11. "So abbastanza."

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Autumn

Nero.

Era tutto nero intorno a me appena iniziai a sentire il dolore nel mio stomaco riemergere, ricordandomi del mondo esterno. La mia testa era pesante, le palpebre attaccate, mentre ogni osso nel mio corpo non mi reggeva. Era tutto così stancante, così drenante, e mi trovai ad affondare ulteriormente in quella serena oscurità. Stavo bene nell'oscurità, ero abituata ad essa. Era molto, molto meglio di tutto ciò che mi attendeva dall'altro lato. Molto più sicuro e, forse, molto mia. Potevo trasformarla in qualsiasi cosa avessi bisogno, qualsiasi cosa volessi che fosse, a differenza del mondo che c'era dall'altra parte, che si forzava a gravarmi sopra. Mondo da cui avevo tentanto di scappare per anni, inutilmente; mondo che detestavo, con ogni fibra del mio corpo; mondo per cui non trovavo più interesse.

Non sapevo se fossero passate ore, giorni o settimane. Non mi importava. A volte, sentivo una mano sulla fronte o che si muoveva sullo stomaco, e avrei voluto spingerla via, avrei voluto imprecare contro la persona che disturbava la mia pace, ma non ne valeva la pena. Qualsiasi cosa fosse, non valeva la pena perdere questo; la mia fuga temporanea. Occhi verdi occasionalmente si affacciavano in tutta l'oscurità, portando colore nel mio mondo deserto, dove a niente e nessuno era permesso entrare, tranne a lui, e tutte le cose si collegavano. I suoi occhi non erano vuoti, nè superficiali, come tanti altri occhi, quelli avevano qualcosa in essi, raccontavano una storia diversa e desideravo averlo potuto incontrare anni prima, prima che io mi annullassi da tutte le cose vive. Forse allora, sarei stata capace di essere un essere umano funzionante, non semplicemente un robot, un mostro anche, che non aveva nulla se non gli organi usati per tenersi in vita, niente di speciale, di distintivo o di insostituibile.

Potevo sentire una voce in lontananza parlare con una più lieve. Sembravano felici, spensierati e, quasi, normali. Dubitavo esistessero nel mondo che dovevamo abitare ora. Niente di puro, nè di divertente, poteva sopravvivere nel mondo rotto in cui vivevamo. Contro la mia buona volontà, mi obbligai ad aprire gli occhi e lì c'era lui, facendomi dubitare della realtà di questo mondo alternativo da cui mi ero svegliata. Se lui era lì, sorridente, le fossette in bella vista sulle sue guance, apparendo come se non avesse il peso del mondo sulle spalle, allora come poteva essere reale tutto questo? Magari questo era un altro dei miei sogni, un pezzo del mio mondo oscuro, ma non era più così buio. Era illuminato dalla sua semplice presenza. Scelsi di rimanere in sielnzio, sentendomi esausta dallo sforzo fatto per tenere semplicemente gli occhi aperti. Teneva la bambina di tempo prima in grembo, facendole il solletico sui fianchi mentre lei provava a raccontargli una storia. Il suo sorriso era la cosa più bella che mi fossi mai permessa di vedere e volevo restare invisibile, se fosse significato che sarebbe rimasto in quel modo.

"Oh, sei sveglia." si accorse lui, prima che avessi il tempo di chiudere gli occhi e fingere di star dormendo. E fu allora che la realtà della situazione mi pesò addosso come un muro di mattoni. Velocemente mi alzai dal letto sconosciuto, mettendo le mani in posizione d'attacco, mentre i miei occhi frenetici vagavano per la stanza in cerca di una possibile arma. Il dolore allo stomaco lentamente riprese possesso di tutto il mio corpo, ma mi rifiutai di notarlo.

"Whoa, calma, va tutto bene." sussurrò con calma, mettendo giù la bambina -Raine mi sembrava si chiamasse-, prima di avvicinarsi a me, posando inaspettatamente una mano sulla mia fronte. Dovetti mordermi il labbro, per evitare di sussultare. La sua mano non si mosse per nuocermi, per me fu una prima volta, dal momento che quasi tutte le mani si muovevano per vendetta o vittoria. Le sue mani furono le prime a toccarmi per il mio bene, non per il loro.

"Come ti senti?" mi guardò, i suoi lunghi capelli, che non erano più tenuti indietro dalla bandana, gli erano caduti davanti agli occhi e lui sbuffò per spostarli. Non sapevo il perchè, ma risi alla sua spontanea, quasi infantile, azione, facendo riemergere il dolore allo stomaco. Un piccolo sorriso prese forma sui suoi lineamenti, prima di spostarsi indietro i capelli, legandoli in una crocchia, che, di nuovo, mi fece ridere perchè sembrava molto femminile.

Rupture [h.s. - italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora