prevedere alcuni suoi movimenti, o pensieri. Rachel si stava addentrando in me così rapidamente da risultare naturale, giusto. E non avrei mai pensato di poter essere felice per queste piccole cose, e forse solo in quel momento iniziai a notare quanto ne avessi bisogno.

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Arrivammo alla prigione che tanto conoscevo, ed alcune guardie sembrarono riconoscermi. Intrecciai la mia mano a quella di Rachel quando iniziai a notare il suo nervosismo; in viso era più pallida del solito. 

Abbassai la testa verso di lei. «Andrà tutto bene.» Le sussurrai all'orecchio, cercando di rassicurarla. Lei mi strinse maggiormente la mano come risposta. In quel momento, sapevo per certo, che si stesse aggrappando a me come un'ancora di salvezza. Ed io, d'altronde, non mi ero mai sentito più adeguato ad esserlo.

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