Capitolo quindicesimo: Myda

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CAPITOLO 15:                     MYDA

Appena uscii dalla capanna il sole mi accecò ma misi a fuoco in fretta. Soffiava una leggera brezza che aveva il dolce odore dei fiori di campo.

Inspirai a fondo chiudendo gli occhi per rilassarmi.

Cos’altro poteva essere accaduto? 

Keendel si fermò un po’ più avanti di me, sulla soglia della scala che portava nel piccolo giardinetto attorno la capanna.

“Myda, va tutto bene?” mi chiese senza nemmeno voltarsi. Un soffio di vento si insinuò fra me e lui facendoci ondeggiare i capelli. 

“Tranquillo Keendel, è tutto apposto. Guidami tu.”

“Da questa parte.”

Lo seguii senza fiatare.

Cos’altro poteva andare storto? La giornata certo, non era cominciata bene ma dovevo andare avanti, dovevo vincere questa battaglia, dovevo proteggere il mio villaggio, dovevo proteggere Maya.

Mentre camminavo, pensavo al perché Maya avesse deciso di rimanere al villaggio e perché pochi giorni addietro aveva tentato di scappare ma a distogliere la mia attenzione da quel pensiero fu ciò che vidi guardando casualmente il cielo.

Come era accaduto il giorno che delle goccie d’acqua avevano oltrepassato la barriera di Eyria, mi ero accorto che la protezione del villaggio stava cominciando a cedere. Questa non ci voleva. Oltre Elros con i suoi attacchi magici si presentava il problema di salvaguardare la barriera che ci nascondeva. 

“Keendel”, chiamai e subito la guardia mi fu vicino abbastanza da permettersi di ascoltate le mie parole sussurrate per non intimorire le persone attorno a noi. “Ho un incarico per te. Ascoltami e fa attenzione. Dì a Reliel di andare da Jamil per convocarlo al villaggio. La situazione è molto critica, auguragli inoltre un buon viaggio da parte mia, fratello” rimasi serio mentre consegnavo l’incarico a Keendel, nei giorni seguenti non avrei certo avuto buone notizie date le circostanze.

Keendel fece per andarsene alla ricerca di Reliel, il messaggero. “Ah..Keendel..” lui si fermò. “… che la Grande Madre lo protegga.”

Annuì. “Certo Myda, riferirò, prosegui fino all’arco.” disse e scomparve mischiandosi fra gli abitanti del villaggio. Proseguii da solo, finchè non arrivai all’arco di  fiori bianchi.

Appena i miei fratelli e le bambine si accorsero che ero lì mi fecero passare subito dividendosi ai lati e mi vennero le fitte allo stomaco seguite da un nodo alla gola. Avevo un vago sentore di tristezza. 

Era un’altra scena orribile per i miei occhi, peggio di quanto mi aspettassi. 

I corpi di due bambini erano distesi a pancia in giù e i loro pantaloni da Ishna erano coperti di terra. Le loro braccia giacevano ai lati dei rispettivi corpi e un lento pallore gli colorava l’epidermide.

Un bambino lo riconobbi subito perché aveva la faccia rivolta nella mia direzione: era Kaleb, il fratellino di Larey, uno dei componenti di quel gruppetto di monelli sempre alla ricerca di avventure. Avevo la nausea. 

I pantaloni arancioni sembravano ai bordi bruciati. Aveva anche una guancia coperta di terriccio marrone.

Mentre me ne stavo lì, come pietrificato, sentivo un pizzicore agli occhi. “Com’è successo?” gridai mentre le lacrime disegnavano profondi solchi sulle mie guance.

Piangevo senza rendermene conto.

Alle mie spalle, si potevano benissimo sentire i singhiozzi delle bambine invece gli Ishna stavano in un silenzio solenne. Feci un passo avanti, incerto sul da farsi. Volevo stringere quei corpi, volevo risvegliarli.

Ishna-sulle Ali Rosso FuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora