Nine

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«Bene, come va?» Mi chiese Michael, mentre eravamo seduti su una panchina del parco.

«Alla grande, lei è cotta di me ed io no.» Ironizzai, mentre lui mi passava la canna che avevamo iniziato in due.

«Non ti piace neanche un po?» Sospirai, guardandolo.

«Lo sai, non posso dividere il cuore a metà.» Mormoro e lui sbuffa.

«Lo sai che ti passerà, resterete come sorelle e niente cambierà.» Annuii, convinta che anche questa mi sarebbe passata.

Dopo tutto, non posso innamorarmi di una ragazza che vedo come una sorella, va contro la fisica, contro me. Ma infondo non potrei innamorarmi di nessuno, io non sono per queste cose.

«Già, è vero. Ma con Lauren va sempre peggio, non la sopporto più.» Cercai di cambiare discorso.

«Io sono del parere che non abbia coraggio di dirlo ai tuoi, quindi potresti anche finire qui la scommessa.» Scossi la testa, negando.

«Ne sarebbe capace, te lo assicuro. Adesso devo andare, mia madre questa sera ha fatto il polpettone di famiglia.» Alzò gli occhi al cielo, per poi alzarsi seguito da me.

«I miei invece mi hanno cacciato di casa, mi hanno visto con la cocaina. Sono da Normani, adesso.» Mi portai una mano sul viso, esasperata.

«Perché sei stato così stupido?» Chiesi e lui alzò le spalle.

«Non lo so, ero mezzo fatto. E poi era destino, mi avrebbero cacciato lo stesso. Ci vediamo, Mila.» Sorrisi, per poi vederlo andare via.

Mi chiedevo come ci eravamo ridotti a questo: Sesso, droga, uscite nascoste. Tutto girava attorno a questo. Tipi con cui uscire, per poi svegliarsi il giorno dopo sempre in un letto diverso, sola. Ma in realtà mi piaceva, era come avere un diverso giocattolo ogni giorno, pronto da rompere.

E forse, lo avrei fatto anche con Lauren. L'avrei rotta, per poi buttarla nella scatola delle cose usate insieme a tutto il resto. Ma lei era così ingenua, forse troppo per una stronza del genere. Ma mi sarei divertita con lei, e non avrei di certo permesso che la piccola brava ragazza ancora viva in me, si facesse viva.

Non in quel momento, non in quel caso.

Tornai a casa, stirandomi con le mani la gonna color panna che avevo. Quel giorno, avevo un completo color panna fin sotto al ginocchio, che non faceva trasparire neanche una delle mie curve. I capelli erano legati in una crocchia ordinata, quasi perfetta e il trucco era inesistente. Odiavo questa cosa.

«Ecco Camila! Bambina, vieni a sederti a tavola, è quasi pronto.» Mi sedetti vicino a mia sorella e le sorrisi, ringraziandola ancora una volta per essere rimasta.

Aveva deciso di rimanere ancora due giorni, forse le faceva pena la sua povera sorellina in questa casa, con i due maniaci del controllo che avevamo davanti. Mio padre, in quel momento, stava guardando la forchetta attentamente, cercando forse un alone di sporco che mia madre, perfettina com'era, non aveva di certo lasciato.

Era tutto così perfetto, che non capivi cosa fosse diverso tra loro ed una casa delle bambole. Bianco ovunque, niente macchie. Tutta perfezione, tutta apparenza. La gente non poteva capire quanto facesse schifo vivere in mezzo al niente, in mezzo a questo loro protagonismo in tutto.

«Come va la scuola, Camila?» Mi chiese mia sorella ed io sorrisi ancora tiratamente, mentre mia madre, che metteva la carne in tavola, mi guardava fiera.

«Benissimo. I professori mi hanno detto di recente che la mia media scolastica era degna di nota e che avrei potuto essere in classifica con i più bravi di tutte le scuole.» Esclamai, falsamente.

Black Mail //Camren Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora