Cap. 3

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«No, non ci credo... Io non ci credo...Io-»

«Steve, se magari-»

«Ti rendi conto di quello che hanno fatto?!»

«NO! ED È QUESTO IL PUNTO! TI DECIDI A SPIEGARMI DOVE SIAMO O DEVO ASPETTARE ANCORA?!»

Il capitano si voltò verso la rossa, notando che in effetti gli doveva delle spiegazioni.
Erano ben dieci minuti che si trovavano fermi davanti ad un piccolo e semi-abbandonato edificio di Brooklyn, con solo quattro piccoli scalini a separarli dalla porta d'ingresso, ma sulla ringhiera c'era appeso un grande cartello con scritto "VENDESI"

«Beh ecco...» provò a spiegare Steve, portandosi una mano tra i capelli e cercando di trovare le parole giuste «Questa è casa mia. Ma ora... Sì insomma...»

«La stanno vendendo. Sì, so ancora leggere»

«MA COME OSANO?! NON SONO MICA MORTO!»

«Eh sì, infatti ti sei solo schiantato con un aereo su una lastra di ghiaccio e insieme a te c'era un'arma pericolosa e sconosciuta...»

«Ah già... Ma c'è comunque molta differenza tra morire e restare bloccati mel ghiaccio! E non mi hanno mai ritrovato il corpo! Come possono pensare che sia morto?!»

«Steve, lo avrei pensato anche io, se non ti conoscessi»

Lui le lanciò un'occhiattaccia, che lei ricambiò, ma alla fine scoppiarono entrambi a ridere.

«Okay, ma adesso? Io facevo affidamento sul ripararci a casa mia e-»

«Beh ora...» lei lo prese per le spalle e lo girò verso la strada «... Vieni con me in un posticino»roteò gli occhi, come per pensare a qualcosa «E magari poi ci compriamo un cane e lo chiamiamo "Black"!»

«Io parlo seriamente»

«Sì, "Sirius" è più adatto a uno come te» disse sorridendo, ma lui si allontanò di un passo e si voltò nuovamente verso l'edificio

«Aspetta. Solo un minuto. Io qui...»

Sospirò rumorosamente, ripensando alla sua vecchia vita. Si ricordava benissimo tutte quelle volte che Bucky lo aveva consolato, su quegli stessi gradini che ora lui fissava, incitandolo ad andare avanti. Per non parlare di tutte le serate passate a mangiare cibo spazzatura e fantasticare su come sarebbe stato il futuro, mentre il suo migliore amico gli parlava delle sue recenti conquiste.

Sul volto del capitano si formò un piccolo sorriso di malinconia, mentre quella luce di positività che caratterizzava i suoi occhi (e aveva appena ritrovato) sembrò spegnersi a poco a poco.

Per un attimo si dimenticò della presenza di Natasha, così alzò una mano verso il cielo e richiamò il martello magico, salendo nel contempo quei famosi quattro scalini e arrivando davanti alla porta proprio quando l'arma toccò il suo palmo e la forza che essa trasmetteva parve scorrere dentro di lui

«AH» commentò la Vedova, ricordando al soldato di non essere solo

Lui si voltò leggermente imbarazzato, vedendo la donna che lo fissava con la bocca semiaperta e come in trance

«S-scusa... Ti devo delle spiegazioni, m-»

«No tranquillo, cioè... Lo sospettavo, però...» sbuffò, riprendendosi da quell'attimo di confusione «Okay, nessun problema. È tutto apposto. Fai quello che avevi intenzione di fare che poi andiamo in quel posto che ho in mente»

Steve sorrise nuovamente, rigirandosi verso la porta e appoggiando il Mjolnir davanti a essa, in modo che non si potesse aprire a meno che non si spostare l'oggetto nordico.
Poteva sembrare un gesto egoista, ma lui non si sentiva ancora pronto.
Non era pronto ad abbandonare quella casa e i ricordi che conteneva. Era la cosa che più lo legava a Barnes in quel momento, e non ce la faceva a lasciarla andare. Non era una cosa per la quale l'esercito ti preparava o per cui ci si poteva allenare, no... Era una questione di cuore; e lui non era abbastanza pronto al momento.

FUORI DAL TEMPODove le storie prendono vita. Scoprilo ora