CAPITOLO XVIII - RACCOMANDAZIONI

21 8 20
                                    

La luminescenza che avvolgeva il corpo della larua si intensificò, rischiarando il buio calato nella cripta come una cappa

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La luminescenza che avvolgeva il corpo della larua si intensificò, rischiarando il buio calato nella cripta come una cappa. Di fronte a lei, immobile, si stagliava la sagoma della Megera: i suoi tratti distorti impressi per sempre nella pietra, le mani interrotte nel mezzo dell'azione. Laura schiuse le dita e sentì scorrere fra i polpastrelli pulviscolo sottile come sabbia. Le lacrime di Mowan le avevano salvato la vita. La maegi si rimise in piedi, battendosi i vestiti con le mani, onde ripulirli dalla polvere. Se l'era cavata per il rotto della cuffia: se i suoi riflessi fossero stati anche un solo attimo più lenti, la creatura le avrebbe strappato il cuore dal petto, per poi divorarlo e assorbirne il prezioso mana. Dei passi echeggiarono attraverso le scale, dall'ingresso fece capolino Barbara: la novizia con cui aveva parlato quello stesso pomeriggio.
«Io ho sentito delle urla e-» si paralizzò, guardando con occhi attoniti all'immagine evanescente della larua.
La creatura sorrise, con un misto di dolcezza e malinconia.
«Lux, s-sei tu?!», balbettò con gli occhi lucidi.
La larua mosse le labbra tremule, e la sua voce risuonò nitida nell'aria umida attorno a loro.
«Sono io, mia dolce amica».
La novizia si spezzò in singhiozzi e corse verso l'immagine della donna, provò a toccarne la pelle azzurrina ma i suoi palmi la attraversarono in scie di fumo cobalto.
«Tu... tu non puoi capire quanto mi manchi. In alcuni giorni mi fingo preda di un qualche malanno, solo per rimanere al letto, chiudere gli occhi e sperare di sognare te e la tua voce. Quella voce che non mi abbandonava mai», proruppe in un pianto dirotto e disperato. Il suo dolore non era stato affievolito dal tempo passato.
«Mi manca, mi manca il tuo corpo e mi flagello nella consapevolezza delle tue ossa bianche in questo luogo... ti prego, torna da me».
La larua interruppe i suoi lamenti, sfiorandole una guancia con la mano. Nel viso ora rasserenato, i suoi occhi guardavano alla novizia con il calore di una tenera amante.
«Ti aspetterò dall'altra parte, mio amore. Quel giorno... quel giorno noi ci rivedremo», e con queste parole ella si congedò dal mondo materiale, svanendo in un ultimo bacio sulle labbra di Barbara.

«Siamo state imprudenti», disse Leona, con una nota di rammarico nella voce.
Laura denegò col capo, protendendosi sulla scrivania «Non potevate saperlo, le megere riescono a camuffarsi con molta facilità fra gli esseri umani. È quasi impossibile riconoscerne una se non quando ormai è troppo tardi».
Un velo di perplessità si tracciò nel volto della donna «Avrei detto si trattasse di una strigoi, visto l'aspetto».
La maegi si lasciò andare ad un risolino «Oh, credetemi, se lì sotto ci fosse stata una strigoi adesso non staremmo parlando».
Leona incrociò le braccia, sollevando le rade sopracciglia «Confido vi intendiate del vostro mestiere, signorina» si schiarì la voce «ma a prescindere da tutto avete reso un grande servizio a questa comunità. Ragion per cui meritate un'adeguata ricompensa».
Laura mugugnò, adesso piena di curiosità per l'inaspettato premio.
«Uh, e di che si tratta?», chiese, trattenendo a stento l'eccitazione. Leona esibì un gran sorriso sul faccione e con un gesto cavò fuori dai cassettoni della scrivania un piccolo rotolo di pergamena, chiuso da una sottile cordicella rossa.

«...e in virtù dei servizi resi al Culto e al ConventoLinfanus, io, Leona Defelia madresuperiora del suddetto convento, concedola mia raccomandazione affinché Laura daShavalon ottenga licenza di praticare la magia. Poiché ha dimostrato diadoperarla ad unico beneficio dei fedeli di Clitalia». La maegi richiuse la lettera, riponendola nella saccoccia.
«Questo vuol dire che l'Inquisizione non potrà più darti la caccia», osservòArtemisia, con voce monocorde.
«Una volta che l'avrò consegnato al Gran Sacerdote, sì!», esclamò, carezzandoil vello della sua cavalla.
«Capisco», concluse la bambina, con il cappuccio tirato sopra il capo.
«Cosa c'è?», domandò la ragazza, sentendo il suo iniziale entusiasmo chescemava poco a poco «Credevo ne saresti stata felice».
Artemisia sbuffò, indispettita «In quella lettera non mi pare si facciamenzione di una strigoi al tuo seguito, o mi sbaglio? Per me le cose sonorimaste identiche a prima»
La maegi non poté negare che Artiavesse ragione, tuttavia...
«Sono certa che simili questioni si potranno accomodare. Basterà un pizzico didiplomazia», replicò strizzando l'occhio.
E così dicendo scosse le redini, galoppando verso quella promessa di libertà.

E così dicendo scosse le redini, galoppando verso quella promessa di libertà

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Le Saghe del Crepuscolo: il Risveglio del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora