CAPITOLO III - NOTTI DI LUNA PIENA

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Laura legò il ciuffo di pelo con un filo ben stretto, prima di metterlo da parte

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Laura legò il ciuffo di pelo con un filo ben stretto, prima di metterlo da parte. Artemisia la osservava come faceva per la maggior parte del tempo; le lingue rosse e arancioni del focolare si riflettevano nei suoi grandi occhi, del colore del mare notturno. I capelli corvini, appena animati da qualche ricciolo solitario, incorniciavano il suo viso smunto e pallido. Era passato quasi un anno da che le aveva salvato la vita nei pressi della Valle Benedetta, e da allora non smetteva di domandarsi se a spingere la fedeltà di quella bambina fosse un affetto sincero nei suoi riguardi o una qualche forma di incrollabile senso del dovere.
«Non capisco perché non entri in un convento, potresti praticare i tuoi incantesimi senza mettere a repentaglio la vita.» esordì la ragazzina, con la consueta voce monocorde.
«Il sesso mi piace ancora,» replicò lei, facendo spallucce «inoltre, se avessi voluto rinchiudermi fra quattro mura, sarei rimasta a Shavalon.»
La bambina inclinò il capo, senza darle risposta.

Laura sospirò, non comprendeva il senso del suo viaggio: raccogliere reagenti in lungo e in largo per Clitalia; conoscere persone e posti nuovi; prender nota della smisurata varietà di creature che era possibile incontrare. Questo era per lei il fulcro dell'essere una maegi.
Certo, lo spettro dell'Inquisizione poteva ripresentarsi in qualsiasi momento, ma poiché aveva sempre usato la magia per fini innocui o per aiutare le persone, e poiché non si fermava mai troppo a lungo in un unico luogo, l'eventualità di essere denunciata era quanto mai distante. Era l'unica vita in grado di farla sentire pienamente felice e appagata.
Ma chiudendo gli occhi per un istante le sembrò di poter ancora sentire il tocco gentile delle brezze della sua terra natale: il brusio e i canti delle sagre di paese, la spensieratezza che ammantava quei luoghi. Eppure Clitalia aveva molto di più da offrire per chiunque coltivasse delle ambizioni: terre sconfinate e città ricolme di meraviglie. Ogni anfratto nascondeva uno scorcio di storia antica, la quale sembrava esalarsi con tutta la sua gravità e ricoprire tutto di una penombra con pari promesse di orrori e opportunità.
«Arti, ti manca mai la tua casa?» domandò alla ragazzina, cavandosi fuori dai propri pensieri.
«Mi piacerebbe ricordarla,» disse lei, alzando lo sguardo alle stelle erranti «ma tutto è ancora coperto dalla nebbia e io non vedo.»
«Vedrai che un giorno la tua memoria ritornerà, devi solo avere fiducia.»
«Magari hai ragione,» rispose lei, abbozzando uno dei suoi sorrisi assolutamente circostanziali «però adesso voglio sapere, cosa ci farai con i ciuffi di manticora?»
«Aspetta e vedrai.» esclamò Laura, strofinandosi le palme delle mani.

Non aveva pensato di farlo così presto, ma in fondo non era una cattiva idea per passare il tempo prima di andarsi a coricare. Dalle frasche intorno al fuoco cavò un bastoncino col quale tracciò dapprima un cerchio, poi all'interno di esso un triangolo con il vertice rivolto verso sud. Contemplò per un attimo la figura, prima di tracciare una linea che scendesse perpendicolare all'altezza del triangolo.
Ecco fatto, aveva individuato l'elemento di base, la terra in questo caso. Fatto ciò posizionò un ciuffo di manticora sulla circonferenza, in posizione esattamente opposta al vertice e al centro della figura pose invece un sassolino trovato lì vicino.
"Uno zircone sarebbe stato perfetto, ma in mancanza di altro andrà bene comunque."
Artemisia scostò lo sguardo dalla contemplazione del cielo, per soffermarsi su ciò che stava facendo la sua compagna. Pur accompagnandosi da tempo alla Maegi non era mai riuscita a comprendere i meccanismi intrinseci ai vari rituali.
«Le manticore hanno un'elevata resistenza agli incantesimi mentali, non devo far altro che canalizzare questa caratteristica all'interno della pietra.» spiegò Laura, tendendo le mani.

Tirò tre profondi respiri, mentre il mana, in un flusso che le strappò il fiato, cominciò a convergere all'interno del cerchio. Una tenue luce bianca baluginò attraverso i tratti che aveva inciso sul terreno, sciogliendo i ciuffi di manticora e indirizzandoli in pulviscolo all'interno del sassolino, catalizzatore dell'incantesimo.

Completato finalmente il processo, Laura raccolse la pietra: fra le dita poteva sentire un calore innaturale e un arancione traslucido venare la roccia. In un gesto si cacciò l'artefatto in tasca pensando che, prima o poi, le sarebbe tornato utile.
Completato il rituale, Artemisia aveva rialzato lo sguardo alle stelle, concentrandosi in particolare sul nembo nero che il vento andava discostando,mostrando agli occhi un disco di bianca luce lattiginosa.
«È notte di luna piena.» sussurrò, come incantata da quella rivelazione improvvisa.
La maegi ingollò un boccone di saliva: era giunto il tempo di onorare il loro patto. Dalla fedele saccoccia tirò fuori l'unica arma che portava con sé: uno stiletto dal manico d'osso e la lama di acciaio. Con la punta fece pressione sul polpastrello dell'indice sinistro.
Artemisia sbarrò i grandi occhi neri, ora accesi d'un barbaglio rosso. Le sue labbra si schiusero in uno scatto, a mostrare una schiera di denti affilati come rasoi. Erano fauci troppo grandi e ferine per la bocca di una semplice bambina. Una livida lingua affusolata si distese in attesa: quella notte la luna piena si specchiò in piccole gocce di sangue scuro, poi svanite nella gola di una piccola strigoi.

 Una livida lingua affusolata si distese in attesa: quella notte la luna piena si specchiò in piccole gocce di sangue scuro, poi svanite nella gola di una piccola strigoi

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Le Saghe del Crepuscolo: il Risveglio del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora