Dio non perdona sempre

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"Il Signore disse a satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui». Satana si allontanò dal Signore."

-Giobbe 1:12

Quando Irina e Michael aprirono la porta del bagno notarono Ciel che li fissava scocciati e dietro lui, Aurora che si sciacquava il viso piegata in avanti sul lavandino.
"Ehy Rora ti senti bene?" Domandò Irina correndo verso l'amica per stringerla da un fianco.
Aurora si girò verso lei e ricambiò l'abbraccio.
"Sto bene, tranquilla" rispose con dolcezza.
"Mi faceva solo male lo pancia, credo mi stia tornando il ciclo" continuò mentendo.
Micheal sbuffò.
"Non c'era bisogno di essere così esplicita eh ahahah" scherzò avvicinandosi a Ciel e notò la macchia nera sulla sua maglia all'atezza del petto.
"Come ti sei macchiato?" Domandò incuriosito.
"Mh niente lascia stare" rispose secco mentre si allontanava da lui per avvicinarsi ad Aurora.
"Andiamo fuori di qui, devo parlarti" disse non curandosi di Irina.
"Va bene ma ora abbiamo lezione"
"Oh no tranquilla, la professoressa di inglese manca quindi abbiamo due ore di buco e nessuno ci viene a fare sostituzione" svelò Irina entusiasta.
Aurora sorrise.
"Bene allora andiamo in palestra Ciel" disse per prendere, poi, la mano del biondo ed uscire dal bagno.
Irina e Michael, nel frattempo, si guardarono confusi per poi fare spallucce e darsi un abbraccio.
"Quando glielo diremo?" Domandò Irina a stretto contatto con il petto del castano.
"Presto" disse per poi stringerla ancora più forte.
Nel mentre i due biondi erano arrivati in palestra e si sedettero su un materassino.
"Allora?" Domandò Ciel.
"Che significa 'papà è tornato'?" Continuò, citando l'ultima frase di Aurora prima dell'arrivo dei suoi due migliori amici.
Aurora abbassò lo sguardo.
"Ecco...quando sono nata i miei genitori non avevano nemmeno vent'anni e quindi mio padre, come accade quasi sempre, se ne andò e non tornò più, almeno fino a ieri pomeriggio" spiegò con la testa china sulle sue gambe.
"Capisco...quindi tu stai così male per questa cosa....sinceramente non comprendo il motivo di tale disperazione" ammise Ciel poggiando due dita sul mento di Aurora per alzarle il volto e costringerla a guardarlo.
"Non è così difficile sai....io non ho mai avuto un padre, mi è sempre mancata una parte fondamentale di me e quindi sento di essere cresciuta a metà. Ho sempre cercato una figura paterna ma in vano e sapere di essere stata abbandonata non è piacevole. Ma con il tempo sono riuscita a nascondere dentro me tutto questo ma ora che lui è tornato, sono tornati anche tutti i miei dolori" espresse le sue emozioni come non mai prima d'ora. Sentiva di potersi fidare di lui meglio che di chiunque altro, sentiva di nuovo quella strana sensazione di averlo già conosciuto.
Ciel mollò la presa dal viso della ragazza.
La guardò per un po' senza dire niente.
"Non hai mai pensato di lasciare il passato alle spalle e di perdonare" consigliò con una nota di pentimento e nostalgia nella sua voce spezzata.
"Io non sono Dio, io non perdono" fu la risposta secca di Aurora mentre dentro se si domandava quale fossero i pensieri del biondo seduto vicino a lei.
Il ragazzo sorrise e con una mano prese la testa di Aurora e la poggiò sul suo petto.
La ragazza da prima incredula, adesso sorrideva mentre una lacrima rigava nuovamente il suo viso. Non ricambiò la stretta di Ciel ma si godette lo stesso il calore di quell'abbraccio che stava facendo battere il suo cuore, ora, libero dai pensieri inerenti suo padre.
'Grazie Ciel' pensò.
Restarono così per un po' finché Ciel non ruppe quel silenzio.
"Dio non perdona sempre, solo quello che fa comodo a lui. Sa essere peggio del Diavolo quando vuole ma d'altronde da qualcuno doveva pur riprendere il caro Lucifero".
"Cosa intendi dire?" Domandò confusa Aurora alzando la testa.
Ciel ghignò.
"Niente principessa, torniamo in classe che senza accorgertene sei rimasta avvinghiata a me per due ore" disse divertito.
Aurora divenne rossa per l'imbarazzo. Erano passate già due ore? Come volava il tempo.
"Sei tu che mi hai abbracciato...." disse impacciata voltando la testa altrove per non mostrare il suo rossore.
"Sì, va bene, io vado, invece, tu torna bianca come prima che non mi va di far pensare male gli altri" disse mentre se ne andava accompagnato dalla sua risata.
Aurora sorrise.
"Che bella la tua risata, è una dolce melodia che ferma il mondo voglioso di ascoltarla" disse a voce bassa, ma Ciel non era ancora abbastanza lontano.
"Grazie" le urlò.
Se prima Aurora divenne rossa, ora era violacea. Pensava di averlo detto tra sé e sé ma invece...
"Che figura di merda" pensò coprendosi il volto con le mani.
Dopo dieci minuti passati tra l'imbarazzo, decise di tornare in classe dove subì il rimprovero del professore di matematica perché era in ritardo.
"Sì, scusi. Non mi sentivo bene" lo liquidò mentre tornava al suo posto notando il banco vuoto di Ciel.
Quando si sedette chiese spiegazioni a Irina e Micheal.
"È uscito prima, ha due anni in più di noi. Tu lo sapevi? Noi no" risposero all'unisono assomigliando alle famose gemelle di Shining.
"No, ma non fatelo più. Siete inquietanti" rispose Aurora.
I due risero e poi si guardarono e si annuirono a vicenda.
"Aurora dopo usciamo? Dobbiamo parlarti" disse Irina seria.
"Ehm non posso...è successo qualcosa?" Domandò incuriosita.
"No, no tranquilla" tagliò corto Micheal.
"Facciamo un altra volta, mi spiace ragazzi" concluse la conversazione Aurora per poi prestare attenzione alla lezione.
Quelle due ora passarono in fretta e quando suonò la campanella di fine lezioni, Aurora si alzò di scatto e corse verso casa.
Era affamata. La sera prima aveva saltato la cena. Dopo lo sfogo con Ciel si sentiva un po' meglio quindi avrebbe sopportato un pranzo in compagnia di suo padre.
Quando arrivò a casa, era l'una e quaranta e non era ancora pronto così andò in camera sua dove si gettò sul letto a peso morto come aveva gettato lo zaino sul pavimento.
Era sdraiata supina con gli occhi chiusi. Il suo respiro era calmo e rilassato e senza rendersene conto, si addormentò.
Le fiamme divampavano davanti i suoi occhi terrorizzati. Il mondo intero si era tramutato in una landa desolata e del genere umano non vi era più traccia.
Aurora tentava di scappare ma davanti lei parve la figura di suo padre che la bloccò.
I suoi occhi erano luminosi e la carnagione più chiara del solito. Intorno a lui c'era un alone di mistero e orrore.
"Tu es clavem*" le disse puntando il dito.
Aurora si svegliò di soprassalto con la fronte impregnata di sudore.
"Un altro incubo" pensò.
"Tutto bene?" Gli chiese una voce.
La russa si voltò verso destra dove vide la figura di suo padre all'estremità del letto.
"Sì...solo un brutto sogno" lo rassicuro.
L'uomo annuì e poi invitò la figlia a seguirlo al piano inferiore. Aurora confusa guardò l'orologio. Le 14:00. Il pranzo era pronto.
Senza esitazione si alzò dal letto e si diresse di sotto sedendosi vicino alla madre.
La donna la imitò dopo aver poggiato il tacchino e l'insalata sul tavolo.
"Sei uscita presto questa mattina" le disse sua madre.
Aurora non la guardò. Era troppo impegnata a condire l'insalata con l'aceto, sale e olio per darle attenzione.
"Tua madre ti sta parlando" intervenne suo padre non ottenendo nessun risultato.
L'uomo si irrigidì e strinse le posate.
"AURORA" la rimproverò ottenendo, finalmente, la sua attenzione.
La ragazza aveva gli occhi sgranati dalla paura e il cuore in gola.
"C-che succede?" Balbettò.
"Tua madre ti sta parlando e sarebbe buona educazione rispondere visto che quest'ultima ti è stata insegnata" tornò tranquillo.
"Oh, e tu che ne sai di ciò che mi è stato insegnato visto che non c'eri praticamente mai?" Domandò con quell'arroganza che l'aveva contraddistinta sin da bambina.
L'uomo rise di gusto.
"Vedi bambina io so più di quanto pensi, sennò non sarei quel che sono" rispose con un lieve tocco di mistero.
Aurora non ribatté, ma non perché non sapeva cosa dire ma non aveva capito ciò che suo padre intendesse.
Frastornata si sedette e rivolse lo sguardo civettuolo verso sua madre.
"Che mi avevi chiesto?" Domandò.
"Stamattina sei uscita presto" ripetette Alexandra porgendo l'insalata all'uomo di fronte lei.
"Ah sì, dovevo vedere Dimitri" spiegò.
Sua madre quasi non si strozzò con il tacchino.
"State tornando insieme?" Domandò con un sorriso a trentadue denti.
"No" rispose secca Aurora.
"O mi metto con Ciel o mi faccio suora" continuò pensando, però, di averlo detto nella sua mente.
"Chi?" Domandò smarrita la madre. Si era persa qualcosa.
"Ehm niente, è un ragazzo che si è appena trasferito e viene in classe con me" disse vaga Aurora.
Sperava di poter cambiare argomento ma suo padre non ne fu intenzionato.
"Ripetimi il nome di questo ragazzo" ordinò.
"Ciel" ripeté Aurora alzando lo sguardo.
"Perché?" Domandò.
"Aurora lascialo stare. Stai lontana da lui" disse ignorando la sua domanda.
"Perché?" Insistette Aurora.
"Perché lo dico io. Obbedisci"
Aurora si innervosì.
"Non puoi darmi ordini" gli urlò contro.
"Invece sì, sono tuo padre" controbatté l'uomo smettendo di mangiare per guardare meglio il volto della figlia. I lineamenti erano tesi e solo allora si rese conto di quanto fossero uguali.
"Me ne sbatto il cazzo" alzò di più la voce la ragazza e senza rendersene conto, il palmo di suo padre fu sulla sua guancia dolorante e arrossata.
"Va all'inferno" fu l'ultima cosa che Aurora gli disse.
"Ci sono da una vita bambina" rispose con un lieve tocco di ironia.
Confusa da quella risposta e arrabbiata per lo schiaffo, Aurora si diresse nella sua stanza. Sua madre cercò di seguirla ma l'uomo la fermò.
"Si calmerà".
"È una fatica fare il padre" continuò.
Alexandra lo fissò severa. Non era quello il modo giusto.

La Redenzione Del DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora