四 (nuvola di uccelli canterini)

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– 28 aprile 1846

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– 28 aprile 1846.

«Dai, dov'è che stiamo andando?» borbottò Jeongguk, falsamente scocciato, ma davvero curioso di dove si stesse dirigendo sotto la guida del più grande.
Quel giorno Taehyung si era svegliato presto e aveva deciso di uscire a piedi, portando con sé il minore, affermando di voler passare una gionata all'aria aperta, visto il sole che splendeva alto in cielo.
Il viaggio a piedi, però, era lungo e – orientandosi col sole e la sua intensità – i due ragazzi capirono che era ormai quasi mezzogiorno.
Taehyung sorrise al sentire il suono della voce del suo amico che, esausto, camminava verso una meta sconosciuta.
«Suvvia, Jeongguk! Non comportarti come se ti stessi portando in un castello costruito apposta solo per te! Non fraintendermi, però, se potessi te ne regalerei uno!»
Jeongguk arrossì lievemente, chiudendo subito dopo la bocca.
Fortunatamente passò poco tempo e i due videro, davanti ai loro occhi un bellissimo cielo azzurro con il sole a mezzogiorno che faceva sfondo a un gruppo di verdissime colline; a valle di queste vi era un lago circondato da alte e robuste canne, poco più in là una zona verde di alberi dalla quale di tanto in tanto si sollevava una nuvola di uccelli, gli stessi che con il loro canto melodioso accompagnavano la visione di quel paesaggio.
In primo piano, Jeongguk notò un salice piangente che con le sue foglie accarezzava il continuo scorrere di un fiumicello che era la casa di una numerosa famiglia di tartarughe d'acqua.
«Mh?», sorrise Taehyung, voltandosi verso il suo amico, «in questo modo potremo stare da soli. Niente Seokjin, niente domestici... Vieni, bagnamo i piedi!» sorrise contento il maggiore, trascinando dietro di sé il suo amico, il quale lo guardava in modo strano da qualche tempo.
In realtà, neanche lui riusciva a definire con altri aggettivi il termine 'strano'.
Pensava che il suo vocabolario fosse ancora povero e, come avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione, avrebbe voluto chiedere a Taehyung un aiuto, ma visto che si trattava proprio di lui, per evitare fraintendimenti, lasciò perdere.
Quello che intendeva davvero era che, quando lo guardava, rimaneva incantato; invece, quando gli diceva determinate cose come quella di regalargli un castello – sebbene sappesse che si trattava di uno scherzo –, non sapeva che rispondere, arrossiva e successivamente si zittiva.
E proprio in quel momento Jeongguk avvertiva un sentimento così forte da renderlo molto frastornato: Taehyung era lì, davanti a lui, che correva scalzo mentre lo trascinava verso l'acqua del lago, e non riusciva a non pensare alla sua figura eterea mentre si girava di tanto in tanto per guardarlo e mostrargli un sorriso a trentadue denti.
Lo trovava semplicemente mozzafiato, e quasi detestava essere sempre tra le nuvole per colpa sua.
Si risvegliò dai suoi pensieri quando vide che erano molto vicino all'acqua del lago e Taehyung non accennava a rallentare.
«Taehyung, frena, finiremo per cadere in acqua!», ma quel giorno Taehyung sembrava così euforico da non sentire gli avvertimenti dell'altro che si era dimostrato essere più prudente e responsabile di lui.
Come previsto dal minore, arrivato all'ultimo centimetro di terra, il più grande non riuscì a fermarsi e assieme finirono in acqua, causando numerosi schizzi nell'ambiente circostante.
Gli uccellini, sull'albero vicino, volarono via impauriti e, dopo il rumore del loro sbattere d'ali, non si sentì più niente.
I due, invece, sentirono un brivido scorrergli lungo tutta la schiena.
L'impatto con l'acqua fredda sui loro corpi caldi non era una delle sensazioni più piacevoli in aprile, ma Jeongguk, capace di nuotare, provò una sensazione ben peggiore di quella del freddo sulla pelle: la sua mano, dapprima intrappolata nella presa di Taehyung, ora era libera.
Il corpo del ragazzo fu invaso dal panico e d'istinto emerse, riprendendo fiato, per poi rituffarsi per afferrare Taehyung prima che fosse troppo tardi.
Nuotò per un po', fin quando non vide il corpo del suo amico fare il minimo dei movimenti per salire a galla.
Lo afferrò velocemente per un braccio, nuotando fino ad emergere soltanto con il capo.
Taehyung iniziò di colpo a tossire, mentre si aggrappava disperatamente al corpo del minore.
Jeongguk non disse né fece niente, si limitò a stringergli la vita con un braccio mentre pian piano l'altro cercava di riprendere a respirare normalmente.
«Dio, Jeongguk»... la sua voce, bassa, era flebile.
«Jeongguk, cosa, Taehyung?» il tono stranamente severo del minore sorprese l'altro ragazzo.
«Sei imprudente, Taehyung, ti avevo detto di fermarti! Se non avessi saputo nuotare? Cosa sarebbe successo ad entrambi? Hai messo in pericolo ben due vite! La mia, e anche la tua!» Taehyung si sentì male alla vista del suo viso arrabbiato.
Niente gli aveva mai fatto perdere le staffe: quando litigava con Seokjin mentre sfilava calci e pugni aveva sempre la solita espressione impassibile.
Quella fronte corrugata, quegli occhi assottigliati che vagavano in ogni parte del suo viso, quei denti e quella mascella serrati, quella voce da rimprovero, quelle vene del collo visibili, quel braccio fin troppo stretto che gli circondava la vita... Non aveva mai visto Jeongguk così e non gli piaceva affatto.
«Mi dispiace, i-io...»
Jeongguk nuotò fino ad appoggiare Taehyung sulla terra asciutta, per poi sedersi accanto a lui, fissando intensamente l'acqua del lago.
Fuori dall'acqua, all'aria aperta, bagnati, non si stava molto bene: faceva freddo e, se Taehyung tremava, Jeongguk faceva di tutto per non darlo a vedere.
Il maggiore capì che non era il caso di dire qualcosa, perciò poggiò la testa sulle ginocchia, guardando in un punto impreciso.
Dopo un po' di tempo passato a fissare anch'egli l'acqua di fronte a lui, guardò alla sua destra, notando Jeongguk ancora intento a non rivolgergli neanche uno sguardo.
Si spostò un po' più verso il suo corpo, e rimase ancora in silenzio.
Alzò il braccio e lo poggiò sulla camicia bagnata – che faceva vedere il corpo esile del minore –  per poi far scorrere la mano lungo la parte bassa della schiena, anch'essa visibile.
Fece risalire la mano fino ad appoggiarsi sul collo, per poi fare il tentativo di abbracciarlo. Jeongguk, contrariamente da come si aspettava l'altro, non si detrasse né trasalì quando venne toccato, ma non ricambiò il gesto.
«Ho freddo», mormorò finalmente il più grande, ma il corvino fu subito pronto a ribattere: «È colpa tua.»
Taehyung roteò gli occhi: «Lo so, ma ti ho già detto che mi dispiace! Basta essere arrabbiato con me, è una cosa futile!»
Jeongguk si girò lentamente verso di lui, riservandogli un'occhiata di fuoco: «Futile? Buttarsi in un lago, trascinando un'altra persona dietro quando non si sa nuotare è una cosa futile per te?»
«Non l'ho fatto apposta! È stata l'euforia del momento! e basta puntualizzare il fatto che abbia messo in rischio la tua vita! Basta preoccuparsene! Basta essere arrabbiato con me! Sei vivo, dannazione!»
«Preoccuparmi per la mia vita? Taehyung, non so se hai capito bene quello che vorrei farti intendere. Io sono arrabbiato perché hai messo in rischio la tua, di vita! Avanti, mi conosci, ti sembro uno che si preoccupa per la propria? Ho avuto paura di perdere te, non me stesso, Taehyung. Pensavo l'avessi capito.»
Il maggiore si limitò ad abbassare il capo: era incapace di formulare qualsiasi tipo di frase, perciò preferì stare zitto.
«Adesso torniamo a casa.»
«No! Per favore, rimaniamo qui. Non volevo rovinare questa giornata. Mi dispiace, d'ora in avanti cercherò di non essere così imprudente. Però, per favore, ho freddo, stai qui...»
Jeongguk allora tornò a sedersi, immergendo i piedi in acqua, scendendo fino a bagnarsi fino al collo.
Fece cenno all'amico di fare lo stesso, promettendogli di tenerlo stretto e Taehyung, senza pensarci due volte, si buttò tra le sue braccia, sentendo i suoi fianchi venir circondati dalle braccia del più piccolo; posizionò la testa nell'incavo del suo collo e restarono così per un tempo che a loro parve lunghissimo.
«Non dovresti pensare troppo agli altri... finisci per dire quelle cose su te stesso...»
«Quali cose?» chiese Jeongguk, concentrato a guardare l'acqua davanti a sé mentre le braccia – nonostante fossero esili – tenevano stretta la presa sui suoi fianchi.
«Hai detto che non ti sei preoccupato per te stesso, ma soltanto per me, anche se io avevo inteso il contrario. Questo potrebbe farmi piacere se fossi un egoista, e non ti nego che queste preoccupazioni, in un certo senso, mi fanno sentire speciale, ma so anche ragionare e capire che dovresti preoccuparti anche per te stesso...»
«Quindi ti sei confermato un egoista?» ridacchiò il minore, facendo scuotere vigorosamente il capo all'altro, che si affrettò a chiarire, o almeno ci provò dato che, all'aprir bocca di Taehyung, Jeongguk gli rispose che aveva capito cosa intedeva realmente.
Jeongguk però aveva evitato di rispondere: non voleva ammettere ad alta voce che Taehyung era la sua persona speciale, gli piaceva che lo intendesse da solo.
Ma quando il più grande accennò l'altruismo che non gli apparteneva ebbe qualche dubbio: che non avesse capito che egli avrebbe fatto qualsiasi cosa a qualsiasi costo solo per lui e per nessun altro? O magari lo sapeva, invece, e per non sembrare ancora più egoista aveva parlato di sé collettivamente, includendosi ne 'gli altri'?
In ogni caso, Jeongguk lasciò perdere, uscendo dall'acqua col suo amico.
Strizzarono i loro indumenti, si posizionarono al sole e aspettarono di asciugarsi.
Purtroppo non era estate, e ci misero molto, ma ad entrambi non dispiacque stare assieme per altro tempo, limitandosi a guardarsi negli occhi, ad accennarsi sorrisi di tanto in tanto.
Per tutti quegli anni Taehyung si era comportato da fratello maggiore, ma quel giorno si comportò in modo così irresponsabile da far diventare Jeongguk serio e, agli occhi del maggiore, dominante.
«Sei asciutto?» chiese questi, dopo ore passate sotto al sole caldo.
«Non proprio... ma incamminiamoci, il sole sta per tramontare e non aiuterà la nostra salute. Dobbiamo solo sperare di non esserci presi un malanno.»
Taehyung annuì leggermente, rimettendosi sulla via del ritorno, ma non prima di aver chiesto, così, per sicurezza:«Sei ancora arrabbiato con me?» al quale Jeongguk rispose con un sorriso e una mano fra i capelli, scompigliandoli.
«Non potrei mai.»

I due ragazzi tornarono a casa tardi, chiesero che gli venisse preparato un bagno caldo, cenarono e, mentre fecero per andare a coricarsi, Haeun li chiamò, domandando loro dove fossero stati per tutta la giornata. Taehyung fece per parlare, ma Jeongguk lo precedette: le raccontò che il maggiore lo aveva portato al lago, e avevano parlato per tutto il tempo mentre, rilassati, tenevano i piedi in acqua.
Ella gli domandò cosa avessero mangiato, ma risposero che non avevano toccato né cibo né acqua, motivo per il quale a cena avevano divorato tutto in pochi minuti.

«Al di là di quello... Uhm, ti ha fatto piacere stare con me oggi?» domandò Taehyung, girandosi verso Jeongguk che stava riposando nel letto accanto.
Questo accennò un segno positivo con la testa, portando la coperta fino a sotto agli occhi.
Taehyung avrebbe voluto chiedergli se fosse arrossito, ma quel gesto era già una conferma, perciò lasciò perdere.
Accennò un sorriso e chiuse gli occhi, ma senza riuscire a dormire.
Si girò dopo poco, dando le spalle al minore, ma proprio non riusciva a riposare.
«Senti Jeongguk, io...» sbuffò, e smise di dare le spalle all'amico, ma non disse altro quando vide i suoi occhi chiusi e sentì il suo respiro pesante nella stanza.
Sorrise amaramente, ma poi si prese del tempo per ammirare la sua figura rilassata che dormiva beata.
«D'altronde, è stata una giornata stancante...»

💖
rip tae, voleva fare qualcosa di carino ed è stato sgridato ):
comunque i vibes di questo capitolo sono bellissimi! il tempo ci azzecca proprio, dato che siamo ad aprile!
quando l'ho scritto era luglio/agosto e mi riferivo proprio a queste temperature primaverili!

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