(T/n)= tuo nome
(c/c)= colore capelli...
Una volta Dazai le aveva detto che la notte era il suo momento preferito perché appartenente alla mafia, silenziosa testimone di massacri e occultatrice di peccati. A (T/n) la notte piaceva, invece, per un motivo più banale, più innocente e ingenuo, che se avesse confessato, era certa, sarebbe stato oggetto di prese in giro da parte del maggiore: la notte, per (T/n), era il momento in cui poteva spogliarsi della natura tossica a cui aveva scelto di appartenere e rifugiarsi nell'abbraccio delle tenebre, dove ogni cosa assumeva le medesime sfaccettature, senza distinzione. Non vi era bisogno di nascondersi, né di provare pudore, né pregare spudoratamente il perdono di qualsiasi dio vi fosse -sempre che vi fosse.
Seduta sul futon della stanza di Dazai, dove ormai era solita passare la notte, la ragazza osservava sovrappensiero il cielo picchiettando l'unghia contro il vetro del bicchiere vuoto che aveva in mano, fino a qualche attimo prima traboccante di sake. Dietro di lei Dazai si apprestava a versarsene altro, poi, senza dire una parola, portava il bicchiere alle labbra tenendo gli occhi puntati su (T/n) immaginando il sapore delle sue labbra ogni qual volta una goccia di liquore si posava sulla sua lingua. Sorrise impercettibilmente desideroso di scattare una foto per preservare la bellezza di lei e l'insolita quiete di quella sera, ma optò semplicemente per imprimere quell'immagine nella sua testa. Per una volta anche quest'ultima era silenziosa.
-Se hai finito di fissarmi come un pervertito...- sentenziò (T/n) voltando il capo quel tanto che bastava per cogliere i tratti di Dazai con la coda dell'occhio. Lui posò il bicchiere con un risolino e si avvicinò alla finestra.
Avrebbe davvero voluto carpire il motivo per cui, ogni volta che era con lei, tutto assumeva forme e colori differenti. Tutto sembrava più giusto, anche il peccato.
-Scusa- disse, -è solo che sei davvero bella.
Vide nascere il sorriso sulle sue labbra e le gote arrossarsi come fiori appena sbocciati. Sapeva di farle quell'effetto, lo sapeva e se ne vantava perché solo lui ci riusciva. Anche lei lo sapeva e si arrabbiava, ma alla fine ci cascava nuovamente lasciando che lui la stringesse al proprio petto fino al mattino, quando la responsabilità di chi erano e di cosa facevano tornava a tormentarla mordendole l'orecchio con la sua voce accusatoria e persistente. E mentre succube di quelle voci astratte, tentava di aggrapparsi alla poca speranza che ancora aveva radici ben salde in lei, Dazai percorreva la strada della morte rimanendo fedele al proprio credo, alla convinzione che non valesse la pena continuare ad esistere senza un proposito.
Le faceva male da morire sapere che lei non bastava, ma finché sarebbe riuscita a prolungare egoisticamente la vita del maggiore si sarebbe accontentata di essere un semplice passatempo.
Ai propri occhi (T/n) non era altro che quello, ma se avesse guardato più attentamente in quelli di Dazai avrebbe visto una luce mai nata prima nel cuore di colui, considerato il più spietato degli esecutori. Avrebbe visto e capito che per lui era molto di più di una collega, una compagna di bevute in quelle sere calde di metà maggio, più di un'amante con la quale sfogare le frustrazioni e i dolori che quella vita comportava. Se ne sarebbe potuta accorgere stesso quella mattina, quando durante una missione contro un'associazione rivale, era stata colpita al braccio da un proiettile. Perfino in quel momento, tra la foga della battaglia, il frastuono della sparatoria e il battito accelerato dato dall'adrenalina, Dazai si era preoccupato per lei, di accertarsi che stesse bene, che la ferita non fosse profonda.
"Aspetta, non muoverti",
"non sforzarti, stai perdendo molto sangue",
"ti porto io",
"ti fa molto male?".
Tutte quelle parole erano risuonate come eco nel pozzo nelle orecchie di (T/n), in bilico tra la stanchezza dovuta all'ingente perdita di sangue e alla voglia di rialzarsi e fare il culo a quegli stronzi. Dazai l'aveva fermata con tono autoritario dettato dalla paura che potesse ferirsi ulteriormente e aveva ordinato la ritirata ignorando le proteste della ragazza, quindi l'aveva portata nel proprio appartamento dove l'aveva medicata e lasciata riposare fino a sera, quando aveva riaperto gli occhi nel crepuscolo che aveva colorato la stanza di rosso. Avevano bevuto sake, parlato, lui le aveva chiesto come stesse e lei aveva risposto che stava bene, ringraziandolo. Il tempo era trascorso in fretta fino all'arrivo della sera che li aveva sorpresi ancora intenti a bere e parlare come spesso si trovavano a fare, senza ubriacarsi per non rischiare di dimenticare quei momento il giorno successivo.
Come poteva non rendersi conto, in quegli attimi di pura intimità, che lui si stava lentamente lasciando andare a lei nonostante tutte le regole che si era imposto, nonostante avesse paura che prima o poi anche lei sarebbe uscita dalla sua vita come tanti avevano fatto, nonostante tutte le paranoie di cui la sua coscienza era sordida? Stava diventando più importante di quanto lui avesse potuto mai credere. (T/n), dal canto suo, era ormai in sua balia da non ricordava quanto tempo. Forse, si ripeteva spesso quando gli occhi di Dazai spodestavano qualsiasi altra riflessione lei stesse facendo, l'aveva amato da sempre, senza un inizio preciso. Forse le loro anime erano sempre state ingarbugliate tra di loro, incapaci di capire dove cominciasse l'una e dove finisse l'altra. Era una visione puramente e incoscientemente romantica, tuttavia non riusciva a fare a meno di appellarsi ad essa anche se una parte di lei gridava di fermarsi, che ci avrebbe sofferto come un cane, che Dazai non era innamorato di lei: la prova erano i continui tentativi di porre fine alla propria vita di cui lei stessa era stata testimone ed interferente.
-Una mente bella come la tua non dovrebbe tenere tutti i pensieri per sé- la schernì Dazai alludendo al silenzio fitto creatosi da minuti, ormai.
(T/n) gli rivolse uno sguardo distratto, come se non avesse capito bene cosa avesse detto, o se avesse effettivamente detto qualcosa, ma poi parve riprendersi.
-So che non ti piacciono le donne che pongono domande, ma per una volta vorrei che tu mi togliessi una curiosità- disse in un mero sussurro appena percettibile perfino in quella quiete. Il ragazzo sorrise sotto i baffi e annuì.
-Ma sì, te lo concedo.
Ignorando la risposta ironica del maggiore, la (c/c) alzò gli occhi verso il cielo, soffermandosi a pensare su quanto fosse nuvoloso quella sera, poi riportò l'attenzione su Dazai girandosi completamente verso di lui.
-Perché oggi, durante la sparatoria, non mi hai lasciato lì? Voglio dire, non è una cosa che faresti. Una settimana fa hai lasciato ben nove dei tuoi sottoposti feriti da una bomba a morire. Oggi hai addirittura ordinato la ritirata.
Dazai la fissò sorpreso. Davvero credeva che l'avrebbe abbandonata o che avrebbe dovuto farlo? Certo, anche lei era una sua sottoposta, ma lei era... beh, lo sapeva. O almeno credeva.
-Invece di ringraziare il tuo eroe per averti tratto in salvo mi fai una domanda del genere?- rispose con ironia ancora una volta.
-Non potresti mai essere il mio eroe.
-Che cattiva.
-Dico davvero.
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𝐓𝐢𝐧𝐲 𝐒𝐭𝐨𝐫𝐢𝐞𝐬 || 𝐵𝑢𝑛𝑔𝑜𝑢 𝑆𝑡𝑟𝑎𝑦 𝐷𝑜𝑔𝑠
Random' ⃟ ཹ։❀፧ 𝗕𝘂𝗻𝗴𝗼𝘂 𝗦𝘁𝗿𝗮𝘆 𝗗𝗼𝗴𝘀 ✃ 𝐶𝒉𝑎𝑟𝑎𝑐𝑡𝑒𝑟𝑠 𝑥 𝑟𝑒𝑎𝑑𝑒𝑟 ⁺ #♡ " ꒰ ᵃˡˡ ᵗᵃᵍˢ ꒱ ༘⇠₊° ꕥྀ ❝L'ᴜɴɪᴠᴇʀsᴏ ɴᴏɴ è ғᴀᴛᴛᴏ ᴅɪ ᴀᴛᴏᴍɪ, è ғᴀᴛᴛᴏ ᴅɪ ᴘɪᴄᴄᴏʟᴇ sᴛᴏʀɪᴇ❞ -Muriel Rukeyser. ꕥྀ Piccole one-shot su Bungou Stray Dogs. ¡¡PERFAVORE, LE...