Capitolo diciannovesimo: Maya

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CAPITOLO 19:           MAYA

Ero ancora seduta sul letto dopo che le ragazze se ne erano andate quando Myda spuntò dalla porta, stando appoggiato al telaio.

“Maya alzati per favore, dobbiamo andare da una ragazza.”

Come mi piaceva quando era serio, sembrava più grande di quanto non fosse e il viola dei suoi occhi si solidificava ma i capelli gli stavano perennemente scombinati.

“Perché dobbiamo andarci?” domandai incuriosita.

“Le è morto un figlio piccolo e lo conoscevo bene.”

Lo guardai: si era rabbuiato.

“Mi dispiace.”

Myda sospirò. “Si, anche a me”

Magari pensava fosse colpa sua ma sapevo che non era così. Era un bravo capo con delle responsabilità enormi e faceva del suo meglio, se ne doveva rendere conto.

Mi alzai dal letto, stiracchiandomi bene. Myda mi guardava curioso, magari gli sembravo addirittura buffa. Quando finii, ero abbastanza soddisfatta e sorrisi compiaciuta.

Sembravo una grossa e coccolosa gatta.

Quando arrivammo nella casa abitata dalla madre del piccolo, bussammo due volte.

Provammo una terza volta e comparve sulla soglia una ragazza dagli occhi e capelli blu oltremare indaffarata con un bambino che le si dimenava fra le braccia.

Lei sospirò. “Scusa Myda. Accomodati. Sundress oggi fa il monello” disse rassegnata, quando il bambino cominciò a strillare. “No, ti prego Sundress non fare così” disse al bambino poi mi guardò. “Prego, entra”

Entrammo.

La stanza principale era molto luminosa e le pareti erano di legno chiaro. Gli arredi semplici erano ben coordinati, indubbiamente quell’indaffarata ragazza aveva ottimi gusti.

Alla mia destra, vi erano delle sedie con lo schienale verso la parete levigata; una bambina, stava seduta sulle gambe di un Ishna che indossava dei pantaloni celesti e nascondeva il visetto nell’incavo del collo di lui.

Al centro della stanza, era deposta su una struttura di pietra una piccola bara in legno con dei fiori sia accanto che sopra. Ero certa che si trattasse di una veglia funebre.

Myda si avvicinò alla bara accarezzandone la superficie.

“Mi dispiace per la tua perdita” dissi alla ragazza dai capelli blu.

“Mi chiamo Merey, è bello conoscerti anche se le circostanze sono meno felici” rispose con un sorriso spento.

Doveva essere stato un brutto colpo per lei perdere qualcuno di così importante.

“Anche per me è bello fare la tua conoscenza, mi chiamo Maya, se posso aiutarti in qualcosa dimmi pure.” le risposi. Magari confidarsi con qualcuno le avrebbe fatto bene. Anche solo per distrarsi un attimo.

Molte volte quand’ero triste e sola al Clan, avrei voluto sfogarmi con un’amica, qualcuno che mi capisse, quindi mi sembrava giusto offrirle il mio appoggio.

Il piccolo Sundress ricominciò a piangere e Merey lo cullò. “Scusate, vado a preparare il latte a questo pulcino” disse accarezzando la schiena del piccolo e se ne andò nella stanza accanto.

Si sentirono dei singhiozzi sommessi e mi voltai nella direzione in cui erano sedute le altre due persone.

L’Ishna abbracciava, anche se con fatica, la bambina che gli stava seduta accovacciata in grembo. Poi le accarezzò i capelli verdi e si scostò leggermente dal suo abbraccio.

Ishna-sulle Ali Rosso FuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora