十九 (sboccia un fiore)

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– 29 giugno 1873

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– 29 giugno 1873.

«Ma com'è carino!» scoppiò in una grossa risata Seoyun, che se ne stava seduta accanto a Haeun mentre tagliava alcune verdure.
Quando Haruka si presentò a loro, padre e figlio si recarono in quello che era il vecchio studio di Taehyung per avere una conversazione privata.
Seoyun era rimasta in cucina con Haeun a spettegolare più che sull'accaduto, sul giovane arrivato.
La dolce fanciulla si chiedeva che età avesse, cosa avesse fatto tutto questo tempo!
Anche lui era uno sfortunato come lei che non aveva vissuto i suoi genitori?
Era troppo curiosa di parlargli.
Sapeva forse scrivere? Leggeva dei libri? E quali?
Era un sogno commentare dei libri assieme a qualcun altro al di fuori di Jeongguk.
«E questa risata?» chiese la domestica, «mi sembra che lo stia prendendo in giro, signorina Seoyun...»
La ragazza si mostrò offesa dalle sue parole: «Io? Prenderlo in giro!» esclamò, «non potrei mai! È identico allo zio Jeongguk, come potrei non essere sincera, Haeun? È questo che vuoi dire? Non è assolutamente così! Se dico che è come zio Jeongguk è un gran bel complimento!» rispose.
«Se lo dice lei...»
«Perché Haeun, vorresti dire che zio Jeongguk non è bello?» disse, un sorriso malizioso le incorniciava il volto.
La domestica non rispose, si finse distratta mentre preparava il pranzo per un numero di persone maggiore del solito.
Non riusciva a capire da quale delle maledizioni o benedizioni fosse affetta quella dannata famiglia Kim: c'erano sempre sorprese in arrivo. E quando sarebbero finite? Ce ne sarebbero state altre per la signorina Seoyun, una volta diventata un'adulta?
«E poi è metà coreano e metà giapponese, è davvero curioso!» esclamò poi Seoyun.
«Giapponese?» ripeté Haeun, stranita, «non ha mai detto di essere giapponese, signorina Seoyun.»
«Haeun!» rise la fanciulla, «Sora Watanabe,» disse, «Haruka... sono nomi giapponesi!» dichiarò.
«L'ho letto in un libro, ne so qualcosa. Dopo glielo chiederò per sicurezza, ma sono quasi certa che sia così!»
Il silenzio che, dopo le sue parole, calò per giusto dieci secondi fu di nuovo interrotto dalla parlantina della fanciulla.
«Cosa stanno dicendo secondo te?» chiese ancora, sventolando le gambe avanti e indietro.
«Non lo so proprio, signorina...» fece spallucce, «sicuramente stanno parlando di sua madre, staranno facendo conoscenza...»
Seoyun guardò intensamente in alto, aspettando che da quelle scale scendessero Jeongguk e suo figlio.
«Sono così annoiata e curiosa, Haeun!» si lamentò, portandosi le mani tra i voluminosi capelli.
«Via da qui con i capelli all'aria, signorina! Qui c'è del cibo. Non vorrà mica mangiarlo o farlo mangiare al suo amato zio Jeongguk con dei capelli dentro, o peggio, al signorino Haruka, spero!»
«Assolutamente no!» esclamò, «vedi, ora mi allontano da qui. Fingerò di leggere un libro così da non essere colta in flagrante quando scenderanno. Che dici, Haeun? Sono credibile?»
Fece un sorriso così grande che a Haeun venne in mente di suo padre.
Era quel sorriso quadrato particolare che metteva gioia a tutti.
E contagiata da quella felicità, Haeun non poté fare a meno di sorridere a sua volta.

«Quindi, Haruka...» mormorò Jeongguk, guardando quello che diceva essere suo figlio seduto di fronte a sé.
«Sora ti ha parlato di me?» domandò: ora che erano spariti i sensi di colpi per essere scappato via da Taehyung ecco che il suo petto ne ospitava altri: era scappato da Sora con cui aveva passato solo una notte e l'aveva messa incinta senza nemmeno saperlo!
Ma d'altronde, come avrebbe potuto?
Era scappato via.
Si malediceva, Jeongguk. Era bravo a fare cose avventate per poi pentirsene e scappare via.
Dopo anni, però, ecco che ne pagava di nuovo le conseguenze.
Adesso doveva cercare di fare un discorso sensato ad un giovane che, fino a quel momento, aveva vissuto senza la figura di suo padre.
Avrebbe dovuto spiegargli quanto fosse contorta la storia della sua vita che, in parte, nemmeno ricordava?
Doveva dirgli di essere stato adottato ed aver ereditato così, senza fatica e senza sforzo, un titolo da nobile?
Avrebbe dovuto dirgli di essere innamorato di quello che doveva essere suo fratello, di essere andato via e aver incontrato Sora per poi scappare ancora di nuovo per ritornare dalla persona che amava?
Certo che non poteva!
Avrebbe fatto spegnere il suo sorriso un batter d'occhio lo avrebbe allontanato!
Jeongguk non sapeva come comportarsi e nemmeno che reazione aspettarsi: tuttavia, dai suoi occhi luccicanti riusciva a prevedere che, qualsiasi cosa che avrebbe detto, non ci sarebbero stati né rabbia né rancore perché la gioia di vedere suo padre era più potente dei sentimenti negativi.
«In realtà poco» sospirò il ragazzo, «ho iniziato a chiedere di te quando avevo undici anni, ma la mamma ha sempre detto che eri lontano per lavoro. Soltanto due giorni fa mi ha detto come sono andate realmente le cose.
Poi è ripartita per il Giappone e mi ha consigliato di venirti a cercare per venire a vivere da te.»
Jeongguk era sconvolto: «Ti ha lasciato così?»
Haruka sorrise: «Ho diciannove anni, padre...»
Jeongguk deglutì nervoso: diamine, sono passati diciannove anni da allora...
«Cosa ti ha raccontato, Haruka?» domandò, e il giovane si sentiva così felice quando pronunciava il suo nome.
«Tu facevi lo stalliere e lei la cuoca a casa di un nobile, Lee...» gli disse, «La mamma mi ha detto che le piacevi molto, ma tu sembravi sempre assorto in così tante nuvole di pensieri che eri troppo distratto per accorgerti dei suoi sguardi, delle sue attenzioni per te...»
Jeongguk stava zitto, aspettava ch'egli finisse.
«Mi ha raccontato anche che la padrona aveva delle relazioni fuori dal matrimonio e che tu eri tanto arrabbiato per questo. E un giorno, quando entrambi stavate aspettando che tutto finisse, la mamma si è fatta avanti e mi ha raccontato – con occhi luccicanti – la gioia di vederti interessato a lei.
Mi ha detto che ti ha stuzzicato e beh...» mormorò, arrossendo.
Jeongguk gli fu grato di non aver continuato: non avrebbe saputo reggere il peso di quel ricordo.
«È così, Haruka» affermò, gli occhi scuri lo guardavano fisso senza batter ciglio.
«Lo so, padre. Vorrei sapere perché poi sei andato via dalla mamma.»
Jeongguk rise amaramente, «io... non vorrei illuderti ma non provavo nulla per la mamma.»
Haruka abbassò lo sguardo, «capisco...»
«C'era un'altra donna, da cui sei tornato?» domandò subito dopo, ristabilendo il contatto visivo.
Jeongguk fu sorpreso da quella domanda.
«Non proprio... Sono ritornato dal padre della fanciulla che hai visto prima. Eravamo molto legati e avevo abbandonato anche lui tempo prima. Ero qui per chiedergli scusa della mia lunga assenza e sono rimasto qui fino alla sua morte. Gli ho promesso, sedici anni fa, di crescerla, e così ho fatto.»
«Quindi non è mia sorella!» gli occhi del giovane tornarono ad essere pieni di una luce accecante.
«No, assolutamente. Sei il mio unico figlio e te lo posso assicurare» ridacchiò, grattandosi la nuca.
«Che sollievo!» affermò, le guance diventarono rosee.
Jeongguk fece una faccia stranita, ma Haruka fece segno di non preoccuparsi.
«Ho molta fame, padre, e sento un buon odore... Potremmo scendere?»
Jeongguk annuì, un po' stranito dalla reazione del giovane.
«Padre, poi mi racconterai di te, non è vero?» disse, «nemmeno la mamma sa cos'altro hai fatto al di fuori di quella casa dove insieme avete lavorato» disse.
Jeongguk fece un sorriso mesto: annuì di nuovo e insieme scesero le scale per raggiungere la sala da pranzo.
Vicino al camino, inutilizzato poiché estate, sedeva Seoyun, che leggeva apparentemente un libro.
«Zio Jeongguk!» esclamò questa, vedendoli finalmente scendere.
La fanciulla fece un giro su se stessa, facendo sì che il suo vestito prendesse la forma di un palloncino.
I suoi capelli erano raccolti in un fiocco lilla abbinato al suo vestito.
«Ti piace la mia coda?» domandò, «Haeun me li ha raccolti perché dice che altrimenti potrei seminarli in giro... come sto?»
Jeongguk sorrise, carezzandole amorevolmente i capelli: ancora una volta, non riusciva a non vedere Taehyung in quel visetto così dolce e ingenuo.
«Sei bellissima, Seoyun» disse, dirigendosi poi verso il tavolo.
Haruka rimase imbambolato a fissare la dolce fanciulla di cui presto apprese il nome.
Lo ripeté più volte nella sua testa: Seoyun, Seoyun, Seoyun.
Ella fece un altro giro su se stessa per poi guardarlo dolcemente negli occhi e farlo arrossire: prima che potesse dire o fare altro, si avviò per raggiungere suo zio a tavola.
«Oh, signor Jeon, non ci aveva detto che avevamo un ospite oggi» disse Doyun, servendo i piatti preparati in cucina da Haeun.
Jimin posò gentilmente il piatto di fronte a Seoyun, sorridendole leggermente.
«Grazie, Jimin.»
«Vi spiegherò tutto dopo. Anzi, sono sicuro che Haeun lo farà per me» sorrise debolmente, poi iniziò a mangiare.

CUORI IN BURRASCA // KOOKV (#Wattys2020)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora