epilogo (la quiete dopo la tempesta)

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– 17 novembre 1873

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– 17 novembre 1873.

Tre giorni dopo Jeongguk non fu più lo stesso: non era lo zio dolce che si prendeva cura di Seoyun, il padre che stava cercando di diventare per Haruka, il padrone amorevole per i servi... Jeongguk era diventato assente e quando era in casa i domestici si stizzivano a causa della sua presenza.
Jeongguk di notte usciva di nascosto e stava lontano per giorni; poi, quando gli andava, ritornava.
Ogni volta che rincasava il suo aspetto era diventava sempre più tetro e disgustoso: quel quarantenne affascinante che tutti nella città di Seoul guardavano era completamente svanito e nessuno sapeva dove.
Quell'essere che tornava a casa aveva delle occhiaie non violacee, ma addirittura nere, la sua pelle urlava disperato riposo tanto che si era seccata e invecchiata tutto d'un tratto.
Haeun gli preparava la colazione, il pranzo e la cena, ma mai toccava cibo.
«Non lo faccio apposta, davvero» diceva puntualmente, e spostava lontano da sé il cibo che gli faceva venire una strana sensazione allo stomaco: non era affatto piacevole sentire il disgusto nella bocca solo a guardare ciò che Haeun preparava con tanto affetto.
Le sue labbra erano secche peggio del deserto. Nemmeno beveva, quella creatura! Come faceva a stare in piedi Haeun proprio non lo sapeva.
Tutti respiravano un'aria tetra, in quella casa.
Jeongguk si era incupito tutto d'un tratto e nessuno riusciva a spiegarsi il perché.
Sembrava essere tormentato, ma da cosa? Quali erano i problemi che lo affliggevano così tanto da ridurlo in quelle condizioni?
«Non riesco nemmeno a dormire, giuro che ci provo però» diceva ad Haeun, che puntualmente riprendeva il piatto che aveva preparato appositamente per lui senza che fosse stato né toccato né addirittura guardato, a volte.

«Su, riprovaci,» parlò Seoyun, poggiando dolcemente il capo sulla spalla di Haruka, che ogni giorno si esercitava a leggere con la fanciulla.
Quel giorno, come d'abitudine, Seoyun ascoltava il maggiore leggere.
«La biografia dell'autore...» iniziò, e chiuse gli occhi d'istinto, aspettandosi qualche botta in fronte.
Ma Seoyun era totalmente rilassata e aspettava che continuasse.
«E poi?» disse stranita, non capiva perché avesse fatto quella lunga pausa: che diamine stava aspettando?
Haruka sorrise misto tra sorpreso e soddisfatto e continuò a leggere, felice della vicinanza: ormai Jeongguk, quelle poche volte che li incrociava in quella casa, faceva finta di non notare quanto fossero legati.
La verità era che il padrone non si curava di loro, ma i giovani credevano che li stesse lasciando da soli per poter favorire un'amorevole convivenza.

Haeun preparava la colazione in cucina, quel giorno, quando venne distratta dalla porta di casa.
«Signor Jeon!» esclamò prima che potesse addirittura vederlo; si pulì le mani sul grembiule sporco che indossava e accorse verso di lui.
«Signor Jeon!» disse a sua volta Jimin, che si trovava in giardino, entrando in casa dopo di lui con una lettera tra le mani.
«Finalmente è tornato!» esclamò, «dov'è stato? Se posso chiedere...» disse, ma Jeongguk si scaraventò su una sedia senza dire nulla. Sembrava stanco, ed era anche parecchio sporco agli occhi dei domestici; in particolare, Haeun ebbe l'impressione di vedere quel bambino sudicio di tanto tempo prima sullo stipite della porta.
«Vuoi sapere dove sono stato, Jimin?» ripeté retorico la sua richiesta, un ghigno strano, non perverso, gli incorniciò improvvisamente il volto.
Il giovane domestico deglutì: chi era quell'uomo seduto di fronte a lui? Non credeva di conoscerlo affatto.
Era come se una nuvola di terrore gli giacesse sulla testa e lo rendesse così tetro.
«Ma non te lo dico mai, perché ti ostini a domandarmelo?»
«Mi preoccupo per lei, signore» disse, «l'ho sempre fatto.»
Jeongguk si alzò di scatto in piedi, sorridendo beffardamente: «Allora va bene!» esclamò, «mi hai convinto, te lo dirò dove sono stato, Jimin. Vieni anche tu, Haeun. Siediti pure.»
I domestici fecero come ordinato e aspettarono con le mani sulle ginocchia, i loro pensieri erano gli stessi: quasi si pentiva, Jimin, di averglielo chiesto, per quanto tempo sarebbe dovuto stare lì? Haeun lo malediceva, perché mai non aveva chiuso la bocca! si era appena seduta e già se ne stava pentendo.
«Vedete...» iniziò, le sue braccia gesticolavano come se stesse ballando, la sua voce parlava come se stesse recitando, ma ai domestici quella recita non piaceva affatto, «sono stato in piazza, e sapete chi ho incontrato?» chiese, portandosi una mano sulla fronte, «Seokjin!Perdio, Seokjin vi dico! Proprio Kim Seokjin! Ed è vero che non l'hanno mai trovato, e mai lo troveranno! Le sue pene le sta scontando sulla terra, quel verme. È meglio così, sapete, il carcere gli andrebbe solo di lusso! E l'ho visto a terra, ferito. Ferito, vi dico! Ma non sono stato io, lo giuro, l'ho trovato così. E sapete che mi ha chiesto? Mi ha chiesto di aiutarlo! Di aiutarlo, perdio! Come potrei mai aiutarlo? Ha ammazzato Taehyung, quel viscido, l'ha ammazzato! Aiutarlo? L'ho preso a calci, a pugni no, solo a calci. È stato soddisfacente vederlo vivo, ma in quello stato. È quello che si merita, anzi è poco! Spero che muoia in questo preciso istante, sì, adesso, mentre sto parlando. E nessuno dovrà trovarlo, nessuno. Gli uccelli dovranno nutrirsi del suo corpo, non devono lasciare alcun resto!
Sapete, dopo che me ne sono andato di lì ho finalmente chiuso gli occhi! E ho sognato Taehyung, perdio! Dopo sedici anni, fingendo che non sia mai accaduto nulla!
E non sapete quanto è stato bello abbracciarlo, nonostante la sua pelle bronzea fosse completamente svanita. Dormiva, aveva gli occhi chiusi, e pensare che quando urlava facendomi sanguinare le orecchie sembrava volesse farmi un torto!
Ha mentito! Dov'è, adesso? Dov'è? E adesso elevo una sola preghiera, e la ripeterò fino a che la lingua non mi si seccherà –  Kim Taehyung, possa tu non trovare pace finché io avrò vita; quando urlavi mi dicevi che io ti avevo ucciso; perseguitami allora! Gli assassinati perseguitano i loro assassini, credo. Sii sempre con me, assumi qualsiasi forma, fammi impazzire! Solo non lasciarmi in questo abisso dove non riesco a trovarti! Oh Dio!»
E Haeun, così come Jimin, si domandava impaurita come mai stesse dicendo quelle cose assurde, come mai qualcuno potesse fantasticare d'inquieti sonni, con coloro che dormivano in quella terra tranquilla.
Pensò che quell'uomo dovesse amare e odiare di nascosto; e doveva considerare come una specie di impertinenza che il suo amore o il suo odio gli fossero resi.
Che avesse davvero incontrato il fratello del vecchio padrone? I domestici non sapevano se credergli o meno; era completamente impazzito, non mangiava né beveva, di questo passo la morte se lo sarebbe preso!
E la pazzia, oh la pazzia! Quella se l'era già preso, il buon vecchio Jeongguk!
Ma lei, la morte, non l'avrebbe preso alla sprovvista! Jeongguk la stava aspettando, la morte, perché l'ardiva, la pace, la pace che aveva finto che gli appartenesse per quei sedici anni, ma forse che non aveva mai realmente trovato!
Tutto ciò che aveva represso stava uscendo fuori; era un marinaio a bordo di una nave che stava affrontando una burrasca, e non c'era modo di uscirne vivo! sarebbe affondato nell'abisso dell'oceano, Jeongguk!
Non aspettò che nessuno dei due gli rispondesse, salì le scale, ma non si recò nella sua stanza.
Andò nello studio che apparteneva a Taehyung e che aveva fatto suo, e chissà se lì avrebbe trovato la quiete, prima di esplodere ancora una volta.

CUORI IN BURRASCA // KOOKV (#Wattys2020)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora