Capitolo 23

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'Vuole fare cupido'

Mi sussurra Nicholas ironico. Adesso e' il mio turno di scoppiare a ridere perche' immagino Don Stephens in calzamaglia con tanto di arco con freccie. Il resto delle ore vola velocemente mentre ascoltiamo gli altri elencare pregi e difetti. Appena inizia a fare buio il Don ci congeda e io e Nicholas ci catapultiamo fuori prima che abbia finito il suo discorso finale e prima che chiunque altro sia riuscito ad alzarsi dalla propria sedia.

'Non posso credere che sara' cosi' ogni giorno'

Sospiro sconsolata.

'Non e' poi cosi' male"

Sussurra Nicholas al mio fianco. Mi giro di scatto a guardarlo sconvolta con gli occhi sgranati e la bocca aperta. Nel freddo di New York e' ancora piu' bello. Il naso leggermente arrossato per il freddo e i capelli scompigliati dal leggero vento. E' come un quadro dipinto dal miglior artista. Gia' immagino il titolo: 'Il ragazzo di New York'

'Dimmi che stai scherzando"

Dico appena mi rendo conto che ero sconvolta da cio' che aveva detto e non dal suo aspetto meraviglioso.

"Elisabeth"

Mi chiama con tono serio fissandomi intensamente.

'Andiamo a prendere qualcosa di caldo? Una cioccolata, un the'.. In fondo dobbiamo migliorare i rapporti no?'

Lo guardo piu' sconvolta di prima.

"Te lo puoi scordare. Già vederti ogni giorno sia la mattina sia il pomeriggio sara' una tortura. Pensa andare a bere qualcosa fingendo che non ti odi."

Gli volto le spalle e mi incammino lungo il marciapiede. Improvvisamente mi giunge la sua risata.

"Stai sculettando"

Un déjà vu mi colpisce come un treno in corsa. E' come nel sogno.

"Signorina Wathers, sta pensando alle farfalle?"

Mi rimprovera per l'ennesima vola la prof di letteratura inglese.

"Che ti prende?"

"Mi scusi prof, ma non sto molto bene. Posso uscire, per favore?"

Mi scruta preoccupata prima di annuire. Prima di ieri avrei preferito morire che perdere una lezione della mia materia preferita.

Al suo muto consenso afferro la borsa e corro verso la porta che chiudo dietro di me una volta fuori.

si puo' morire di mal di pancia? Maledico il ciclo cinquanta volte prima di raggiungere il bagno in cui posso rifugiarmi da occhi indiscreti (Nicholas).

"Ti odio"

Mormoro appoggiandomi alle piastrelle. Dopo alcuni minuti di respiri profondi decido di muovermi e cautamente in attesa di altre fitte mi avvicino al lavandino . Mi lavo il viso mentre brividi freddi mi percorrono la schiena. Penso ai rimedi della mamma: Qualcosa di caldo, cioccolatini e un bel film da guadare sotto le coperte al calduccio in attesa che venga papa'. Mi mancano quelle serate.

Esco dal bagno stringendomi la pancia con le braccia come se potesse alleviare il dolore persistente e attraverso il corridoio per andare allo snack bar a prendere la mia colazione preferita. Carica di zuccheri+qualcosa di caldo.

Appena servita vado a sedermi in un angolo isolato della mensa a soffrire in silenzio. Puo' fare piu' male di cosi'? Bevo un sorso del mio cappuccino e penso a come a causa di un bicchiere io abbia conosciuto Sean e riconfermato che Nicholas e' un idiota.

'Elisabeth"

Saluta sedendosi in uno dei posti liberi.

'Non mi hai chiesto il permesso di sederti.'

Borbotto seccata da dietro il bicchiere. Perche' l'ho richiamato alla mente?

' Lo so. Ma non ce n'era bisogno vostra maesta'. La mensa della scuola e' un luogo pubblico, cioe' aperta a chiunque voglia entrarci'

Mi guarda per un po in attesa di un commento pungente che non ho intenzione di dire. Con un sospiro si rassegna.

"Come mai sei fuori?"

"Come mai tu sei fuori?"

Gli giro la domanda pensando da quale direzione mordero' il mio muffin.

Ne prende un pezzo con le lunghe dita prima che io possa afferrarlo. Chiude gli occhi e geme.

"Mhm.. Sempre fedele al muffin al cioccolato bianco."

Una fitta mi attraversa lo stomaco e mi fa piegare in due dal dolore.

"Elisabeth"

Mi chiama Nichols con voce preoccupata. "Che hai piccola?"

Ecco che ritorna il falso gentile.

"Mi fa male un pochino la pancia"

"Vai immediatamnete a casa. Su, alzati. Ti accompagno"

Dice afferrando la mia borsa dalla sedia accanto e mettendosela in spalla.

Improvvisamente l'idea di lasciare la scuola e' davvero allettante, quindi lo seguo senza esitare. Dopo aver compilato tutti i permessi in segreteria mi accompagna fino al portone della scuola senza accennare a consegnarmi la mia borsa e a lasciarmi andare da sola.

"Grazie Nick. E' stato molto.. uhm.. gentile da parte tua." Gli sorrido e porgo una mano verso la borsa per fargli capire che non e' necessario che la tenga ancora.

"Adesso puoi tornare alla tua lezione. Scusa per il tempo che ti ho fatto perdere."

Aggiungo quando non accenna ancora a darmela.

"Quando ho detto ti accompagno intendevo fino a casa. Fino a saoerti al sicuro."

Mi ferma non appena apro bocca.

"E non tentare di protestare perche' oltre ad essere inutile mi costringera' a caricarti in spalla. E non e' quello che vuoi giusto?"

Un lampo malizioso gli attraversa gli occhi grigi.

Analizzo le varie opzioni per cercare di rifiutare senza essere carrozzata dal carro attrezzi che mi trovo davanti. Ma non ne trovo neanche una plausibile e allora rinuncio. In fondo deve solo accompagnarmi.

"OK"

Ci incamminiamo lentamente verso casa.

"Come mai hai questi dolori? Sono frequenti?"

Arrossisco di imbarazzo. Non posso dirgli la verita' e allora improvviso:

"Ho le meduse e moriro' tra sei mesi"

Scoppia a ridere fino alle lacrime.

"Si chiamano polipi e non uccidono."

Avevo detto che ero arrossita? Bene. Scherzavo. ADESSO sono arrossita. Come un idrante.

"Bene grazie per avermi accompagnata dico appena s'intravede la porta di casa in lontananza. Mi porge la borsa, me la sistema in spalla e mi sposta i capelli che erano rimasti schiacciati sotto la tracolla.

"Vuoi salire?"

Chiedo per pentirmene 5 secondi dopo. Cazzo.

"Certo"

Sorride infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa.

"Veramente... c'e' parecchio disordine, adesso che ci penso. Forse e' meglio che tu venga un'altra volta quando sara' tutto ordinato."

"Tranquilla non preoccuparti per il disordine. Entro"

Sorride piazzandosi davanti la porta in attesa che la apra.

Tutto iniziò cosìDove le storie prendono vita. Scoprilo ora