CAPITOLO I - IL CAMMINO DELLE DIECI PROVE

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Titus si rialzò a fatica, impacciato com'era dal mantello, adesso insozzato di polvere

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Titus si rialzò a fatica, impacciato com'era dal mantello, adesso insozzato di polvere. Il vecchio aveva appena finito di ripulire il sangue dalla spada, passandola sulle vesti di uno dei briganti, quando gliela porse.
«Era da tempo che non ne usavo una e devo dire che non mi mancava affatto.» disse il vecchio, prima di girare i tacchi e tornarsene per la sua strada, verso est.
Dopo qualche istante di esitazione Titus rinfoderò l'arma e balzò in sella ad Orlando, il vecchio ronzino malandato. L'animale non fu affatto felice d'essere mandato al trotto, dopo il galoppo di poco prima e Titus fu costretto a piantargli il tallone nel fianco, prima di vincere finalmente la sua testardaggine.
«Aspetti, aspetti,» esclamò il ragazzo, raggiungendo il vecchio «dove ha imparato a combattere così, signore?»
L'anziano sospirò, alzando lo sguardo «Ho servito nell'esercito tanto, tanto tempo fa. Non è un periodo della mia vita che ricordo con gioia, comunque.»
«E perché se ne è andato?» incalzò Titus, cercando di penetrare attraverso quel muro invalicabile di riservatezza.
L'uomo lo squadrò con aria di sufficienza, prima di denegare col capo sconsolato «Il tempo è una puttana, ragazzo, da un giorno all'altro il corpo diventa inaffidabile e neanche te ne accorgi.»
Titus desiderò di colpirsi da solo, era evidente che quell'uomo avesse almeno una settantina d'anni, era ovvio che l'avessero mandato in pensione. Se non voleva perderlo, forse doveva riprovare con un approccio diverso.
«Comunque, il mio nome è Titus, della casata Avis.»
«Sì, hai tenuto a specificarlo anche prima, con i banditi.»
Il giovane avvampò, distogliendo lo sguardo. Tuttavia alla fine l'anziano cedette.
«Puoi chiamarmi Ianus, anzi, fallo e basta. Non c'è alcun bisogno di darmi del lei.» sbuffò.
«Certo, certo,» replicò «ehm, Ianus, dove sei diretto, se posso chiederlo?»
«L'hai già fatto,» disse, esibendo un breve sorriso «sto andando ad oriente, presso le rovine di Avernum.»
«Oh, la Fortezza del Crepuscolo! Ne ho sentito parlare...»
«Mi sorprenderei del contrario, ragazzo.»
«E ci vai tutto da solo?» chiese, fra la meraviglia e l'apprensione.
«Vedi qualcun altro qui, a parte me?»
«Beh, ci sono io.»
«Quel che si dice un incontro 'fortuito'.» lo punse il vecchio, non sforzandosi neanche di celare un certo gusto nel farlo.

Il ragazzo non trovò di che rispondere: quel Ianus aveva una lingua decisamente biforcuta e un caratterino che a definirlo difficile, sarebbe stato un eufemismo. Non c'era da sorprendersi che si fosse messo nei guai con quei banditi.
Probabilmente all'ordine di consegnar loro tutto ciò che aveva, lui doveva aver risposto ricoprendoli di insulti o con qualche battutina sagace e infelice.
Eppure, Titus non poteva negare di aver contratto un debito con quel vecchio scorbutico, nel momento in cui aveva afferrato la spada e messo in fuga il criminale, pronto a dargli il colpo di grazia. E se c'era una cosa che un cavaliere non poteva esimersi dal fare, era di pagare i propri debiti, a qualunque costo.
«E tu? Che ci facevi da queste parti?» gli domandò Ianus, strappandolo alle sue riflessioni.
«Beh, la casa della mia famiglia si trova a nord-ovest del Bosco Grigio. La chiamano Nido del Trespolo per il falco sul nostro blasone» notando, tuttavia, che l'anziano non sembrava interessato alla storia degli Avis, decise di tagliar corto «Comunque mi sono messo in viaggio per sostenere il Cammino delle Dieci Prove: compiere dieci nobili imprese per dimostrare al reame il mio valore e guadagnarmi così il titolo di cavaliere!» esclamò, trascinato dall'entusiasmo.
«O pagare dieci zecchini d'oro alla Corona e risparmiare tempo, energie e denaro. Così fan tutti, e anche tu dovresti. In fondo sei di famiglia nobile e-»
«Non è il genere di cavaliere che intendo diventare.» replicò, con voce più alta di quanto intendesse fare, ma perlomeno servì a monopolizzare l'attenzione di Ianus «Ci sono centinaia di cavalieri a Clitalia, cavalieri che non fanno altro che gettare discredito e ignominia sul nome di Sir. Io sarò diverso da loro, a cominciare da questo: se devo diventare cavaliere, lo diventerò perché me lo sarò meritato, non col denaro.»
Ianus si fermò bruscamente, piantò le sue iridi nere in quelle chiare di Titus e fu come se il suo sguardo scavasse all'interno delle pupille sino a vedere il fondo della sua anima. Il ragazzo non seppe cosa avesse visto, ma quelle labbra sottili e rinsecchite, appena visibili nell'intrico stopposo della barba grigia, si distesero appena per poi schiudersi in un sospiro.
«La strada fino alle rovine di Avernum è lunga, ragazzo, sarà il caso di raggiungere la locanda più vicina prima che si faccia buio. Queste vecchie ossa non reggono più l'addiaccio come una volta.»
E senza attendere una risposta il vecchio riprese il cammino. Titus ci impiegò un poco prima di intendere il senso di quelle parole, ma quando l'ebbe finalmente capito si mise al passo, verso il suo destino di cavaliere.

 Titus ci impiegò un poco prima di intendere il senso di quelle parole, ma quando l'ebbe finalmente capito si mise al passo, verso il suo destino di cavaliere

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Le Saghe del Crepuscolo: il Risveglio del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora