12. "Cosa fai?"

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Autumn

Quella notte, dopo che Raine ci lasciò per aspettare suo padre a casa che ritornasse dalla sua missione, io ed Harry rimuginammo in silenzio. Io giacevo sul suo piuttosto grande letto, stesa sulla schiena perchè il più piccolo dei movimenti mi causava ancora grande dolore, dolore che non mi permettevo di sentire, nè di rivelare. Mentre lui era riversato su una sedia, le gambe poggiate sul tavolino da caffè, una solitaria candela ad illuminare la totale oscurità crollata su di noi. La mia mente era irrequieta, mentre tentavo di analizzare quel mistero che era Harry. Si era preso cura di me per giorni, perchè, apparentemente, avevo perso e ripreso conoscenza per tre giorni pieni. Mi aveva offerto il suo letto, la sicurezza della sua casa, permettendomi di intrufolarmi, senza lamentarsene una volta o chiedendomi qualcosa in cambio. Era quasi come se si fosse dimenticato che ero il nemico; di cui fidarsi mai. La sua dimenticanza quasi mi faceva dimenticare anche a me.

"Styles?" il mio richiamo svanì nell'aria umida che ci circondava. Lui rimase in silenzio a lungo, cosa che mi fece pensare stesse dormendo o giocando al gioco del silenzio.

"Griffin." rispose con fermezza, la voce resa profonda da un sonno irraggiungibile.

"Perché mi hai portata qui?"

"Non l'ho fatto io."

"Allora chi?"

"Penso davvero che non dovresti essere tu quella a fare domande."

"Allora chi dovrebbe?"

"Questa è ancora una domanda, Autumn." gemette, mentre sentivo dei leggeri spostamenti provenire dall'angolo della stanza, ma scelsi di mantenere lo sguardo sul soffitto sbiadito, che, in qualche modo, sentivo come se si stesse richiudendo intorno a me.

"Bene, rispondi alle mie domande e io risponderò alle tue."

"Non è così che funziona."

"Non essere testardo. Sai che è più di quanto riceverai mai da me."

"Oh, davvero?"

"Sì."

"Non ne sarei così sicura fossi in te, Zayn ha delle belle tecniche." inclinai leggermente la testa, guardando le sue labbra curvarsi in un sorriso sicuro di sè, il suo corpo chinato in avanti, le spalle larghe, risolute, orgogliose.

"Cosa? Lo lascerai torturarmi?" mi permisi di chiedere. Aggrottò la fronte in un cipiglio, uno di quelli che desiderai far svanire, mentre si lasciava trasportare dai pensieri che affollavano la sua frenetica mente. Alla fine, sollevò lo sguardo da terra, guardandomi dritto negli occhi.

"No." replicò con onestà e io fui sia sollevata che confusa.

"Non ti capisco, Styles."

"Molte persone non lo fanno."

"No, ma questo è il mio lavoro. È questo quello che faccio. Leggo le persone. Conosco le loro debolezze, entro nelle loro menti e, beh, le distruggo." scrollai debolmente le spalle, essendo abituata al mio lavoro, all'obbligo che mi imponeva portandomi via tutto, ogni singola volta.

"A me non sembra il lavoro dei sogni."

"I sogni sono inutili. Sono i tentativi della tua mente per ingannarti a credere in qualche cazzata, e una volta che ci credi, ti attacchi ad essi e a tutto quello che ti offrono. Quando pensi di esserci quasi, la tua mente ti obbliga a svegliarti e vieni lasciato con il niente. Io non sogno, Styles."

"Allora cosa fai, Griffin?" non potei fare a meno di sorridere gentilmente alla facilità con cui diceva il mio cognome.

"Io uccido. Distruggo. Domino."

"E?"

"E?" sollevai di nuovo la testa, guardandolo mentre avvicinava la sedia ai piedi del letto, rendendosi visibile, così che non avrei dovuto fare nessuno sforzo per guardarlo.

"E cos'altro? La tua vita non può girare solo sul porre fine a quella degli altri. Non può essere." scosse la testa in segno di rifiuto, mentre la realtà mi colpiva. Era davvero così. Ero uno strumento di distruzione, un'arma, ma era tutto quello che ero. Non c'era profondità nel mio essere, nessun altro aspetto. Non c'era altro che una rabbia indefinita per il mondo, per coloro che l'avevano fatto e per coloro che lo mantenevano in vita. Nient'altro. Lui doveva aver notato i miei occhi spalancati, perchè si lasciò scappare un leggero "oh", poggiando la schiena allo schienale della sedia.

"Wow." sospirai, dopo aver fatto calare di nuovo il silenzio.

"Cosa?" domandò curioso.

"Io davvero non ho nient'altro. Sono semplicemente...sono una pistola o un coltello, o qualsiasi cosa utile per uccidere chiunque. Sono quella che distrugge le famiglie, che porta via le persone dai loro cari. Merda, è davvero così." una risata sarcastica scappò dalle mie labbra, mentre tutta la mia vita inutile balenava davanti ai miei occhi.

"Puoi cambiarlo, sai, fare qualcos'altro. Sei forte, intrepida e questo ti può portare lontano. Non devi necessariamente oscillare nel lato dei cattivi."

"No, penso di stare bene. Alcune persone sono fatte per essere buone, altre semplicemente no."

"Quindi mi stai dicendo che il male dovrebbe rimanere male e il bene dovrebbe rimanere bene, e nessuno dovrebbe cercare di migliorarsi?"

"Perchè combattere l'inevitabile?"

"Allora perchè le persone fanno i trattamenti quando sono malati? Perchè le persone combattono per rimanere in vita? Perchè tutto questo sta accadendo ora, se alla fine di tutto tu morirai, così come me?"

Il mio sguardo lasciò la sicurezza del soffitto, posandosi su di lui. La sua postura era rigida, inconfondibile; i suoi occhi brillavano sotto la luce della candela, ma apparivano comunque più scuri, come fossero la notte. I suoi capelli cadevano liberi sulle sue spalle ed era bellissimo.

"Beh, perchè...semplicemente è così, Harry."

"Non ha senso."

"Il mondo non deve avere senso."

"Non mi importa un cazzo del mondo, sto parlando di te."

E dovetti fermarmi dal non rimuginare sul significato dietro le sue parole brusche.

"Cosa riguardo me?"

"Perchè hai questa voglia di arrenderti? Perchè sei così forte quando riguarda il resto, ma non quando riguarda salvare te stessa?"

"Non ho niente da salvare."

"Allora combatti!" si alzò dalla sedia, apparendo infuriato dalla mia resa.

"Non ho niente per cui lottare."

"Sì, ce l'hai. C'è sempre, Autumn."

Decisi di non sapere cosa preferivo, essere chiamata per nome o per cognome. Mi piacevano entrambi allo stesso modo, quando a dirli era lui.

"Tutte le battaglie sono fatte per essere perse, Harry. Alla fine di tutto, il mondo finirà e tutti noi moriremo. L'unica differenza è che potremmo morire ora o tra dieci anni. E chi mai potrà voler allungare la sua permanenza in questo fottuto mondo?" lo guardai spalancare leggermente gli occhi alla menzione del suo nome, prima di ricomporsi, fissandomi a bocca aperta, ma nessuna parola si permise di uscire.

"Buonanotte, Styles." dissi con un mezzo sorrisetto, mentre chiudevo gli occhi, desiderosa di ricadere nella piacevole oscurità, sperando e pregando che i suoi occhi non mi avrebbero perseguitato, non di nuovo.

Rupture [h.s. - italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora