6. Lasciami entrare

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«Ma è una notizia stupenda! Ti pagheranno per giocare!» La madre chiuse il manuale di riabilitazione (studiava per la seconda laurea, in fisioterapia) e prese le mani a Harry, regalandogli uno dei suoi sorrisi a trentadue denti. «E quando mi chiederanno: che fa tuo figlio? Io risponderò: il calciatore professionista!»

Era sempre così entusiasta di qualsiasi cosa lontanamente positiva gli accadesse. Il suo buonumore aveva contagiato persino il loro cane, Wendy, che ora li guardava scodinzolando, pensando chissà cosa.

«E del fatto che l'allenatore è un omofobo di merda?» Wendy posò il muso sulla coscia di Harry, che le accarezzò la testa.

La madre si fece improvvisamente seria. «Non mi piace. Ovvio che non mi piace. Però...»

«Però...?»

«Mica glielo devi dire, che sei gay.»

Harry scosse la testa, incredulo. «E tornare ai bei tempi dell'adolescenza quando mi baciavo una ragazza diversa a settimana perché avevo paura che sospettassero qualcosa?»

«Nessuno ti ha mai obbligato a farlo. E non mi è mai piaciuto che lo facessi. Tutte quelle povere ragazze a cui hai spezzato il cuore...»

«Eddai, mamma... come se non sapessero in anticipo che ero uno stronzo sciupa femmine. Non ho mai spezzato il cuore a nessuna.»

«Neanche a Sara?»

Harry chiuse gli occhi. Rimase in silenzio per qualche istante. «Con Sara ho fatto il gigantesco errore di provare a vedere se riusciva a farmi diventare magicamente etero. Possiamo sorvolare?»

«Sto solo cercando di dire che puoi semplicemente evitare di dirlo e farti un anno da single.»

«E secondo te è credibile che uno bello come me sia single?»

«Non fare il vanitoso, ora...»

«Non faccio il vanitoso. So di essere bello. Devo fare il modesto e fare finta di credere che sono un cesso?» Harry fece schioccare la lingua. «La modestia è per gli sfigati. Ma poi perché insisti tanto? Dove è finito il discorsetto... com'era... Harry, sono fiera di te che finalmente hai avuto il coraggio di...»

«Sono ancora fiera di te!» Lo interruppe la madre, offesa. «È solo che... sarei più tranquilla sapendoti in the closet.»

Harry le lanciò un'occhiataccia.

«Lo sai... è da quando... è successa quella cosa quattro anni fa. È da quattro anni che ogni volta che esci ho paura all'idea che mi torni a casa con le costole rotte e un occhio pesto.»

Harry si rabbuiò, ricordando per l'ennesima volta quell'episodio. Ricordando per l'ennesima volta Louis.

Ma cercò di non darlo a vedere. «Mamma: sono alto uno e novantacinque e posso staccare la testa a un uomo con un calcio rotante. Ci devono solo provare, a picchiarmi.»

«Se vengono in due o in tre e ti prendono di sorpresa alle spalle, non cominci neanche a tirarlo, il calcio rotante» ribatté lei, cupa. Wendy continuava a scodinzolare.

Harry accennò un sorriso. «Mi stai smorzando l'autostima.»

Anche la madre sorrise. «Cambiamo argomento. A papà l'hai detto?»

Harry alzò gli occhi al soffitto. «No. Quello poi mi assilla per convincermi ad accettare.»

La madre rise. «Sì, sarebbe tipico di Robert. Dovevi vedere come si è messo a urlare quando hai segnato. Capace che ti chiede di lasciare l'università... ah, a proposito, ma con l'università come ti organizzeresti?»

L'ultimo evocatore - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora