CAPITOLO 12: MAYA
Continuavo a rigirarmi nel letto aspettando con impazienza che le tenebre cullassero i sogni e colorassero di blu scuro il cielo.
Appena udii le prime cicale cantare fuori dalla capanna, controllai che Myda fosse davvero addormentato.
Respirava profondamente.
Sgattaiolai fuori dal letto, fluendo silenziosa come una pantera che si aggirava sui rami alti degli alberi di una foresta, uscii dalla camera e mi diressi spedita verso la porta facendo attenzione a non urtare gli oggetti della stanza.
Se di guardia fuori avrei trovato Keendel, gli avrei raccontato una scusa per lasciare la casa.
Non appena aprii la porta di legno, sporsi la testa fuori per vedere se ci fosse qualcuno in giro.
Perfetto, Keendel non c’era.
Richiusi alle mie spalle la porta e, approfittando del villaggio addormentato, nella notte mi ritrovai a camminare da sola per le strade oscure. Con le scarpe bagnate fradice che mi ero infilata di volata, corsi a perdifiato percorrendo tutta la strada principale e mi ritrovai in uno spazio dove l’erba cresceva bassa, vi erano dei cespugli con delle bacche nere e un laghetto dalle acque calme.
La serata era tranquilla, non un filo di vento, né pioggia. Assolutamente perfetto. L’acqua del laghetto rifletteva benissimo la luna pallida come una perla che rischiarava il cielo aiutata dalle stelle. Era il momento ideale per fuggire, nessuno mi guardava, non dovevo sprecare quell’occasione. Chiusi gli occhi per concentrarmi cercando di riunire tutti i miei poteri con le forze che avevo riacquistato.
Le mani cominciarono a formicolare mentre sentivo che il potere sparso lungo il mio corpo fluiva verso un unico punto: il cuore. Una sensazione di calore piacevole mi invase e, in un attimo, come una scintilla appena nata, squarciai un po’ il buio trasformandomi in quello che ero davvero: una fenice.
Il mio corpo era di un giallo-oro, con sfumature arancioni vivaci ed era possente ma abbastanza leggero. Vidi che le mie ali avevano ripreso vigore, le piume brillavano di colori caldi e sembravano cosparse di polvere d’oro.
Il becco, che era apparso sostituendo le mie labbra, era di un arancione tendente al marrone.
Vicino l’occhio sinistro spiccava un simbolo blu a forma di onda con due diramazioni ai lati più corte, che mi identificava come membro del Clan.
A seconda della provenienza dal Clan di fenici, vi erano diversi simboli che potevano essere anche di colori diversi, era più o meno come mostrare agli altri un biglietto da visita.
In cima alla testa spuntavano per poi ricadermi dal lato destro altre piume molto più spesse di quelle delle ali ma simili come colorazione. Le piume della coda battevano il record: erano indiscutibilmente le più lunghe di tutto il corpo, morbide e con occhi del colore del fuoco.
Per quanto la gente ci consideri tutt’oggi animali mitologici, noi esistiamo realmente e non solo nei libri. Siamo delle tribù che hanno trovato il modo per mescolarsi agli umani senza rischiare di essere intrappolati come cavie in un laboratorio; io ero la più giovane del mio Clan, avrei volato ancora e per sempre per stare libera non incatenata, né dagli uomini, né dai miei simili. Mai.
Provai a sbattere più volte le ali per prendere il volo cercando di far piano ma mi sentivo pesante.
Niente da fare, non riuscivo ad alzarmi a più di qualche metro da terra. Il mio corpo ridiventò umano, poi fenice, senza che lo volessi e di nuovo umano.
Forse per volare era troppo presto.
“Tu hai le piume?”
Mi voltai e rimasi stupita perché difronte a me, che mi guardava incantata, con gli occhi spalancati per la gioia e con un sorriso a trentadue denti stampato sul visino candido, vi era una bambina.
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Ishna-sulle Ali Rosso Fuoco
RomantizmPer Maya, una ragazza fenice, è difficile rimanere in un Clan pieno di costrizioni così decide di fuggire per essere libera di costruirsi un futuro migliore. Tuttavia, ben presto si rende conto che essere libera non significa necessariamente fuggire...