CAPITOLO XIV - UN'ALLEANZA INASPETTATA

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Komodo trangugiò il vino di bacche fermentate in un singolo sorso, per poi gettar via il bicchiere di coccio da cui l'aveva bevuto

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Komodo trangugiò il vino di bacche fermentate in un singolo sorso, per poi gettar via il bicchiere di coccio da cui l'aveva bevuto. Come tutti i Cecrope del suo clan, i Sauri, era alto e nerboruto: nato appositamente per combattere.
«Una vera disdetta per le Zanne di Veleno, perdere così il vecchio Carapace, ma sono certo che una volta che avranno eletto un nuovo capo torneranno alla carica più forti di prima».
Basilisk strinse le dita intorno al bastone: quella sconfitta gli bruciava ancora.
«Dunque» esordì, deciso a cambiare argomento «tu e il tuo clan desiderate unirvi alla causa?».
Komodo sorrise, battendosi una mano sul ginocchio.
«Puoi scommetterci, non si vedevano simili massacri dall'apertura della frontiera! Io e i miei ragazzi non intendiamo perderci la festa».
Basilisk si lasciò andare ad un'espressione di puro compiacimento.
«Tanto entusiasmo mi rallegra, mio buon Komodo. Conoscete il prezzo per unirvi alla Tribù?» gli chiese, giungendo le mani.
Il Sauro sbuffò, poggiandosi sui gomiti.
«Fai pure tutti i bula bula che vuoi, finché ci dai qualcuno da scannare a noi va bene qualsiasi cosa».
«Perfetto» concluse Basilisk «domani riunisci i tuoi alle pendici del Colle Gobbo, il rituale si svolgerà lì».
«Ricevuto, capo» replicò l'altro, porgendogli la mano. Lo Spezzato strinse quelle dita coperte di spesse scaglie brune, per poi offrire al capoclan dei Sauri il permesso di congedarsi.

Nuovamente solo, poté finalmente abbandonarsi sul terreno sotto il padiglione, con un sospiro esasperato: altre cinquecento menti da connettere alla sua, era quasi grato che nel corso delle battaglie ci fossero stati dei caduti. La sensazione di non essere mai solo stava cominciando a logorarlo dall'interno, arrivando a togliergli persino il sonno. Anche quelle notti in cui si costringeva ad addormentarsi, scopriva che i suoi sogni non gli appartenevano più: erano visioni e orrori contemplati dagli altri Cecrope, ancor più perturbanti dal momento che non possedeva chiavi per disvelarne i significati reconditi.

Mettendosi a sedere cercò distrazioni da quei pensieri e srotolò ai suoi piedi le mappe di Clitalia: pensò alla prossima mossa, ora che le principali fonti di sostentamento erano state annientate nel fuoco e nel sangue. Forse avrebbe dovuto rivolgere le sue attenzioni a Valpurga o alla città-caserma di Lakedemia, come era stato suggerito durante il primo consiglio. I suoi occhi volsero al suo tesoro più prezioso, il Respiro del Drago: la sfera era ricolma di fiamme vorticanti, eppure non era ancora pronta a liberare il proprio potere. Erano già morti così tanti Cecrope e un numero ancor più elevato di esseri umani... possibile che il prezzo versato in anime non fosse ancora sufficiente? Quanti altri massacri avrebbe richiesto?

A queste e ad altre simili questioni rivolgeva i suoi pensieri, fino a quando un segnale d'allarme risuonò nell'Alveare, per poi zittirsi subito dopo. Attraverso le tende del padiglione udì dei tonfi e brevi lamenti, coscienze che si assopivano in un sonno forzato. Basilisk si issò in piedi, con l'ausilio del suo bastone, e cercò appoggio sul piano del tavolo. Ingoiando la paura si sforzò di brandire come un'arma il suo strumento per camminare.
«Chi è là?» esclamò, con la voce che gli tremava.
Una sagoma fece capolino nella tenda, senza che i suoi passi facessero rumore: era avvolta da una mantellina viola e un cappuccio che le copriva il viso. Tutto ciò che era possibile intravedere fra le vesti erano ciocche di mogano dalle linee mosse.
«Sei forse un'assassina?» chiese Basilisk, domandandosi se le sue grida d'aiuto sarebbero giunte alle orecchie dei Sauri se avesse iniziato a urlare.
La donna ridacchiò, sommessa, prima di calarsi la cappa dal viso e rivelare un volto ancora nel fiore degli anni, forse persino gradevole per i canoni umani, se non fosse stato guastato dall'incarnato spento ed emaciato.
«Nulla del genere, mia cara lucertolina. Sono qui per portarvi un messaggio».
Lo Spezzato si abbandonò sulla sedia, mettendo via il bastone: se avesse voluto ucciderlo probabilmente l'avrebbe già fatto, e in ogni caso lui non avrebbe avuto speranza alcuna di difendersi.
«Un messaggio, dici» mugugnò «da parte di chi?» chiese, tutto sommato incuriosito.
«Beh, ma dalla Principessa» a quell'appellativo un brivido corse lungo la spina dorsale del Cecrope «il mio nome comunque è Alba, potete considerarmi la sua voce in carne ed ossa».
«Strigoi...» scandì Basilisk, trasalendo «cosa vuole la principessa dei dannati da noi?».
«Oh, ma non vi presentate? Che scortese siete!» replicò lei, fingendosi imbronciata «Ebbene, la mia signora ha sentito parlare delle vostre recenti grandi imprese ed è rimasta a dir poco impressionata: dopo tutti questi anni avete cavato di nuovo fuori il vecchio trucco dell'Alveare!».
«Come-?!» fece per chiedere Basilisk, ma lei gli parlò sopra.
«Esiste forse un altro modo per mettere d'accordo tante testoline bacate tutte insieme?».
Basilisk si lasciò sfuggire un ghigno, raddrizzando le spalle contro lo schienale «Già, le stesse testoline bacate che hanno messo a ferro e fuoco la vostra amata Avernum. Immagino che la tua principessa non se lo sia ancora dimenticato».
L'espressione di Alba perse la sua strafottenza, e si mutò in una maschera seria «Attento a come parli, lingua biforcuta. Umani e Cecrope» sbuffò «lo stesso, identico vizio: sono sempre così impazienti di gloriarsi di successi che appartengono solo e soltanto ai loro antenati» quelle poche parole bastarono a spegnere la baldanza di Basilisk. Nessuno della sua razza ricordava con piacere l'antica alleanza con gli uomini.
«Ma adesso, caro il mio geco, se hai finito di umiliarti vorrei esporre le volontà della principessa: ella intende favorivi nella guerra che avete intrapreso. E lo farà abbattendo un vero e proprio simbolo per l'intero regno degli uomini! Qualcosa che farà sprofondare il loro morale, raddoppiando l'efficacia dei vostri attacchi... sempre se saprete sfruttare al meglio i tempi».
«Sii più chiara» le intimò, socchiudendo le palpebre squamose.
La donna si imbronciò «Mi deludete, a noi strigoi piace parlare per enigmi, e credevo voi foste una lucertola intelligente» un'espressione che ricordava quella d'una bambina pronta alla burla le passò sul viso «vi darò un aiutino, ascoltate: la nostra spada fende lì dove il sole sempre splende».
Basilisk ci rifletté sopra, non sembrava troppo arduo come indovinello. E quando infine capì, gli occhi minacciarono di uscirgli fuori dalle orbite.
«Cosa? Come?!».
Alba rise di gusto, alzando l'indice della mano destra.
«Semplice, con un solo uomo: anche i dannati hanno i loro assi nella manica».
Basilisk era senza parole: un simile aiuto non solo giungeva insperato, ma altrettanto inattesa era la mano che lo offriva. Alba, detto ciò che doveva dire, sembrò sul punto di congedarsi ma poi i suoi occhi si accesero di un bagliore scarlatto, posandosi sul Respiro del Drago.
«Ah, quella cosa, sapete che sacrificargli anime non è sufficiente, vero?».
Basilisk grugnì, irritato da quella invadenza nei suoi affari.
«Cosa può mai saperne una come te?!».
«A differenza vostra noi amiamo studiare ciò che non conosciamo, anziché distruggerlo o venerarlo come idioti. Quindi si da il caso che conosca il funzionamento di quell'artefatto e come liberarne il vero potenziale».

Quella strigoi gli stava mentendo, non potevano esserci dubbi! Cosa ne avrebbero guadagnato a risvegliare il Drago? Ma a pensarci con più lucidità... gli strigoi avevano ragioni buone quanto quelle dei Cecrope per voler vedere Elea rasa al suolo, se non persino più valide.
Tirò un respiro profondo e si rassegnò a proferire quelle parole.
«Parla, strigoi... io ho bisogno di sapere».

 io ho bisogno di sapere»

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Le Saghe del Crepuscolo: il Risveglio del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora