– 15 giugno 1857.
Dall'omicidio di Yoongi e il suicidio di sua sorella erano passati quattro mesi.
Durante il processo per la sua condanna, Seokjin aveva complicato le cose sbraitando e non mostrando alcun rispetto per il giudice. Conquistando la sua antipatia, dunque, Seokjin venne condannato a cinque anni di carcere.
Non poté partecipare ai funerali dei due fratelli, celebrati e seppelliti vicini nella tomba di famiglia; la loro bambina, Da-eun, venne affidata a Namjoon affinché potesse prendersi cura di lei e farla crescere con amore, mentre i domestici che lavoravano in casa Kim dovettero cercare un'altra famiglia in cui poter lavorare.
Seoyun, d'altro canto, aveva ormai compiuto un anno.
Diceva qualche parola – perlopiù versi, in realtà –, faceva i primi dispetti (come non voler essere imboccata da Haeun quando mangiava) e incominciava ad acquisire la consapevolezza che suo padre le fosse lontano.
Questo, però, non era affatto dovuto a Jeongguk.
Anch'egli lo sentiva distante, dall'accaduto: parlava più poco, mangiava il giusto per rimanere in piedi e dormiva la maggior parte del tempo.
Non stava bene, questo era chiaro: Jeongguk sapeva che il suo malessere fosse dovuto all'incarcerazione di Seokjin, alla morte di Yoongi e al suicidio di Hea.
Quel giorno, come sempre coricato a letto, Taehyung venne disturbato dal suo migliore amico che – finalmente – aveva costruito la panca che tanto diceva di saper fare.
La trasportò con Jimin fino alla sua stanza, facendo appositamente quanto più rumore possibile.
Una volta sopra, Jeongguk aprì la porta senza bussare e la portò ai piedi del letto di Taehyung.
Applaudì rumorosamente al suo stesso lavoro, facendo svegliare di colpo il suo amico.
«Buongiorno, buongiorno!» urlò sorridente, «Ta-daa!» disse, allungando le braccia verso la panca.
«Finalmente...» mormorò l'altro, sorridendogli.
«Finalmente?» si incupì il più piccolo, «vuoi liberarti di me?» chiese.
«Magari, sei ancora in camera mia!» sorrise l'altro, ributtandosi con la testa sul cuscino.
Jeongguk si zittì per qualche secondo, poi si tuffò improvvisamente accanto a lui.
Si guardarono per un istante che parve infinito, poi Jeongguk gli sorrise carezzandogli una guancia morbida ma sciupata, mentre guardava i suoi occhi gonfi da poco svegli.
«Me lo dici che succede?» disse ad un certo punto, facendo morire il sorriso che aveva sul viso e che glielo illuminava.
Taehyung deglutì, abbassando lo sguardo sul braccio dell'amico che, nonostante tutto, continuava ad accarezzarlo.
«Che...» deglutì, «che intendi?»
«Lo sai che intendo, Taehyung» rispose, bloccando ogni movimento.
«No, non lo so» si ostinò l'altro.
Jeongguk non poté non fare un lungo sospiro chiudendo gli occhi.
«Allora te lo spiego,» disse, e parlò soltanto quando il suo amico ebbe annuito.
«Da quando è successo tutto quello scandalo, cinque mesi fa, sei diverso» parlò diretto, senza giri di parole.
Taehyung strabuzzò gli occhi, ma non disse niente.
«Non provare a negare, ti pesto se ci provi» lo avvisò arrabbiato, corrugando la fronte.
Poi sembrò calmarsi e continuò: «Lo so che il fatto di aver aiutato i poliziotti nell'incarcerazione di tuo fratello ti fa star male. Non capisco perché stai così male per quei due, però.»
«Ma loro...» provò a dire Taehyung, ma venne bloccato.
«Loro hanno deciso di suicidarsi. Lo so che in teoria Yoongi è stato ammazzato, ma se è morto è perché ha voluto che Seokjin lo ammazzasse, lo ha detto lui stesso e quella lettera scritta ad Hea lo confermava. In caso contrario, sarebbe stato Yoongi a farlo fuori. Hea, dal canto suo, è stata egoista: si è ammazzata anche se Yoongi le aveva esplicitamente chiesto di badare alla loro figlia. A lei non è importato niente, le interessava soltanto del suo rapporto carnale con suo fratello, Taehyung,» parlò, non distogliendo mai lo sguardo da quello dell'altro, «L'amore non è solo quello fisico. Se avesse davvero amato Yoongi per quello che era e non soltanto per il suo corpo, avrebbe sofferto restando in vita, crescendo la bambina che era frutto del loro amore!» spiegò con occhi luccicanti: poteva non sembrarlo, ma Jeongguk pensava a quell'accaduto proprio come stava facendo lui.
«Io... io mi sono pentito di averlo spedito in cella, e non volevo che quei due morissero lasciando la loro bambina sola... Quello di Hea, come quello di Yoongi, è stato un gesto disperato, ma non significa che non si amassero davvero...» disse, «Se ragioni così significa che nemmeno tu mi ami...» deglutì, non alzando lo sguardo.
Se il minore credeva che Hea e Yoongi non si amassero perché avevano scelto la via più facile – buttarsi dal balcone e correre nella tana del lupo per farai ammazzare –, allora anche lui, quand'era scappato dieci anni fa, non lo amava davvero. Nonostante lo avesse baciato.
Jeongguk sbiancò, deglutendo: «Non è così...Io mi sentivo inferiore, ero spaventato dal fatto che fossimo due ragazzi, proprio come te... Avevo paura...» biascicò, giocando nervosamente con i suoi pollici.
«Anche loro avevano paura!» urlò Taehyung, facendolo sobbalzare, «Non puoi dire che non si amassero davvero, non puoi saperlo!»
«Tae...», Jeongguk strabuzzò gli occhi: si sentì intimorito dal suo tono basso che ora gli parlava con quel tono arrabbiato, una morsa gli strinse il cuore di dolore.
Il nominato realizzò di aver alzato la voce, e al vedere la faccia sconvolta dell'altro si ricompose, mormorando qualcosa che, all'inizio, non fu udibile all'altro.
«Scusami... mi dispiace,» disse, abbracciandolo, «non volevo...»
Jeongguk scosse la testa ricambiando.
«Il fatto è che voglio farti capire che sono sconvolto, non è davvero importante se e quanto si amassero, Gguk... Mio fratello è impazzito per amore, è in carcere adesso e ce l'ho spedito proprio io. È questo ciò che mi fa stare male...» gli spiegò.
Jeongguk sospirò: «Taehyung, pensaci. Yoongi ed Hea sono un po' come noi» gli fece osservare, «per motivi diversi, nessuno di noi poteva essere felice con la persona che amava davvero. Correggimi se sbaglio» disse, ma Taehyung rimase fisso a guardarlo, segno che era giusto.
«Bene,» continuò, «nel nostro caso, adesso non c'è nessuno che possa ostacolarci» disse, «Nel loro c'era Seokjin, per questo sono stati scoperti. E cosa avresti voluto? Che Seokjin si accontentasse del tradimento che avveniva da sempre, così da far stare felicemente i due?» chiese, i suoi occhi grandi lo guardavano senza battere ciglio.
«Se ci fosse stata tua moglie, qui, e io fossi tornato, cercando il rapporto che abbiamo sempre voluto, credi che mi avrebbe lasciato fare?» domandò.
Taehyung abbassò lo sguardo.
«Io non sto giustificando Seokjin,» spiegò, «ti voglio far capire che era ovvio che ci sarebbe stata una reazione da parte sua. È umano, significava che l'amava davvero.»
Taehyung annuì soltanto alle sue parole.
«Però nessuno, dolce come te, poteva arrivare ad immaginare che Seokjin avrebbe perso del tutto il senno. Quello che ti chiedo è: basta tormentarti. Non hai colpe. Seokjin sta pagando il giusto prezzo dell'omicidio di Yoongi. Non c'entri nel resto» disse, prendendogli il viso tra le mani.
«Lo so, ma...» mormorò, venendo però bloccato dal minore.
«Niente ma!» disse Jeongguk, saltando in piedi, «E smettila di fare così. Riprenditi, sei anche lontano da Seoyun, guarda che si accorge della tua assenza e ne soffre...» mormorò.
Taehyung sospirò, annuendo con il capo: «Lo so e mi dispiace, non mi sento bene da allora, Ggukie. Non ho appetito e mi sento sempre stanco...»
«Dovremmo chiamare il dottore?» chiese, ma Taehyung fece cenno di no.
«Mi rimetterò presto, non ce n'è bisogno» spiegò, alzandosi per scendere.
«Dove vai?» chiese il minore, seguendolo.
«A passare un po' di tempo con mia figlia...» sorrise mesto, «vieni anche tu?»
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CUORI IN BURRASCA // KOOKV (#Wattys2020)
FanficNella Corea del sud del 1837, il nobile capofamiglia Kim Junyong prende con sé Jeongguk, un bambino solo e malridotto che incontra lungo la strada di ritorno a casa. La sua intenzione di regalargli un posto dove stare non aggrada la sua famiglia, la...