Cap. 1

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Il rumore delle sirene della polizia e una strana puzza convinsero Steve a riaprire gli occhi e tornare in sé. Sentiva la testa pulsare e le gambe come gelatina, ma dopo un po' riuscì a rimettersi in piedi.
Iniziò a guardarsi attorno, ma anche se era abbastanza certo di non essere mai stato lì quel posto aveva qualcosa di... Famigliare.
Il suo sguardo cadde per un attimo nei suoi vestiti, ma appena si rese conto di che abiti indossava spalancò gli occhi incredulo e il panico prese piano piano il sopravvento.
La tuta per i viaggi nel tempo!

«No, no no no» disse a bassa voce «Ti prego non dirmi che l'ultima filetta di particelle è...» guardò nella taschina dove le teneva, ma al momento era vuota «... Andata. È andata» sospirò alla fine, chinando leggermente il capo

Okay, nessun problema. Doveva solo  capire dove (e quando) si trovava, cercare di passare innoservato, ricordare che era successo e poi tornare a casa.
Nessun problema!
Seh, come no...

Si tolse quella tuta decisamente troppo appariscente, ma l'unico altro "abito" che aveva era il costume di Capitan America... E forse non era il caso.
Uff, ecco, era di nuovo nei casini.

Notò affianco a lui un cassonetto della spazzatura, e a lato di esso un sacco contenente degli abiti che parevano abbastanza intatti.
Perché mai qualcuno doveva buttare dei vestiti nuovi?! Beh, meglio per lui.

Rovistò all'interno di quello, trovando solo una maglietta bianca a maniche corte, un paio di jeans marroni e un berretto. O meglio, questi erano solo gli abiti della sua taglia...

Si cambiò in fretta, sentendo le guance scaldarsi ogni volta che un'auto passava difronte quel vicolo cieco in cui era finito. Imbarazzante, era decisamente questo l'aggettivo adatto per quella situazione.

Bene, il problema del "passare innoservato" era risolto. Ora...

Cos'è che ricordava? Come ci era finito lì?
Fece un respiro profondo e, prendendo in mano il suo scudo, provò a tornare indietro di qualche minuto con i ricordi.
Quindi... Vormir, Teschio Rosso, la Gemma, il sacrificio, Loki-... LOKI?! CHE CI FACEVA LOKI LÌ?!

Involontariamente lanciò uno sguardo al Mjonir, pensando a quando Thor gli aveva raccontato che il fratellastro era morto...

E se fosse stato solo un inganno? Se non fosse morto? E se, invece, era tutto parte di un crudele piano ancora più grande? Dopotutto stiamo parlando del Dio del Caos e Degli inganni...

Perfetto, ora aveva due problemi!

«Ehy! Ma tu sei Capitan America! Forte!» la voce di un bambino difronte a lui lo risvegliò dai suoi pensieri, facendone però venire altri

Steve alzò lo sguardo e tentò di nascondere lo scudo, ma davanti a lui vi era un gruppetto di quattro ragazzi in bicicletta, con le bocce semi-aperte e gli occhi sbarrati

«N-no... Non è vero!» tentò di mentire, ma la sua voce tremava come una foglia al vento.

Okay, doveva scappare. E alla svelta.
Prese in mano il Mjonir e fece cadere un piccolissimo fulmine tra lui e il gruppetto, approfittando della confusione che si venne a creare per prendere le sue cose e squagliarsela.

Corse per parecchio tempo, imboccando stradine strette e cercando di evitare i luoghi affollati.
Il fiato stava iniziando a mancargli, ma lui continuò lo stesso. Pareva fosse l'unica cose in grado di fare: correre. Correre via dai problemi, dalla tristezza, dai rimpianti... Correre e scappare da tutto.

Si fermò solo nei pressi di un piccolo ristorantino non troppo affollato e che fungeva anche da bar. Di certo lì avrebbe un giornale e scoprire in che epoca si trovava... Almeno sperava.
Si abbassò ancora un po' la visiera del berretto, tenendo lo sguardo basso e nascondendo le sue "armi" in un angolino nel retro. Prima di entrare però di assicurò di mettere il martello sopra lo scudo, così da evitare che qualcuno lo rubasse (trucchetto imparato da Thor).

Il locale non era affatto male: semplice, tranquillo, con una deliziosa musica di sottofondo... Delle piccole candele decoravano i tavolini, e un invitante profumino lo invitava a sedersi per mangiare qualcosa, ma Steve non era lì per quello...
Arrivò al bancone, trovando quasi subito quello che cercava: un giornale! Lo prese in mano e, ignorando le notizie in prima pagina o ogni altra parola che vi era scritta, portò tutta la sua attenzione sulla data.

23 Giugno 1948

MA CHE-...
Per la miseria. E adesso?
Per le particelle doveva aspettare almeno fino al 1970 e...

Una risata bloccò ogni suo pensiero e cancellò ogni dubbio.
Mentre lui leggeva la data era entrata una coppia, che in quel momento era alle sue spalle.
Steve sentì un lieve spostamento di vento quando lei passò dietro di lui e un brivido gli percorse la schiena, facendogli provare un po' di gioia. Voleva voltarsi, ma era come se ogni muscolo del suo corpo si fosse bloccato.

«Hahaha, no domani non posso, devo sistemare alcune questioni in ufficio e...» il capitano si vergognò di origliare la conversazione così cercò di non prestare attenzione alle parole, ma quella voce era quella di Peggy e...

Finalmente trovò le forze di voltarsi, così rimise a posto il giornale e si concentrò sulla donna.
Peggy era seduta ad un tavolo con addosso un vestito elegante e che le calzava a pennello. I capelli scuri gli ricadevano dolcemente lungo le spalle e sul volto le labbra rosse e carnose formavano un sorriso sereno e spensierato. E i suoi occhi... Steve giurò di non aver mai visto nulla di più bello.

Purtroppo però vide anche che la sua amata non era sola: c'era un uomo con lei, un agente (probabilmente) con una stampella e uno sguardo che al momento Steve stava odiando.

La gioia che aveva provato poco prima si spense all'istante, così capì che era il momento per lui di andare.
Aveva visto Peggy.
La aveva vista felice.
Poteva bastare.

Nel frattempo che lui usciva dall'altro capo della sala Peggy ebbe una strana sensazione, qualcosa di inspiegabile e nuovo.
Si voltò verso il bancone, ma non c'era nulla tranne che un giornale. Restò a fissarlo, senza un'apparente motivo, ma era certa che in quel punto...

«Peggy, tutto bene?» domandò Daniel, richiamando la sua attenzione

«Sì... Solo una sensazione»

«Sicura?»

«Sì sì sto bene» rispose, ma la sua voce era un po' più fredda del solito.

«Okay, scusa» rispose lui, alzando le mani.

Peggy si sentì in colpa per un secondo, ma nonostante ciò per tutta la serata non potè fare a meno di voltarsi verso il punto dove c'era quel giornale, sicura che lì c'era (o ci fosse stato) qualcosa (o qualcuno) di importante...

FUORI DAL TEMPODove le storie prendono vita. Scoprilo ora