2.04 PM
Oggi è l'ultimo giorno di scuola, e questa è l'unica motivazione per la quale io sia qui oggi; se fosse stato un qualsiasi altro giorno di scuola non ci sarei venuta.
'Dione ha perso il bambino.'
È la frase che continuo a ripetermi da ieri, ininterrottamente, mi ha tormentata tutta la notte, non permettendomi di chiudere occhio. Non ho visto né Penny, né Stan oggi. Credo siano scandalizzati quanto me. Dione sarà ancora in ospedale; non so quando iniziano gli orari di visita, ma la raggiungerò il prima possibile. Mi sento completamente svuotata, mi aggiro per il cortile come uno zombie in cerca dell'autobus. Infatti eccolo là, tutta una folla di ragazzi si accalca contro le porte, impazienti di tornare a casa per raccogliere i libri scolastici in uno scatolone da portare alla festa di fine anno per bruciarli. Io non mi azzarderei mai, ho bisogno di venderli. Anche i miei pensieri sono pesanti, sento il mio corpo cedere sotto di essi, è come se avessi un incudine sopra la testa.
-Eve- sento chiamarmi, e a malapena riesco a voltarmi nella direzione di questa voce che mi confonde la mente -Devo parlarti-
Stan ha due enormi occhiaie sotto gli occhi stanchi, ma la sua espressione è calma e affranta. Ha trascorso tutta la notte in ospedale accanto a noi, mentre io dormivo seduta scomodamente su una sedia nel corridoio accanto a lui, e Penny era accoccolata ai piedi di Dione, come un cagnolino. Ma è rimasto anche questa mattina, infatti non ha nessuno zaino che gli grava sulle spalle.
Io annuisco rivolgendogli un cenno in direzione dell'autobus strapieno. Saliamo in silenzio e, non trovando alcun posto libero, rimaniamo in piedi aggrappandoci a sedili qua e là, ma già mi sento soffocare stretta in questo abitacolo. L'autobus parte e mi tengo stretta al mio appiglio con tutta la mia forza di volontà.
-Di cosa volevi parlarmi?- sussurro alzando lo sguardo su Stan che mi sovrasta con la sua altezza; non sapevo fossimo spalmati l'uno contro l'altro, cerco di discostarmi il più possibile dall'odore della pelle nuda delle sue braccia scoperte. Sa di ospedale e fumo di sigarette, con solo un vago sentore di colonia quasi completamente sovrastato.
-So che non è il luogo giusto per dirti queste cose, ma perdonami- mormora chinando la testa sulla mia per avere un minimo di privacy e io annuisco, non è il primo dei miei problemi in realtà. Stan ha bisogno di sospirare, e sento l'aria scacciata dai suoi polmoni solleticarmi i capelli sulla nuca.
-Dione non è più qui-
Mi volto di scatto guardandolo atterrita.
-Cosa?!- mi lascio sfuggire un urlo acuto, mentre sento gli occhi pizzicare.
-No, scusami. Eve, non intendevo...- dice in difficoltà voltandosi per vedere gli altri ragazzi sul pullman che ci fissano allarmati. Stan mi prende le spalle tra le mani guardandomi intensamente negli occhi e riprendendo a sussurrarmi: -Dione sta bene, ma è andata via, ha lasciato la città con la madre, Eve. Ha detto che non poteva sopportare questo luogo un altro minuto-
-E quando torna?- gli chiedo ricomponendomi e mi sento un po' una bambina.
'Dione sta bene.'
-Questo non lo so, non credo che lo sappia nemmeno lei-
Sento la terra sparire sotto i miei piedi, e il mio unico appiglio alla realtà sono le mani di Stan che mi stringono in superficie.
'Dione è andata via.'
Mi sembra una frase completamente senza senso. Dione appartiene alla mia realtà, a quella di Penny, come può essere sparita nel nulla.
-Non possiamo andare da lei?- chiedo, e la mia voce si affievolisce sempre di più.
-Non penso che sia quello che voglia in questo momento. Lasciarle un po' di spazio è la scelta più giusta- mi risponde Stan annuendo con forza, sembra volermi trasmettere un briciolo della sua determinazione. Ma io non sto bene.
'Io non sto bene.'
-Voglio scendere- borbotto mangiandomi qualche lettera e Stan mi guarda interrogativo; non mi ha capita.
-Voglio scendere!- alzo la voce per farmi sentire dall'autista che sobbalza sul suo posto guardandomi di sbieco.
-Mi faccia scendere!- gli urlo allora contro con un'espressione di supplica stampata sul volto camminando scompostamente per raggiungere l'uscita, mentre sento i passi di Stan seguirmi. L'autobus si ferma all'improvviso e non mi scontro contro la porta solo perché Stan riesce prontamente a trattenermi per un braccio. Le porte si aprono e io mi precipito fuori stringendo le dita attorno alle inferriate del cancello che mi trovo davanti fino a quando le mie nocche non diventano bianche per lo sforzo. Sento l'aria sfuggirmi dai polmoni, non riesco a respirare e comincio ad annaspare. Stan mi scosta le mani dalle sbarre di ferro stringendole nelle sue, mi volta verso di lui avvicinando il suo viso al mio per catturare i miei occhi e posare la sua fronte contro la mia. Ho bisogno di calmarmi, ma il mio cuore continua a battere e consuma in un attimo il poco ossigeno che riesco a respirare. Le mie mani tremanti si aggrappano a quelle di Stan, mentre i pensieri corrono nella mia testa senza fermarsi un attimo per permettermi di leggerli e assimilarli.
'Ma va bene così', mi dico sentendo lo sbuffo del pullman che riparte stizzito.
Devo affrontarlo, questa è la maledetta realtà, e per quanto possa essere difficile fronteggiarla, devo farlo. Quindi stringo i denti sentendo la forza impossessarsi di me. Ho bisogno di comprendere e digerire la situazione, ma non ora. Tutto ciò che m'importa in questo momento sono i miei polmoni che si riempiono della stessa aria che respira Stan.
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-my psycho luv
Ficção AdolescenteEve è una ragazza influenzabile, e fin da piccola ha vissuto una vita dettata da sua madre che però, dopo l'arrivo di Stan, le sta scomoda. Le è sempre stato permesso di sognare nel suo piccolo, e andare oltre sarà difficile e, conoscere la realtà d...