CAPITOLO XIII - DEGNO DI UN CAVALIERE

37 7 33
                                    

Un rivolo caldo correva lungo il suo braccio sinistro, gocciolando viscido fra le sue dita

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Un rivolo caldo correva lungo il suo braccio sinistro, gocciolando viscido fra le sue dita. Il dolore alla spalla, sbollentati gli umori della battaglia, aveva preso a farsi sentire, esplodendo in scariche ogni volta che accennava un minimo movimento dell'arto.
«Cecrope» disse, sforzandosi di non gemere per l'agonia che minacciava di stritolarlo «sei stato sconfitto. Adesso prendi i tuoi e vattene da qui».
L'uomo lucertola, in ginocchio dinanzi a lui, si teneva il ventre cercando di frenare la fuoriuscita di sangue, esso sgorgava rosso come quello degli uomini. Fra i soldati nemici serpeggiò un mormorio di incredulità e disapprovazione.
«Non essere sciocco, ragazzo» disse il Cecrope dopo un lungo silenzio, con quello che sembrava a tutti gli effetti un sorriso «è tua la responsabilità di darmi la morte. Non ricordi? Hai fatto un voto» le sue parole furono frenate da un fiotto di sangue nella sua gola «Se non lo rispetterai, i miei Cecrope vi massacreranno dal primo all'ultimo».
Titus sentì l'aria mozzarglisi in gola. I suoi occhi scesero sulla spada, sorretta a fatica dalle dita incerte, la lama insozzata di rosso scuro. "Uccidere?" Il suo avversario era disarmato "Non posso, non sarebbe corretto".
Si voltò verso Ianus cercando consiglio nel suo sguardo: il vecchio si tamponava la ferita con una mano e lo fissava con aria solenne.

Ricordò le parole che gli aveva rivolto dopo Passo Caprotto "Prima o poi non potrai sottrarti dall'uccidere qualcuno"; ricordò la sua rabbia quando il vecchio aveva messo in dubbio la sua determinazione. "Uccidere?" si chiese, nessuno era mai morto per mano sua... si rese conto di averlo sempre evitato. Ma ora gli eventi l'avevano condotto a quell'esito ineluttabile. Gli avevano dato la responsabilità greve non solo della sua stessa vita, ma anche di quella dei suoi compagni e degli innocenti ancora rinchiusi dietro le porte del tempio. Tutto queste vite al prezzo di una sola: la salvezza giaceva sul filo della sua spada.
Le lacrime gli irrorarono gli occhi, i singhiozzi scossero i denti l'uno contro l'altro, il Cecrope vomitò un altro fiotto di sangue.
"Questo è degno di un cavaliere" si disse Titus, scagliando il fendente: l'acciaio penetrò attraverso le squame, sfilacciò i muscoli, frantumò le ossa, falciando l'aria alla fine del colpo. Qualcosa rotolò in terra, qualcosa sui cui i suoi occhi annebbiati non vollero posarsi. Il corpo acefalo, ormai inerte, si rovesciò al suolo dopo il guizzo d'un ultimo spasmo.
Titus strizzò le palpebre, il freddo gli si arrampicò nella testa e poi venne il buio e nulla vide più.

Quando le palpebre si dischiusero, tutto intorno a lui appariva come se lo stesse guardando dal fondo di uno specchio d'acqua. Vide una sagoma, i cui contorni a poco a poco si delinearono con definitezza: un giustacuore bianco cingeva il corpo esile e un caschetto di capelli bruni aveva iniziato a perdere la propria forma, allungandosi più del dovuto.
«Dovresti proprio tagliarti quei capelli, caro il mio Vanni» esordì in un rantolo, attraverso la gola secca.
«Mio signore!» esclamò lui, con la solita voce acuta, gettandosi sul suo corpo malmesso per abbracciarlo. Titus rabbrividì, sentendo una fitta pugnalargli le membra: era ancora molto debole.
«Temevo non vi sareste più risvegliato, avete dormito per diversi giorni, sapete? E io ho vigilato su di voi, mio signore» disse affannosamente, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
«Adesso sto bene Vanni, e perfavore» sorrise «non darmi del voi» lo pregò, tirandosi a sedere contro la spalliera del letto.
«Certo, certo» replicò lui, offrendogli un bicchiere d'acqua «i cerusici dicono che siet» si schiarì la voce «che sei stato fortunato: se la lama fosse scesa più a fondo avresti perso l'uso del braccio».
«Suppongo di dover ringraziare l'Unico per la mia fortuna sfacciata» mormorò Titus, vuotando in un sorso il suo bicchiere «Ianus sta bene? Ricordo che lo avevano ferito».
Vanni fece un rapido gesto affermativo «Le sue ferite stanno guarendo, anche se ha rifiutato le cure dei cerusici».
L'aspirante cavaliere sbuffò, divertito "Tipico del vecchio testone, ma fortuna che era lì. Senza i suoi consigli non avrei mai saputo che sfidare il capoclan ci avrebbe fatto guadagnare tempo".
«E i Cecrope? Che fine hanno fatto?» domandò, sgranchendosi la spalla fasciata. L'aspirante scudiero fece spallucce.
«Poco dopo che hai perso i sensi sono arrivati i soldati del Conte Corfinati e loro si sono dati alla fuga» spiegò il ragazzino, prima di incupirsi un poco «purtroppo abbiamo trovato i corpi della famiglia... non sono riusciti a salvarsi».
«Capisco» replicò Titus, tetro, cercando di allontanare dalle mente l'immagine del piccolo Timeus e dei suoi genitori «sono certo che adesso sono in un posto più felice, al fianco dell'Unico».
Vanni mormorò un debole assenso: povero ragazzino, così giovane e aveva già visto tanta morte intorno a sé. Titus si chiese come avesse fatto a sopportarla...
«Ma non pensiamo a cose tristi, adesso. C'è una bellissima notizia! Anzi, anche più di una!» esclamò lo scudiero.
«Cioè?» chiese Titus, lasciandosi trascinare da tanto entusiasmo.

Vanni si affrettò a uscire dalla stanza del sanatorio e a ritornare poco dopo, più carico del suo povero ciuco. Con sé recava due sacchi di iuta, uno dei quali era particolarmente voluminoso. Nel primo, quello più piccolo, c'erano almeno trenta zecchini d'argento, scintillanti alla luce del sole che penetrava dalle finestre.
"Il Conte ha mantenuto la sua promessa".
Ma era nell'altro che si celava la sorpresa più grande.
«Quando ti abbiamo riportato a Biancareggia per metterti nelle mani dei cerusici, Ser Mucianus si è recato nella piazza centrale per offrire al Conte la sua resa dal torneo. Ha detto che un uomo con così grande spirito di sacrificio meritava il premio in palio molto più di lui. Quando il Conte ha interpellato me e Ianus su quale fosse il dono più adatto, noi non abbiamo avuto dubbi!» e così dicendo il ragazzino cavò fuori gambali, manopole e spallacci d'acciaio limpido; una corazza istoriata con il falco, simbolo della sua casata e persino un elmo la cui forma spigolosa ricalcava il becco di un rapace.
Titus rimase senza parole di fronte a quella meraviglia «Sapevamo che non potevi prendere parte alle gios-» ma prima che Vanni potesse finire la frase, Titus l'aveva già stretto a sé, ignorando i dolori che quel movimento improvviso gli causava. Lo scudiero, dopo un'iniziale resistenza data forse dalla sorpresa, si abbandonò a quell'abbraccio e a quel calore donato con tanta spontaneità.

 Lo scudiero, dopo un'iniziale resistenza data forse dalla sorpresa, si abbandonò a quell'abbraccio e a quel calore donato con tanta spontaneità

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Le Saghe del Crepuscolo: il Risveglio del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora