43. Intenzioni

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«Non andare, ti prego» mugugnò Finn, allungando le braccia in avanti appena Shawn riuscì a sfuggirgli. Il re guardò la figura stesa sul letto sbuffando, ma non riuscì a trattenere un sorriso divertito davanti a quello sguardo limpido e implorante.

«C'è gente che deve lavorare, dolcezza» disse, chinandosi per baciargli quelle labbra da cui non si sarebbe più staccato. Continuavano ad attirarlo a sé come api con il nettare e non aveva più neanche la forza morale di opporre resistenza. Per un istante, si chiese se fosse possibile dichiararle illegali o se potesse promulgare un decreto per non allontanarsene più.

«Io sto lavorando» protestò il moro, stringendo i capelli all'altezza della nuca dell'altro. 

«E cosa staresti facendo, esattamente?»

«Sto proteggendo il mio sovrano» rispose con serietà. Sembrò fermarsi un attimo a pensare, prima che i suoi occhi percorressero interessati il corpo di Shawn. Quando i loro sguardi si incontrarono nuovamente, i suoi occhi azzurri si erano fatti più scuri e velati di desiderio. 

«E chi sono io per impedire una protezione molto scrupolosa e ravvicinata al mio amato sovrano?» mormorò, afferrando i bicipiti dello stesso e tirandoselo addosso. Il biondo gli prese subito il volto tra le mani piegandolo di lato per fargli aprire quelle maledette labbra e lo baciò con passione. Dopo qualche momento, si staccò scuotendo la testa.

«No, basta. Devo allenarmi. Smettila di tentarmi» 

«In che modo ti starei tentando?» chiese, confuso.

«Sei te stesso» sussurrò baciandogli la fronte e continuando a parlare a contatto con la sua pelle. «Non serve altro per tentarmi»    

La bocca di Finn si aprì in un sorriso così ampio che le guance dovettero fargli male per qualche secondo. Si leccò le labbra e parve concentrarsi per diminuire l'intensità della sua espressione, ma non ebbe successo. L'adorabile movimento della fronte, aggrottata per lo sforzo, servì solo a far ridere Shawn che, riluttante, si diresse verso il campo d'addestramento. Erano settimane che non maneggiava una spada e aveva davvero bisogno di un ripasso nella lotta. I problemi con il consiglio aumentavano, così come le sommosse e le minacce velate da altri regni vicini che lo vedevano solo come un bambino con troppo potere tra le mani. Sospirò, salutando Carl che però non gli passò automaticamente l'arma. Shawn lo guardò confuso.

«Pensavi davvero che ti avrei dato una spada tra le mani dopo tutte le volte che hai saltato l'addestramento?» sogghignò. La scintilla nel suo sguardo stanco non gli piacque nemmeno un po'. «Inizia a correre, Maestà»

Le spalle del ragazzo presero una curvatura verso il basso, prima che le sue gambe iniziassero a muoversi, già distrutte ma rassegnate. Non aveva mai amato correre ma doveva ammettere che lo faceva stare bene sentire l'aria calda di inizio estate sul volto, respirare qualcosa che non fosse la polvere delle sue stanze e vedere direttamente la luce del sole. Nei mesi senza Finn aveva speso fin troppo tempo al chiuso, immerso nel suo dolore e trascurando anche sé stesso. 

Non si accorse neanche di Carl che gli diceva di smettere né dello stesso Finn, che con un sorriso appena accennato lo osservava appoggiato allo stipite della porta. Era rimasto nella penombra del portico, semi-nascosto, ma con una buona visuale sul biondo che, con la fronte imperlata di sudore e lo sguardo sereno ma perso, lo costrinse a deglutire a vuoto. Non poteva capacitarsi di come tutta quella bellezza potesse essere andata a una sola persona. O di come quella bellezza potesse graziare lui, una povera guardia presa dalla strada, con la sua presenza. 

Una volta finita la corsa, Carl allungò la spada e Shawn la soppesò per un attimo, cercando di riabituarsi al suo peso. Quando chiese di combattere contro lo stesso allenatore, lui scosse la testa. 

«Non ho più l'età, Shawn. Ti dovrai accontentare dell'uomo di paglia» spiegò facendo un cenno verso il manichino mezzo distrutto. Si avvicinò, piegando le ginocchia e bilanciandosi come se si trattasse di un vero avversario, prima di sferrare un attacco al torace. Ne seguirono altri agli arti e infine uno alla gola, che mozzò di netto la testa finta. L'allenamento fu estenuante, ma alla fine la sagoma era diventata solo un mucchio di fili d'erba secca, senza forma né sostanza. Il biondo ansimava per la fatica ma sorrideva, sentendosi leggero e libero. Amava riuscire a sfogare le sue frustrazioni senza danneggiare nessuno. Forse si sarebbe dovuto allenare più spesso. 

«Ottimo lavoro» commentò Carl, facendo segno a uno scudiero di sostituire il bersaglio. Il re lo ringraziò e si congedò, dirigendosi verso la porta su cui era ancora appoggiato Finn.

«Mi stavi osservando da molto?» 

«Mi stavo godendo la visuale» commentò il moro, facendolo ridere. 

«La prossima volta potremmo combattere l'uno contro l'altro. Magari stavolta potresti battermi» ribatté con fare altezzoso. Fece per superarlo ma venne bloccato dalla mano dell'altro. 

«Non penso di riuscire a farlo. Non sai cosa mi fai quando maneggi quella spada» disse, appena il re gli passò accanto. Shawn alzò le sopracciglia e tentò di trattenere un sorriso divertito. 

«Non so se ti rendi conto di quanto risulti ambigua quella frase»

La guardia ghignò e ruotò il collo, fino ad appoggiare le labbra all'orecchio dell'altro che rabbrividì, nonostante l'afa. Gli prese per un istante il lobo nella sua bocca, stuzzicandolo con la punta della lingua, prima di sussurrare qualcosa. Alzò un lato della bocca, compiaciuto, fissò i suoi occhi in quelli di Shawn e lo lasciò da solo nel corridoio. Le sue parole rimbombarono nella testa del sovrano anche quando egli fu tornato nella sua stanza. 

«Chi ti dice che non fosse intenzionale?»


The Prince's Affair [Sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora