CAPITOLO XX - SENTENZA DI MORTE

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"Siamo quasi all'epilogo" pensò Basilisk disteso nel suo giaciglio, mentre un gran fermento agitava l'Alveare

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"Siamo quasi all'epilogo" pensò Basilisk disteso nel suo giaciglio, mentre un gran fermento agitava l'Alveare. La volta nera del cielo era attraversata da una pioggia di meteore: la notte piangeva forse per il triste destino degli uomini, o quelle brevi scie luminose erano l'esultanza del Grande Drago? Egli non abbandonava mai i suoi figli: durante il giorno metteva a nudo i suoi occhi, col venire della sera erano le sue scaglie a oscurare il sole.
Basilisk abbandonò il capo sul cuscino e sprofondò nella mente collettiva: ogni Cecrope era in attesa sul principio di un declivio e osservava le frotte di umani che correvano a perdifiato fuori dalle mura di Utopia. Nell'aria echeggiavano le urla strazianti di coloro che non erano stati così fortunati da sfuggire agli strigoi, o meglio, allo strigoi. Chiunque fosse l'elemento cui Alba aveva fatto riferimento doveva aver svolto egregiamente il suo lavoro, questo era poco ma sicuro.

«Ad un passo dalla fine, ecco dove siamo figli miei! Siano affilate le vostre lame e salde le braccia che le impugnano. Che i vostri occhi non vedano altro che questo: in ogni uomo un nemico, in ogni donna una madre di soldati e in ogni infante il futuro carnefice dei vostri figli!» urlò Basilisk nelle loro menti «Presto mi unirò a voi e con questo ultimo tributo le mie ali oscureranno il cielo. Calate, con la vostra furia! Calate Cecrope figli della battaglia! Calate, perché questo mondo è il vostro!».
Grida di guerra si levarono in risposta al suo incitamento e come un unico corpo i discendenti del Drago si precipitarono giù dalle alture. I loro occhi fendevano l'oscurità e in un colpo di scure si abbatterono sui pellegrini e i cittadini di Utopia: alcuni soldati si assemblarono in resistenza, ma Squamardente chiamò a raccolta le Vipere Rosse e in testa ai suoi cacciò acciaio giù nelle viscere degli armati.
Correvano le donne, con stretti i loro pargoli al petto. Ma le Zanne di Veleno furiosi per la triste sorte del loro vecchio patriarca, le abbatterono con le fionde e dilaniarono i cuccioli d'uomo, mentre questi ancora protendevano le mani paffute verso le genitrici. Ma fra tutti i cuori eccitati dalla furia della battaglia, ce n'era uno che invece si contorceva nell'angoscia.
Basilisk ne seguì la risonanza, trovandosi nella mente di Neraserpe: la Cecrope fissava una ragazza con le braccia strette a protezione della sua sorellina. Un uomo di mezz'età giaceva ai loro piedi, in una pozza del suo stesso sangue.
«Capoclan dei Mamba, hai ricevuto un ordine preciso. Non ammetterò insubordinazione» la ammonì lo Spezzato.
Neraserpe digrignò i denti seghettati, lasciando la presa intorno al suo pugnale.
«Questa non è più una guerra, questo è diventato uno stramaledetto massacro. Non intendo scannare altri inermi, e se tu e gli altri Cecrope avete dimenticato il significato della parola onore, io non intendo farlo. Non più!» con un gesto intimò ai due umani di scappare, mentre lei rimaneva immobile ad attendere le conseguenze delle sue azioni.
Lo Spezzato rimase incredulo, sentì il proprio corpo irrigidirsi e i muscoli tendersi sin quasi a esplodere «Come... come hai osato?!».
Avrebbe potuto informare di quel tradimento altri Cecrope, ma Neraserpe era rispettata fra i Clan: se avesse convinto altri a defezionare? Se avesse causato conflitti interni? No, non poteva permetterlo. Non adesso che Elea era così vicina.
Lungo tutto il corso della guerra aveva imparato a domare le voci dell'Alveare, tacerne alcune per ascoltarne altre. Ma l'Alveare offriva anche tante altre possibilità, una delle quali studiata appositamente per i traditori: Basilisk diresse tutte le voci nella testa di Neraserpe e lasciò che lì infuriassero. La Cecrrope si portò le mani alla testa, cadendo in ginocchio.
«C-cosa mi hai fatto?! Ah, io n-non riesco a pensare».
«Meraviglioso, non è vero?» disse Basilisk, delineando la sua voce anche in quel tumulto.
«Fallo smettere! Fallo smettere!» gridò Neraserpe, contorcendosi.
«Oh, ma puoi farlo tu stessa» sorrise Basilisk, «ti basterà uccidere ogni singolo membro della Tribù, oppure prendere il tuo pugnale e infilartelo nel cranio. Non preoccuparti, sentirai dolore solo per qualche secondo. Te lo posso assicurare».
Neraserpe non trovò le forze di rispondere. Con gli artigli affondò nella nuda terra, strisciando verso il suo pugnale. La mano destra squamata si protese sin quasi all'elsa, quando due occhi nocciola fecero capolino nell'oscurità.
«A-aiutami, t-ti prego» mormorò la Cecrope.
Gli occhi, incastonati in un viso dai bei tratti, volsero ad una bambina pallida, prima di tornare su Neraserpe.
«Cosa succede?» chiese la donna, con voce restia.
«Le voci... migliaia di voci... nella mia testa... uccidimi... ti prego... spegni le voci!» la implorò la Mamba, con gli occhi che sgorgavano lacrime: il dolore la stava trascinando sul ciglio della follia. La donna gemette e, dopo un istante di esitazione, cavò una pietra luminescente fuori dalla sua saccoccia, posandola sul capo della Cecrope.

Basilisk si sentì rigettato nel proprio corpo, il tutto con una veemenza che lo lasciò stordito. Prese tre profondi respiri: per un attimo aveva temuto che l'Alveare si fosse spezzato. Doveva agire in fretta, non poteva lasciare che la nera Cecrope sopravvivesse: i loro piani correvano il rischio di essere scoperti dagli umani. C'era solo un elemento all'interno del suo esercito di cui poteva fidarsi per quel delicato compito.
«Squamardente, ascoltami...» disse, indirizzando al capoclan delle Vipere Rosse la sua voce.
«Signore» replicò lui, prontamente.
«Neraserpe... deve essere uccisa, questa notte».
Il Cecrope rosso si accigliò, incredulo di fronte a quel comando «Cosa? Perché?!».
«Ha tradito tutti noi, schierandosi con gli umani» incalzò Basilisk.
Da parte dell'amico ci fu un momento di silenzio, poi spezzato dalla risposta solenne
«Me ne occuperò personalmente....».
«No!» si affrettò a dire lo Spezzato «Anche se provata, resta una letale assassina. Invia un drappello dei tuoi più fidati. C'è una donna con lei... uccidila».

La sentenza di morte era stata infine emessa, non restava che vederla eseguita. Ma prima di questo c'era un'altra questione urgente a cui badare. Si tirò a sedere e lanciò una voce all'interno dell'accampamento allestito per la notte. «Komodo, sveglia gli altri! Non possiamo attendere il mattino, dobbiamo arrivare ad Utopia prima del prossimo tramonto!».

 «Komodo, sveglia gli altri! Non possiamo attendere il mattino, dobbiamo arrivare ad Utopia prima del prossimo tramonto!»

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Le Saghe del Crepuscolo: il Risveglio del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora