Mai, mai la prima cosa che mi viene in mente.Harry scolò il sesto shot, lanciò un urlo in falsetto e mentre i compagni lo applaudivano ebbe l'impulso di lanciare il bicchiere a terra. Ma si trattenne.
Mai! Mai!
Non avrei manco dovuto urlare, cazzo.
Che cazzo sono questi urletti da gay?
Gli girava la testa. La cosa che lo consolava era che gli altri compagni di gioco sembravano messi decisamente peggio di lui: Paul era già fuori perché, nonostante la sua stazza notevole, aveva vomitato dopo il quarto. Evidentemente era ancora meno abituato di Harry, a bere. Sia Chaz che Luigi non riuscivano a dire nemmeno due parole di canzone senza scoppiare irrefrenabilmente a ridere.
Harry, invece, era serissimo. Si stupì del contegno che stava riuscendo a mantenere. Ma si sentiva strano. Gli venivano in mente pensieri bizzarri sui suoi compagni. Ad esempio, in quel momento stava fissando la folta barba di Tancredi (difensore centrale, uno dei veterani) e stava riflettendo sul fatto che sarebbe stata molto bella adornata di pratoline.
Si rendeva conto che era un pensiero che normalmente non avrebbe fatto. Ma in quel momento gli sembrava davvero un'idea esteticamente piacevole. Ebbe quasi l'impulso di dirglielo, ma si trattenne.
Mai la prima cosa che ti viene in mente.
Chaz non riuscì a finire il suo settimo shot: appena portò il bicchiere alle labbra gli cadde dalle mani. «Mi arrendo...» disse. «Non ce la faccio più.»
«Resa accettata» disse Gus, «e domani penseremo a una punizione perché non hai finito il gioco.» Diversi compagni risero, Harry ne vide uno strofinarsi le mani e rimase come ipnotizzato da quel gesto. Gli sembrò di avvertire del solletico sui propri palmi, come se fosse stato lui stesso, a strofinare le proprie.
«E fora due, quindi!» gridò Gus. «Sono rimasti solo Marzo e Styles.»
Luigi Marzo era il ragazzino. Il diciassettenne interista.
Non mi posso far batte da un diciassettenne, pensò Harry.
Ma il diciassettenne doveva avergli letto il pensiero, perché lo guardò con aria di sfida. Nemmeno iniziò a cantare il suo pezzo. Afferrò il suo bicchierino e scolò il suo settimo. Sbatté il bicchierino sul tavolo, quando ebbe finito.
«Ah sì? È così?» gli disse Harry. «Allora fanculo Jem!» Harry prese in mano il suo bicchiere e rispose alla sfida, scolandosi anche il suo.
Aveva la nausea. Il mal di mare. Lo stomaco sottosopra. Ma non avrebbe vomitato.
«Il gioco si fa duro!» gridò qualcuno.
«Versami un altro» biascicò Luigi indicando il bicchiere. Poi si poggiò sul tavolo con entrambe le mani. «Oddio sto male» disse. Fortunatamente uno dei compagni capì per tempo cosa stava per succedere, lo tirò lontano dal tavolo e Luigi si vomitò addosso. Qualche schizzo finì a terra.
E poi chi pulisce? pensò coscienziosamente Harry. Le cameriere tettone?
Erano ancora lì, le cameriere, e non sembravano minimamente preoccupate dal vomito. Una bionda, una mora. Harry osservò attentamente le due pallide cunette dei seni della mora. Erano lisci e lucidi. Immaginò l'esistenza di minuscoli omini, sciisti mammari che scalavano la scollatura e poi scivolavano giù lungo i pendii, perdendosi all'interno del taglio.
Anche questo non è un pensiero normale, si rese conto. Non è una cosa che devo dire ad alta voce, si impose.
«Abbiamo un vincitore!» gridò un suo compagno sollevando di scatto il braccio di Harry. Il movimento improvviso formò una specie di onda energetica che gli attraversò tutti i muscoli del corpo e si espanse al di fuori di lui rendendo per un attimo il mondo vibrante.
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L'ultimo evocatore - Larry Stylinson
FanfictionLa strega dei desideri è tornata, e non trova niente di meglio da fare che morire tra le braccia di Harry. Da quel momento nulla sarà più come prima, e strani eventi iniziano ad accadere intorno a lui: donne misteriose che appaiono solo in foto, vec...