Abbiamo tutti una dose di stupidità

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"Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo."

-Giovanni 17:24

Ciel era seduto sul suo letto mentre fissava i fogli che aveva gettato a terra. Disegni senza un senso ma di una bellezza ed una tecnica unica. Aveva disegnato tutto ciò che aveva potuto vedere o meglio ciò che gli aveva fatto vedere. Suo padre, dopo anni di silenzi, gli aveva mandato delle visioni senza senso: prima il polo nord con l'aurora boreale e poi il cielo mattutino, un cielo roseo per via dall'aurora che lasciava posto all'alba.
Aveva fatto varie ricerche ma non aveva trovato assolutamente niente. L'unica cosa che era riuscito a comprendere era che l'aurora sia mattutina che boreale era collegata alla luce.
"Ma vaffanculo" urlò alzandosi di scatto.
Era nervoso. Era sempre stato più intelligente degli altri, grazie alla sua natura, e quindi lo innervosiva questo suo non comprendere.
Faceva avanti e indietro per la stanza, sbuffava, imprecava e si disperava.
Voleva trovare la riposta alla sua domanda, voleva trovare la strada di casa, voleva trovare le chiavi del cancello ma non sapeva dove cercare. Per la prima volta in vita sua era impotente.
"Dannazione" pensò.
Provò a guardare il cielo e cercare di capire il collegamento con l'aurora ma tutto ciò che gli venne in mente furono un paio di occhi azzurri grandi e a mandorla. Gli occhi di Aurora. Tutto d'un tratto, i suoi pensieri cambiarono. Ora non aveva più la preoccupazione dell'incomprensione ma la profondità di quei meravigliosi diamanti blu come il cielo che aveva davanti sé.
Si calmò al suo pensiero e un sorriso comparve sul suo volto. "Chissà se è attratta da me, riuscirò mai a farla mia?" pensò gettandosi sul letto.
Da quando l'aveva conosciuta aveva capito sin da subito che lei era speciale e diversa da tutti gli altri. Sentiva di conoscerla già da tempo ma la parte che sentiva di conoscere era negativa, gli evocava alla mente brutti ricordi.
Ciel voltò la testa verso la finestra e fissò il tramonto. Il giallo in contrapposizione dell'azzurro. Gli occhi e i capelli di lei.
La luce stava abbandonando, ormai, la stanza e tutto intorno alla ragazza si scuriva.
Aurora era sdraiata nel suo letto con il corpo avvolto dalle lenzuola candide e profumate di pulito.
Il suo sguardo era rivolto al soffitto bianco senza segni di crepe. Candido e perfetto come jl petto di Ciel.
La ragazza non faceva altro che pensare alle visite fatte al biondo e alle sue fughe dettate dall'imbarazzo.
"Certo che quel ragazzo è proprio sfacciato"  pensò la bionda.
"Sembrava così convinto di potermi avere. Pensa al sesso come tutti ma sento che è diverso."
Un'espressione confusa comparve sul volto della bionda. Pensieri strani ma non jnfondati. La perfezione di quel corpo, l'intelligenza quasi divina erano tesi a favore dei suoi pensieri ma l'arroganza lo rendeva troppo umano.
Sicuramente qualcosa le nascondeva ma avrebbe fatto di tutto per scoprirlo. Non era mai stata una ficcanaso ma voleva sapere tutto di quel ragazzo, voleva condividere tutto con lui, tutta la sua vita, il letto e i pensieri.
Subito divenne rossa e si portò le mano sul viso.
"Ma che sto pensando?! Prima mi arrabbio per i suoi atteggiamenti e poi penso a noi che...."
"Invece di fare le cretina, scendi che è pronta la cena" disse suo padre infastidito da quella scena.
Aurora si rese conto di aver passato tutto il pomeriggio pensando a Ciel diventando ancora più rossa.
Lucifero scuoteva la testa mentre Aurora sorrideva imbarazzata.
"Penso di essermi presa una bella cotta."
La pizza non emanava più vapore, ormai si era freddata e la mozzarella filante si era indurita. Non era stata toccata per niente, perfetta come appena sfornata. Aurora era troppo presa dai suoi pensieri e quindi ignorava le proteste del suo stomaco.
"Ma voi umani siete così stupidi o è solo un tuo difetto?" Domandò suo padre con disprezzo. Fissava la figlia con aria sognante dall'alto al basso.
Nonostante fosse persa nei suoi pensieri, Aurora aveva sentito bene suo padre e quella domanda l'aveva fatta irritare.
"Abbiamo tutti una dose di stupidità umani come animali e scommetto anche la specie a cui appartieni tu! A proposito vuoi dirmi che cosa saresti? O devo capirlo da sola?" Rispose Aurora con rabbia ringhiando all'uomo davanti lei.
"Amore...insomma... tuo padre stava generalizzando...voleva dire ragazze non umani..." intervenne nervosa Alexandra mentre sparecchiava la tavola.
"Raccontala a qualcun'altro...comunque anch'io ho una domanda per lui.
Voi uomini siete tutti così vigliacchi o ce ne sono anche alcuni che hanno il coraggio di prendersi le proprie responsabilità?! Fare il padre deve essere una medaglia per l'onore" ironizzò la bionda alzandosi in piedi.
Lucifero non poté fare almeno di scoppiare in una risata malvagia ma di gusto.
"Ma come?! Ancora non mi hai perdonato? Prima mi abbracci e mi fai tante domande sul mio conto per poi attaccarmi e dimostrare il rancore che hai nei miei confronti... sei un po' bipolare" rispose lui con tranquillità mentre circondava la figlia tra le sue braccia ma fu respinto subito da Aurora.
"Non è bipolarismo... ti faccio domande perché vorrei sapere con chi dovrò vivere per un po' di anni... e sì ti porto rancore perché quello che mi hai fatto non lo dimenticherò mai. Non colmerai la mia mancanza nemmeno stando con me per cent'anni" urlò Aurora tra le lacrime per poi scappare in camera sua.
Sua madre la seguì mentre suo padre rimase in cucina. Tremava e i suoi occhi erano colmi di tristezza.
Quelle parole erano state armi per il suo cuore. Aveva sentito tutto il dolore della figlia e i sensi di colpa si fecero sentire.
'Volevo proteggerti non farti male ma forse ho protetto solo me stesso' pensò mentre si sedeva.
Nel frattempo, Alexandra, cercava di consolare la figlia che era buttata sul letto e la faccia rivolta sul cuscino.
"Non fare così Rory. Ci sono tante cose che non puoi capire" disse mentre le carezzava i lunghi capelli biondi.
"Se non le capisco è perché nessuno me le spiega" urlò lei contro sua madre alzando il volto rosso e rigato dalle lacrime.
"È difficile da spiegare e non si possono dire le cose così, tutte di botto. Potresti non reggere la pesantezza di questa storia. È assurda.
Però ti prometto che piano piano te la racconterò ma ti prego non trattare così tuo padre. Non sei stata l'unica a soffrire in questi anni." Spiegò sua madre per poi lasciare la stanza della figlia.
Aurora era indignata... certo non era l'unica a soffrire ma la vittima era stata solo lei. Gli sbagli di un genitore li paga sempre il figlio.
Dalla rabbia lanciò i cuscini e si alzò in piedi per sedersi, di nuovo, sulla sua scrivania.
Voleva calmarsi e per questo iniziò a scrivere tutto ciò che le veniva in mente. Voleva liberarsi dal dolore dell'assenza del padre, dal dolore delle menzogne di Irina e Michael e dal dolore dell'incomprensione della madre. L'unico modo che aveva per farlo era la scrittura perché poteva imprigionare i sentimenti nella carta per poi farla bruciare.
Quel periodo per lei era davvero assurdo. Troppe cose per una vita monotona e tranquilla come la sua. Tutto era iniziato dall'arrivo di Ciel e anche se, inizialmente, la infastidiva con la sua arroganza, ora sembrava essere la sua unica salvezza. Quei grandi occhi azzurri celavano un mondo ideale dove sarebbe voluta fuggire insieme a lui.
Facevo pace con il mondo solo se avevo lui intorno
Il pensiero di Ciel fece calmare la bionda.
Dopo essersi asciugata le lacrime si mise sotto le  coperte e cercò di focalizzare l'attenzione sulla sua vita.
Se stava cambiando allora sarebbe dovuto cambiare anche lei per adattarsi alle novità.
Con la mano si carezzo il fianco sinistro dov'era tatuato un pastore tedesco in onore di Masha, la sua prima cagnolina morta un anno prima. Forse un nuovo cane avrebbe riempito le sue giornate e l'avrebbe allontanata dai pensieri negativi.

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