CAPITOLO XXIII - AMORE E AMBIZIONE

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Basilisk alzò lo sguardo al soffitto, mentre le ultime frattaglie residuate dall'assalto a Palazzo di stelle venivano trascinate via

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Basilisk alzò lo sguardo al soffitto, mentre le ultime frattaglie residuate dall'assalto a Palazzo di stelle venivano trascinate via. Dai racconti si era aspettato che le volte fossero affrescate con immagini del firmamento, ma la realtà era ben diversa: una sostanza simile al fumo sembrava ricoprire i soffitti della Camera di Conclave, e lì dove la sostanza si addensava, essa assumeva le fattezze del cielo tinto dai colori del tramonto e con un innaturale sole al centro di tutto. Quasi sopra le loro teste non vi fosse un tetto fatto di roccia ed oro. Basilisk scostò la sedia alla testa del tavolo di mogano e prese posto, posando dinanzi a sé la sfera incandescente. I capiclan si sedettero insieme con lui, pendendo letteralmente dalle sue labbra.
«Purtroppo, come ormai vi sarà noto, Neraserpe, capoclan dei Mamba, è stata catturata dal nemico. Non oso immaginare a quali torture stia venendo sottoposta in questo istante».
«Non puoi scoprirlo da te, entrando nella sua mente?» chiese Branchiamuta, grattando con gli artigli la superficie legnosa.
«Gli incanti degli uomini l'hanno strappata all'Alveare, è ormai al di fuori dalla mia portata».
Squamardente a quel punto si schiarì la voce, prendendo parola «Non è da escludere che la sua volontà possa cedere al supplizio, e che lei riveli informazioni cruciali sui nostri piani di guerra».
Basilisk sospirò, giungendo le mani e colmando le pupille verticali con la luce rossa del Respiro del Drago.
«Anche se ciò dovesse accadere, ormai gli uomini non possono mutare il loro destino» Basilisk levò lo sguardo alla volta tinta d'ogni sfumatura di rosso, arancio e violetto «al crepuscolo il drago si risveglierà».
Deglutì, squadrandoli uno per uno: quanti, fra loro, sarebbero caduti quella notte? Forse nessuno, forse solo alcuni o persino tutti loro, non importava. Quella guerra, alla fine di tutto, Basilisk l'avrebbe vinta. La lucertola storpia, lo Spezzato, sarebbe stato investito dagli epiteti più lusinghieri nei secoli a venire. Venendo ricordato come Il figlio del Drago o magari Basilisk il vittorioso, o infine Il Vendicatore. Per un tempo indefinibile si sarebbe potuto smarrire nel vortice di quella fantasia di riscatto. Ma ora gli indugi della mente dovevano darsi freno, e le azioni prendere il loro corso.
«Radunate i soldati, stanotte metteremo fine a questa guerra» ordinò, issandosi col suo bastone. Uno dietro l'altro i generali varcarono la soglia: Branchiamuta, Doraspina, Boaspira, Komodo e, per ultimo, Squamardente, colui che fra tutti gli era più caro.

«Aspetta» lo fermò, prima che richiudesse la porta alle sue spalle «desidero parlarti in privato».
Il capoclan delle Vipere Rosse rientrò prontamente, accostandosi al suo signore. Basilisk sedette sul ciglio del tavolo, la sfera dardeggiava dietro la superficie limpida.
«Hai paura per la battaglia che ci aspetta?» chiese, mettendo da parte il bastone.
Squamardente, per un attimo, esitò per poi sedersi accanto a lui.
«Non temo per la mia vita, né per quella dei miei compagni. So che un giorno tutti noi ci ritroveremo nello spirito del Grande Drago.»
Basilisk sorrise, prendendogli la mano «Sei davvero il più coraggioso fra i miei condottieri».
Squamardente gli poggiò le dita lungo la guancia ruvida di scaglie «E tu il più grande fra i capotribù della nostra storia».
I loro musi si toccarono, per poi strofinarsi con tenerezza. Le loro code si intrecciarono sino a non poterle più distinguere l'una dall'altra. I Cecrope erano rettili sotto quasi ogni aspetto, ma talune cose le accomunavano innegabilmente a esseri dal sangue caldo...

Con un gesto il giovane voltò di schiena il suo signore, e il suo sesso scivolò in lui con un brivido, lo Spezzato serrò le dita intorno al tavolo e lasciò che quel piacere corposo, avvolgente lo trascinasse... la sua mente si aprì a quella di Squamardente e l'uno condivise le sensazione dell'altro. L'estasi fu piena, voluttuosa, e sfiancante quando giunse al suo culmine, lasciandoli sfatti e svuotati sul pavimento. Basilisk osservò il sole artificiale nel colore plumbeo del crepuscolo, lacrime corsero a rigargli le guance.
«Sai cos'è l'amore, Squamardente?» gli chiese, in un fil di voce.
«Non mi intendo granché delle poesie cantate dagli scaldi» replicò lui «ma credo che sia ciò che lega due esseri in modo indissolubile, nonostante tutto».
Non la trovò una risposta particolarmente originale, ma immaginava che nel fondo di quelle parole soggiacesse un fondo di verità.
«L'amore è tutto ciò che non può essere scalfito dall'ambizione, tutto ciò che può incastrarvisi dentro, in un equilibrio perfetto. Sai cos'è l'ambizione, Squamardente?» domandò ancora, guardandolo negli occhi.
Lui parve ragionarci un po' sopra, poi gli scappò un sorriso «Ciò che conta di più per te, dico bene?».
«Esattamente» rispose Basilisk, in una risata amara «ma l'ambizione è anche un altare... un altare al cui cospetto vengono sacrificate tutte le altre possibilità, ognuna di esse, per conseguire quell'unico grande e meraviglioso obbiettivo.»
«Tranne l'amore, l'amore non può essere sacrificato» disse Squamardente, con una smorfia dettata dallo sforzo di concentrazione.
«Tranne l'amore» ripeté Basilisk, solenne «solo l'essere più ambizioso di questo mondo può sperare di risvegliare il drago, e io sono di certo il Cecrope più ambizioso che abbia mai calcato il mondo» avvicinò il muso al suo, strofinandolo con delicatezza, chiudendo gli occhi «e sai... credo di amarti».
«Ma l'ambizione è un altare» la sua mano scivolò sino alla cintura che portava in vita «e la più grande fra le ambizioni, richiede a sua volta il sacrificio più grande. Qualcosa che nessun altro sacrificherebbe mai».

Squamardente si ritrasse con orrore, portando le mani tremanti al pugnale che gli era affondato diretto nel cuore. Il Respiro del Drago emise uno stridio, crepando le proprie superfici, e lingue di fuoco sgusciarono fuori.
«B-Basilisk...tu...»-
Lo Spezzato proruppe in pianto, mentre il sangue fiottava dalle labbra dell'unico Cecrope che avesse mai amato, rovesciandosi sul pavimento. La pietra, il Respiro del Drago, infine andò in frantumi, inondando di fiamme sussurranti la sala, cancellando ogni cosa intorno a loro.
«Perdonami, amore mio» singhiozzò lo Spezzato «perdonami se puoi...» disse, chinandosi su di lui e passando le dita sui lineamenti del viso sempre più fermi nella vita che spirava.

Si aspettava che Squamardente lo lasciasse maledicendolo o assicurandogli il suo perdono, ma tutto ciò che fece fu rimanere immobile e inerte, lì dinanzi a lui, con lo faccia contratta nell'ultima smorfia di incredulità.
Le fiamme evaporarono le lacrime e il loro sfrigolare coprì gli ultimi singhiozzi, mentre una luce rossa calava su di loro, squarciando il cielo artificiale.

Le fiamme evaporarono le lacrime e il loro sfrigolare coprì gli ultimi singhiozzi, mentre una luce rossa calava su di loro, squarciando il cielo artificiale

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Le Saghe del Crepuscolo: il Risveglio del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora