31. Smettila!

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Shawn tentò di fermare il leggero tremolio del labbro mordendoselo quasi fino a farlo sanguinare. Non poteva crederci, si sentiva vuoto e sconfitto. Cosa ancora poteva andare storto nella sua vita? 

Alzò il braccio e accostò la mano alla maniglia, prima che entrambi ricadessero lungo il suo fianco, privi di ogni forza vitale. Sussultò quando una mano si posò lieve sulla sua spalla, ma non lo diede a vedere. Lara lo osservava con preoccupazione.

«Pensi di farcela?» sussurrò la contessina, stringendo appena la presa. Shawn se la scrollò di dosso con un movimento secco, lanciandole un'occhiata bieca. 

«Non ho molta scelta, non credi?» sibilò, facendo un passo verso la porta e urtandola con la spalla. Non voleva rimanere vicino a lei, non in un momento così.

«Hai scelta, Shawn. Ce l'hai sempre e noi siamo qui per te» disse piano. Si avvicinò senza farsi notare, finché fu certa che non sarebbe scappato. Sembrava dovesse cacciare un animale spaventato e con tutti i sensi in stato d'allerta. 

«Noi?» rise in maniera cattiva. Il modo in cui la sua espressione divenne spietata, oscurando i suoi dolci lineamenti, fece stringere dolorosamente il cuore della ragazza.

«Annie e Carl ti vogliono bene come se fossi loro figlio»

«Ma non lo sono. Sono il p-» fece una pausa, sospirando. «Devono imparare a rispettare la mia posizione. Meglio tardi che mai» sbuffò, afferrando la maniglia. 

«Sei ridicolo» 

«Forse, dovresti imparare a rispettare anche tu il tuo futuro marito» sbottò lui, passandosi una mano tra i folti capelli biondi e spettinandoseli. Lara lo fissò, incredula. Stava scherzando? Avevano lavorato così tanto per evitare questo tipo di coinvolgimento.

«Marito? Di cosa stai parlando?»

«Dovrò avere un erede al trono prima o poi» spiegò, abbassando lo sguardo e la voce. Il solo pensiero di sposare la giovane lo disgustava, ma doveva allontanarla. Ora. Lei incrociò le braccia al petto, assumendo un'espressione scettica. Non si sarebbe arresa, nemmeno di fronte ai chiari segni di pazzia di Shawn.

«Da quando ti importa?»

Il biondino tornò a focalizzare i suoi occhi scuri sulla contessina e si trattenne a malapena dallo sbottare. «Che significa? Voglio il bene di Bawn e lo sai»

«Sacrificheresti te stesso per il regno? Sacrificheresti i tuoi affetti? Sacrificheresti i tuoi sentimenti per F-?»

Non fece in tempo a finire che Shawn la afferrò per le braccia, scuotendola. «Non osare, Lara. Non osare pronunciare il suo nome»

«Fa male sentire la verità?» ringhiò, sarcastica. L'improvviso cambiamento nel suo tono prese Shawn alla sprovvista, facendogli mollare la presa come se fosse stato scottato. Non si era neanche accorto di aver stretto così tanto, finché la ragazza non assunse un'espressione di dolore. «Smettila di autocommiserarti! Sono stanca di questo tuo atteggiamento»

«Sei stanca? Allora vattene!» urlò, indicando approssimativamente la fine del corridoio.

«Ti piacerebbe, vero? Crogiolarti nel tuo dolore, sentire questo insensato senso di colpa, piang-»

«Smettila!» gridò ancora, appoggiandosi alla porta con un tonfo. Il suo petto non poteva sopportare tutto quel peso. Le sue costole erano doloranti come se fossero sotto una pressa e i polmoni non si gonfiavano a sufficienza. La schiena iniziò a scivolare contro di essa, lentamente, mentre le forze abbandonavano i suoi arti inferiori.

«Smettila» ripeté ancora, quella volta senza guardarla in faccia. La contessina si inginocchiò al suo livello, allungando il braccio e carezzandogli la guancia.

«Smettila» mormorò, chiudendo gli occhi e poggiando il capo contro il legno alle sue spalle. Non appena le dita della ragazza tracciarono il suo zigomo, il suo sguardo si focalizzò sul viso di quest'ultima. 

«Andrà bene, Shawn» lo rassicurò, dandogli un'ultima carezza e allungandogli la mano. Lui la rifiutò, preferendo non rendersi ulteriormente ridicolo. Non avrebbe dovuto lasciarsi andare così. Se l'era imposto così tante volte che aveva ormai perso il conto. Sospirò, prima di entrare nella stanza e richiudersi la porta alle spalle. Non lanciò un'occhiata di avvertimento alla contessina, ma sapeva che non lo avrebbe disturbato in un momento simile. 

«Buonasera, padre» mormorò. Fu appena un sussurro, ma nel silenzio della stanza parve un tuono, che si dissolse in un'eco sempre più tenue. Il suono scemò contemporaneamente al suo coraggio. Si avvicinò al letto a passi lenti e studiati. Forse per incertezza o forse perché temeva che le ginocchia non avrebbero retto ancora a lungo. Quando arrivò al capezzale, allungò una mano e prese quella fredda e pallida del re, dove poche ore prima ancora scorreva del sangue caldo.

«Farò di tutto per rendervi fiero, padre. Sono giovane, ma posso governare questo regno come avreste voluto voi» singhiozzò, portandosi una sua mano alle labbra. Con le lacrime mal trattenute, chiuse gli occhi e li strinse finché il liquido non si asciugò quasi del tutto e le ciglia non furono appiccicose e dolorose ad ogni minimo sfarfallio delle palpebre. Posò nuovamente la mano del re sul letto e si inginocchiò all'altezza del fianco del padre, muovendosi per appoggiare la testa sul materasso.

Poco dopo, in un disordinato ammasso di lacrime e singhiozzi, si addormentò.


The Prince's Affair [Sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora