Twelve

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Sentii dei rumori forti dalla mia finestra, ma cercai di non farci caso visto che erano le sei del mattino.
Mi sarei dovuta svegliare alle sette e quindi un'altra ora per dormire non mi dispiaceva.

Sentii di nuovo quel rumore assordante al vetro della finestra ed esasperata, mi alzai per andare a vedere.

Assonnata aprii la finestra e quel rumore assordante capii subito che proveniva da dei sassi del mio giardino che venivano tirati alla finestra, perché proprio in quell'istante in cui stavo aprendo il vetro, invece di contrarsi con esso, lo ha fatto con la mia faccia.

Ammaccata, presi una scarpa dal mio armadio e rabbiosamente guardai Lauren.

«Cara Jauregui, io non so che problemi ti affliggano ma so quanto dolore faccia questa scarpa che ho in mano sulla tua faccia. Vuoi provare?» Ringhiai e lei rise, facendomi venire i nervi.

«Scusami non volevo prenderti in faccia, scusami davvero tanto.» Alzai le spalle.

«Resta comunque una domanda che mi sorge spontanea: che cazzo ci fai qui?» Assottigliai gli occhi e lei cercò di arrampicarsi sul tubo dell'acqua da dove scendevo ogni sera per andare con i miei migliori amici a far casino.

La mia vita era monotona: scuola, amici, Pub, droga, sesso. E poi? Poi si ripeteva. Però di questi tempi la cosa si era allargata e in uno spazio infinitamente piccolo compariva "Jauregui."

Persa nei miei pensieri non mi ero accorta che Lauren era praticamente entrata nella camera, e che adesso si trovava sul mio letto.

«Buon giorno piccola.» Mi sdraiai accanto a lei, prendendo il mio cuscino e un lembo di coperta.

«Piccola è la cosa che hai in testa, Jauregui. E adesso lasciami dormire.» Lei sbuffò, per poi prendermi il cuscino e metterselo sotto la sua testa.

«Amica, così me lo infetti.» Dissi ma lei non sembrava badare al suo gesto.

«Amica? Io sono la tua ragazzola, altro che amica. Inoltre, non mi piace come eri avvinghiata a Clifford l'altra sera.» Cercai di trattenere una smorfia e falsamente mi misi sopra di lei.

Mi guardava, quasi imbarazzandomi. Mi avvicinai al suo orecchio.

«E quindi, cosa mi fai?» Sussurrai e lei si irriggidì mordendosi il labbro.

Mi mossi sopra di lei, giustificandomi con il "dovevo prendere gli occhiali sul comodino." e a quel gesto gemette, ed io risi.

Ero proprio una stronza, già.

«Bambina, ti ecciti con così poco?» Mi
levai ancora ridendo e lei si guardò i pantaloni, per poi alzarsi.

«Devo andare in bagno.» Mormorò ed io feci una smorfia.

«Non andrai nel mio bagno.» Fece un verso di lamento non molto femminile per poi girarsi verso di me.

«Sei una stronza, Camila.» Le feci un occhiolino, per poi vestirmi.

Mi misi un cardigan, una maglietta aderente bianca, ed una gonna anch'essa aderente nera. Mi feci uno chignon e guardai Lauren, che sorrideva.

Alzai gli occhi al cielo, e lei si riprese dal suo momento di trance.

Presi lo zaino che feci la sera prima e feci un cenno a Lauren.

«Vai via.» Lei scosse la testa, ed io mi irritai.

«Di certo non puoi scendere di sotto con i miei che mi credono una santa, se ci vedessero insieme penserebbero che abbiamo fatto qualcosa.» Si avvicinò ed io alzai gli occhi al cielo, al suo sguardo ammiccante.

«E lasciaglielo credere no? E poi immagino che a tua madre io vada a genio, guarda che viso angelico che ho.» Si vantò ed io presi lo zaino, che aveva buttato per terra appena entrata, e glielo lanciai al volo.

«Prendi il tuo zaino e scendi da dove sei entrata, arrivo tra poco.» Dissi e lei mi sorrise radioso e cercai di non sorridere di rimando anche io.

Cosa mi stava succedendo?

Scesi con lo zaino di fretta, prendendo solo una mela, che non avrei mangiato. Troppo salutare, ero più una tipa da carboidrati.

«Vai di già, tesoro?» Annuii, dando un bacio sulla guancia sia ai miei genitori sia a mia sorella.

«Si, ho una simulazione del test di fisica e vorrei essere in anticipo per far buona impressione.» Inventai e mi stupii della credibilità della cosa.

«Va bene amore, fai la brava.» Uscii di casa e andai velocemente fuori dal cancello, e mi accesi una sigaretta velocemente.

«Vuoi?» Le chiesi e lei fece una smorfia di disgusto, scuotendo la testa.

Dimenticavo, lei è la ragazza popolare anti droga, anti sigarette e che ogni domenica gioca a flipper con il parroco della chiesa della città.

«Perché sei venuto a casa mia?» Chiesi e lei alzò le spalle.

«Beh ero nel mio letto e stavo pensando a quanto eri sexy nel vestito dell'altra sera al Pub, così mi sono chiesto: sarà sexy anche in pigiama? E ho avuto la mia risposta.» Ridacchiai, per poi passargli la sigaretta, mentre lei la guardava incerto.

«E quale sarebbe?» Chiesi mentre guardavo il suo profilo, mentre lei alzando le spalle provò a fare un tiro.

Se avevo detto che Lauren era un bel ragazzo, mentre fumava era a dir poco spettacolare: la mascella, il naso con il piercing e il fumo che usciva dalle sue labbra coperte da uno strato di lucido, causato dal suo passarci la lingue milioni di volte.

«Più che sexy.» Parlammo tra le sue battute perverse e le mie risposte acide per tutto il tragitto a scuola, e quando ci trovammo per il giardino mi prese la mano ed io lo guardai confusa.

«Cosa stai facendo?» Sussurrai, mentre la gente ci guardava curiosa e invidiosa.

Beh, come poterli biasimare. Lauren era una ragazza che qualunque ragazza e ragazzo si era sognata almeno una volta ed io, non ero da meno.
Quando si dice che l'autostima manca,la puoi trovare da me.

Stavamo per entrare nel carridoio quando una voce da oca giuliva ci interruppe.

«Lauren, oggi dovevi portarmi tu a scuola.»

Black Mail //Camren Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora