Capitolo 20

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Leslie

Tornai a casa dispiaciuta che la serata fosse finita. Infondo mi ero divertita da matti e stando soprattutto con Stephan mi ero sentita felice come non mai. Eppure sebbene il mio buon proposito, non appena tornai a casa e guardai il cellulare vedendo un messaggio di Levi che mi augurava buon anno, non riuscii a non rispondergli augurando un buon anno anche a lui.

Poi lo augurai anche alla mia famiglia e a tutti i miei amici.

Prima di andare a dormire, feci un sospiro profondo e decisi di archiviare tutte le chat con Levi per non vederle. Non avrei più avuto contatti con lui e Stephan mi avrebbe aiutata a superare ogni cosa. In questo modo probabilmente avrei iniziato a dimenticarlo e avrei potuto dare una chance vera e propria a Stephan, che si stava impegnando davvero molto a rendere tutto facile e naturale.

I giorni seguenti passarono velocemente. La maggior parte del tempo rimasi chiusa in casa per via del freddo e qualche volta tutti quanti vennero all'appartamento per poter passare un po' di tempo insieme. Organizzammo una tombolata, che non conoscevo minimamente in Australia e di cui mio padre non me ne aveva mai parlato, o forse sì ed io non lo ricordavo. Poi ci mettemmo a giocare a carte e dovettero insegnarmi pure quello perché con le carte italiane sapevo giocare ben poco.

Ad ogni modo, sempre più tempo passavo con Stephan, più riuscivo a non pensare a Levi, tanto che un giorno Isabella mi prese per mano portandomi in un'altra stanza chiedendomi se con Stephan stesse funzionando davvero ed io le risposi di sì. Lei, allora, più felice che mai per me, mi strinse forte in un abbraccio e poi non riparlammo mai più di ciò che riguardava Levi.

Ad un certo punto prima dell'uscita per l'Epifania, guardai me e Stephan ancora una volta nella mia stanza, lui a leggere e io a scrivere e mi sentii in pace con me stessa.

Ad un certo punto lo guardai e lui sembrava concentrato sul libro, immerso dalla storia intrigante che gli avevo proposto dopo che lui, immediatamente dopo aver finito di leggere il primo libro di Peter, me lo riportò indietro chiedendomi consiglio per altri libri che sarebbero potuti piacergli come quello. Io mi ero sentita felicissima e allora gli avevo dato in mano il secondo libro di Peter. Lui lesse la trama e in meno di qualche secondo prese posto sul mio letto accanto a me e iniziò a leggerlo. Ero felicissima che la storia lo appassionasse e quando lui si accorse che lo stavo guardando mi sorrise e mi lasciò un bacio sulla guancia prima di tornare alla lettura. Silenziosamente, guardai da un'altra parte, completamente rossa in viso e sapendo bene di non riuscire più a scrivere, presi il libro-bozza di Peter, quello con cui avrebbe voluto collaborare con me. E come ogni storia di Peter, anche quella riuscì a travolgermi.

La sveglia suonò alle nove e mezza precise. Sebastian mi aveva detto di puntare la sveglia per quell'orario perché quella giornata ci sarebbe stata una "scampagnata" –che non sapevo minimamente cosa significasse, probabilmente perché mio padre non me lo aveva mai detto– al Lago di Endine.

Il tutto era stato deciso solo qualche giorno prima quando tutti erano all'appartamento e a me era sembrata una buona idea uscire per l'Epifania ed andare da qualche parte fuori da Milano, immersi nella natura.

Mi alzai dal letto stiracchiandomi e mi diressi immediatamente al bagno per farmi una doccia portandomi i vestiti che avrei indossato dietro.

In quel periodo dell'anno il lago era congelato e Isabella mi aveva anche detto che ci sarebbero state molte persone per poter pattinare sul ghiaccio spesso. L'avevo trovata una cosa meravigliosa perché in vita mia non avevo mai visto qualcuno pattinare.

A Brisbane faceva troppo caldo in inverno e che io sapessi, esisteva soltanto una struttura che permetteva di pattinare. I miei genitori non mi ci avevano mai portata e nemmeno Peter e John, sostenendo che il pattinaggio non fosse per loro.

Ho perso la mia Stella #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora