Capitolo 20

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Savannah's pov

I miei occhi seguono ogni suo movimento, come se da questo dipendesse la mia intera esistenza. E, forse, è davvero così, dal primo giorno, e continuerà ad essere così per sempre. Anche se il destino ha scelto di separarci, continuerò a portare il suo ricordo nel mio cuore, racchiuso in uno scrigno d'oro, impenetrabile al resto del mondo. 

Lo osservo afferrare un pezzo di pane e portarlo alla bocca, quella bocca perfetta, priva di imperfezioni. Più lo osservo e più mi rendo conto di ogni piccolo ed insignificante dettaglio. Buffo come la vita spesso ci metta davanti a delle scelte, e solo dopo averle fatte ti ricorda quanto bello fosse vivere in sintonia con quella persona, sussurrargli parole d'affetto ed essere il centro del suo mondo. 

"Tesoro, mi passeresti la bottiglia d'acqua?" La voce di mia madre interrompe i miei pensieri, riportandomi alla realtà. La guardo, senza sapere esattamente cosa rispondere. 

"Tesoro, mi hai sentito?" ritenta mia madre, un'espressione corrucciata in volto. "Stai bene?" 

"Si, mamma, va tutto bene. Cosa possa fare per te?" le rispondo, fingendo indifferenza e tranquillità. 

"Ti ha chiesto se le potevi passare la bottiglia d'acqua, Savannah." Sentire il mio nome pronunciato dalla sua voce, sortisce in me un effetto piuttosto spiacevole e indesiderato. Sposto entrambe le mani sotto il tavolo, per evitare che il resto del gruppo si accorga del tremolio. 

Evito il suo sguardo, e faccio come ha detto. Mia madre afferra la bottiglia dalle mie mani senza dire una parola. Sento gli occhi di tutti puntati addosso, cercare di dissimulare è difficile ma non impossibile. Nessuno deve accorgersi del mio cambiamento d'umore, non posso permettere che accada. 

Leah, seduta accanto a me, afferra la mia mano e la intreccia alla sua, sotto al tavolo, mentre con la bocca mima la frase: " Andrà tutto bene, passerà." 

Le sorrido riconoscente. 

Finita la cena, tutti i presenti, eccetto me, si radunano in salotto. Odio dover fare buon viso a cattivo gioco, odio dover fingere di essere felice per Danny, quando in realtà vorrei soltanto urlargli contro di restare. Raggiungo camera mia con la scusa di aver dimenticato una cosa. Chiudo la porta a chiave e mi lascio andare ad un pianto liberatorio. Le lacrime bagnano le mie guance, consumano i miei occhi, impediscono al mio cuore di battere regolarmente. Sto soffrendo, di un dolore che credevo, anzi speravo, di poter superare. Quando finirà tutto ciò? Quando potrò ritornare a sorridere, voltare pagina e guardare al passato con spensieratezza? 

Passano i minuti, e nessuno viene a cercarmi. Cosa speravo, che Danny bussasse alla mia porta e, dopo aver fatto irruzione, mi riempisse di baci? Sono stata io ad allontanarlo, è giunto il momento di farmene una ragione... Lo devo fare, per me, per la mia salute mentale e fisica.

Sto per rassegnarmi alla realtà dei fatti, quando sento bussare alla porta.
Asciugo in fretta le lacrime e vado ad aprire.
Ti prego, fà che sia Danny. Fa che sia lui...

Apro la porta e... il sorriso mi muore in gola.
Non è Danny, non si tratta nemmeno di Alan.
Di fronte a me, in tutto il suo splendore, c'è Mavis. La ragazza carica e coccolosa, dolce e tranquilla, che ha preso il mio posto nel cuore di Danny.

"Cosa ci fai qui?" le chiedo brusca. Non mi importa di risultare antipatica, lei è l'ultima persona che mi aspettavo di vedere al momento. E poi, come ha fatto ad entrare?

Usando la porta forse?

"Ciao Savannah, possiamo parlare?" Ha un sorriso timido stampato in volto che non fa altro che rendere tutto più complicato. Cosa devo fare? Se le dicessi di andar via, rischierei di ferire i suoi sentimenti. In fondo, questa ragazza non mi ha fatto niente, non è lei la causa dei miei problemi.

Il mio adorabile rimpiantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora