Amicizie

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4 Ottobre 2002

EMILY

Questa mattina mi sono alzata presto. Fare tardi non è mai stata mia abitudine, nemmeno quando frequentavo il liceo. Per andare al lavoro, comunque, ci vuole ancora molto e se sono già in piedi, è per preparare una buona colazione per Bella.

Ci conosciamo da una settimana circa, però la sento già amica. Ho appreso molte cose su di lei e sto avendo modo di studiarla, piano piano.

Ad esempio, so che se più tardi non la sveglio, rischia di dormire fino a mezzogiorno, senza nemmeno presentarsi al lavoro e se non lo facessi mettendole sotto il naso qualcosa di succulento, si alzerebbe nervosa.

Ieri mattina, infatti, ce l'aveva con Eddy per questo.

E' la mia coinquilina, vivremo insieme, perciò dobbiamo imparare molto l'una sull'altra, quello che ho capito, però, è che non otterrò niente da lei, non è una tipa che ama parlare di se, dovrò scoprire, pezzo per pezzo, frammenti della sua vita prima di giungere qui.

Anche lei, come me, viene da una piccola cittadina anonima di periferia e anche lei, come me, ama la musica.

Bella però preferisce suonarla, piuttosto che ascoltarla e insieme ad Eddy e Carl, formava una band. Con loro c'era un quarto membro che, a quanto ho avuto modo di capire, ha lasciato il gruppo e adesso, Eddy, cerca di rimpiazzare il componente mancante con Danny, un ragazzetto di diciassette anni coi capelli tinti di rosso, lo smalto nero alle unghie e numerosi piercing sul corpo.

Nonostante il suo aspetto, è un ragazzo dolcissimo. Ieri ho avuto modo di conoscerlo e sebbene non ne capisca molto di sound, a me è sembravo un vero asso a suonare sia il basso, che la chitarra. Il ruolo di chitarrista, comunque, è già occupato da Eddy.

"Maledetto, giuro che lo ammazzo!"

Sussulto. Questa è la voce di Bella che sbotta. Mi volto e noto che mi raggiunge in cucina.

"Buongiorno, sei già in piedi?" le chiedo. Lei sbadiglia e si gratta la piatta pancia che si ritrova.

"Quel deficiente di Eddy mi ha impostato la sveglia al cellulare senza che me ne accorgessi" risponde, poi si stiracchia. Io le sorrido.

"Che cosa stai preparando?" domanda poi rivolgendomi il suo sguardo.

"Il discount alla fine della strada per fortuna è aperto 24 ore su 24, ho preso delle cosine al volo, giusto per cucinare qualcosa a colazione, ma non ho più soldi. Non so come potremo cavarcela per pranzo."

"Ah, sta tranquilla, ti porto qualcosa dal ristorante."

"Sul serio?"

Lei annuisce, io le stringo le mani, poi torno ai fornelli, giusto in tempo affinchè i pancakes non brucino. Li guarnisco con sciroppo d'acero e frutta fresca e glieli servo.

Lei, nell'attesa, si è già accesa una cicca. Io la fisso.

"Ti dispiace se fumo? L'odore ti da fastidio?" chiede, ma lo fa come se in fondo, non gliene fregasse poi molto. Io scuoto la testa. Mio padre è un fumatore incallito, sono abituata alla puzza.

"Non è a me che dovresti badare, piuttosto a te. Avete appena riformato una band e tu sei la vocalist del gruppo. Le sigarette non fanno bene alle tue corde vocali" le dico sedendomi di fronte a lei.

"Mmh? Si, beh, non è che ci creda poi molto. Ho la netta sensazione che sia solo una perdita di tempo."

Sussulto.

Ho come l'impressione che qualcosa l'abbia ferita, in passato e che oggi non creda più nella sua passione per la musica.

Chissà se tutto ciò ha a che vedere con Carl. Ho ancora davanti agli occhi la scena in cui lei piange non appena lo vede entrare dalla nostra porta. E ieri, quando lei si è alzata di botto dal tavolo per uscire fuori dal Mc Donald's, lui l'ha seguita come se volesse fermarla prima che lei potesse commettere una pazzia e la guardava come se fosse davvero in pena per lei.

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