Capitolo Dodici

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Fabrizio era stato talmente sfortunato che gli era capitato l'unico weekend in cui Ermal era rimasto a casa entrambi i giorni.
Lo credeva davvero, di essere sfortunato. Non per qualcosa, perché le cose stavano andando davvero bene, aveva un rapporto tranquillo e di intesa con il suo coinquilino, ma perché credeva che sarebbe stato un completo disastro. Non sapeva che rapporto avesse con i bambini, Ermal, eccetto per quello che aveva visto con i suoi occhi quando Luca era stato con lui nella sala d'attesa del pronto soccorso e quella sera a casa.
La mattinata era stata molto tranquilla, Luca era stato tutto il tempo a costruire con i lego mentre Anna continuava a disegnare ed Ermal si era messo a lavorare in camera.
Fabrizio invece…
Beh, Fabrizio si divideva tra fare costruzioni e avere le mani piene di colori a tempera. Perché sì, se c'era qualcosa che gli veniva chiesto dai figli, Fabrizio lo faceva. Non a caso, una volta, si era anche messo lo smalto alle unghie delle mani perché Anna aveva insistito tanto. Si erano ritrovati così, entrambi, con lo stesso colore alle unghie. D'altronde, come si poteva dire di no quando due occhioni ti guardavano in quel modo?

<<Emmal, ma tu sei il pincipe azzu'o?>> Anna l'aveva detto senza alzare lo sguardo dal foglio, nell'unico momento in cui il riccio era uscito dalla camera per andare in cucina. Si era fermato a guardarla prima di rispondere <<No, purtroppo non sono principe e nemmeno azzurro>>. L'aveva detto sorridendo, per poi prendere un bicchiere d'acqua. <<Ma hai i boccoli>> solo in quel momento aveva alzato la testolina per poi indicare i capelli del riccio con la mano che teneva stretta il pennello pieno di pittura. <<Hai ragione, i boccoli li ho>> aveva detto, sorridendo di nuovo.
<<Quindi puoi esse'e il pincipe azzu'o del papà?>>
Fabrizio voleva sprofondare. Cercava di guardare un punto non definito sul disegno della figlia. Ermal, tuttavia, non ci aveva fatto caso ma aveva allargato ancora di più il sorriso <<Temo che ci voglia qualcosa in più dei boccoli per essere il suo principe azzurro>> in quel momento credeva di non aver assistito mai a nulla di più imbarazzante.

Credeva.

Almeno fino a che Luca non aveva gridato dall'altra stanza un <<Te l'aveva già detto papà stamattina!>> quello era stato decisamente peggio. Fabrizio si era poggiato una mano sulla fronte, come a volersi nascondere.
Ermal, invece, aveva fatto finta di nulla per la seconda volta - o meglio, era quello che pensava Fabrizio - ed era rientrato in camera.

Il momento più imbarazzante dell'anno poteva decisamente ritenersi quello.
Sicuramente su entrambi i fronti, sia per Ermal che per Fabrizio.
Anzi, il maggiore aveva ringraziato chiunque, qualsiasi cosa e persona, per il fatto che Ermal non avesse fatto domande.
Certo, la fantasia dei bambini era bellissima, ma da lì a far diventare il riccio il suo principe azzurro, ce ne voleva.

Che poi, ad Ermal piacevano gli uomini o le donne?

Se l'era chiesto di punto in bianco, senza nemmeno sapere il reale motivo.
Insomma, dopotutto, a lui mica interessava.

No.

Perché avrebbe dovuto?
Era pura e semplice curiosità.

Okay, forse ci stava pensando anche troppo in quel momento.
Non che a lui dessero fastidio i gusti di Ermal, sia chiaro.
Lui era convinto di essere bisessuale da quando alle superiori non si faceva mai sfuggire l'occasione per baciare Claudio - uno dei suoi più cari amici al tempo - ogni volta che poteva.
Claudio... uno delle sue più grandi delusioni.
All'epoca e tuttora.
Poi, le cose, erano andate come dovevano andare e aveva incontrato Giada in comunità.
Quindi non sarebbe stato un problema se il suo coinquilino, un giorno, gli avrebbe detto che aveva altri gusti.

*

Ermal era uscito a pranzo, quel giorno, lasciando spazio a Fabrizio e ai bimbi. In realtà aveva già un impegno per quel pomeriggio, ma aveva colto la palla al balzo anche per il mezzogiorno in modo che il suo coinquilino potesse stare più tranquillo. Ancora sorrideva se pensava alla scena di quella mattina.
<<Ermal, tutto okay?>> Silvia, seduta di fronte a lui, non capiva come mai il ragazzo continuava a sorridere da solo. <<Sì, sì, stavo solo pensando>>
<<Dì la verità, sei innamorato>>
<<Ma non è vero. Stai delirando>> l'aveva detto sulla difensiva, quasi a voler nascondere qualcosa, per poi riprendere a guardare il piatto di pasta che aveva davanti. <<Oh, sì, scusa. Mi dimentico sempre che Ermal Meta non prova sentimenti>> aveva detto la bionda ridendo.
Silvia era la sua migliore amica dai tempi in cui aveva iniziato l'università. La facoltà di psicologia e quella di lingue erano nello stesso edificio. Si erano conosciuti davanti alle macchinette del caffè e poi rivisti in aula studio. Il caso aveva voluto che anche Silvia si era trasferita a Roma per fare la scuola di psicoterapia e che quindi non si erano divisi poi molto. Lui le parlava di qualsiasi cosa, anche se ogni tanto lei andava nel professionale e gli metteva davanti agli occhi cose che lui non voleva sentirsi dire. Ed era questo il motivo per cui non era mai andato in terapia, quando gli era stato proposto alle superiori. Poi la musica lo aveva salvato, almeno dalla parte peggiore, quella che costruiva muri su muri. Dover lavorare per altre persone e, a volte, con loro l'aveva aiutato a non isolarsi.
Ermal aveva riso a sua volta, sapendo che la bionda aveva ragione. Lui stava sempre alla larga dai sentimenti che riguardavano se stesso in una relazione d'amore. Ci aveva anche provato, ma non nel migliore dei modi. Il piercing che aveva sul sopracciglio ne era la prova. Lo aveva fatto per una ragazza e gli era andata di fortuna che era riuscito a conquistarla così, altrimenti non avrebbe mai espresso i suoi sentimenti.
Lui e l'esternazione dei sentimenti sarebbero stati per sempre due rette parallele destinate a non incontrarsi mai, se non attraverso la musica.
<<No, è che… Ti ricordi il mio coinquilino?>> aveva chiesto all'improvviso dopo che erano usciti dal locale. Silvia aveva fatto un cenno di assenso e Ermal aveva ripreso <<Ha due figli>>
<<E questo come ti fa sentire?>>
Eccola. Ermal lo sapeva.
<<Non iniziare a psicanalizzarmi>> aveva detto sapendo dove voleva andare a finire la bionda.
<<Chi? Io? Quando mai>> aveva detto la ragazza, dandogli una leggera spallata <<Dimmi solo una cosa, dormi la notte?>> e Ermal aveva abbassato lo sguardo. La notte era sempre stato il suo punto debole. Era il momento in cui crollavano tutti i muri e rimaneva da solo con i suoi mostri. Spesso usava la notte per scrivere perché era più ispirato o perché, semplicemente, lo aiutava ad esorcizzare le paure.

*

Era tornato qualche ora dopo a casa. Aveva trovato Fabrizio seduto sul divano da solo. <<I bimbi?>> gli era uscito spontaneo chiederlo, non sapeva nemmeno lui perché.
Fabrizio aveva alzato lo sguardo, con una faccia stremata, per poi dire <<Stan dormendo>>
<<Dovresti guardarti in faccia e farlo anche tu>> aveva detto il riccio sorridendo. <<Ah, ah, spiritoso>> gli aveva detto lanciandogli un cuscino <<Hai davvero una faccia stravolta>> 
Fabrizio ci aveva pensato un po' prima di parlare e dirgli quello che stava per raccontargli; ma ormai era riuscito a superare lo scoglio più difficile ed era quasi tranquillo a parlare con Ermal. <<Da quando siamo separati li tengo ogni weekend. So' la ragione della vita mia. Vorrei fare di tutto con loro e il tempo sembra nun bastare mai. Vorrei esse' un padre migliore. Invece manco riesco a dargli un tetto sopra la testa>> aveva finito la frase abbassando lo sguardo per terra. Ermal non si aspettava una risposta del genere, credeva più a un "grazie per il complimento" sarcastico, invece gli stava dicendo cosa provava.
<<Ce l'avete>> aveva detto appoggiando una mano sulla spalla a Fabrizio. Il moro non aveva obiettato, Ermal ultimamente abbatteva spesso quel muro anche se non si faceva toccare ugualmente.
<<Perché tu sei 'n pezzo de pane>> aveva ripreso a parlare il maggiore <<Nun credo che riuscirò mai a ditte grazie abbastanza. Dovrei esse' migliore ma co' quello che guadagno nun riesco a pagare n'affitto intero, figuriamoci 'na casa>> Ermal non lo poteva sentire. Il suo coinquilino non era un pessimo padre, l'aveva visto con loro, aveva visto i suoi occhi quando ne parlava e per lui non era assolutamente un pessimo padre. Per quello non si era risparmiato dal dirglielo.
<<Non sei un pessimo padre. Credimi>> e forse glielo avrebbe anche ripetuto se fosse stato necessario.
<<Me lo son sentito dire da tanti, qualcosa di vero ci sarà>> Ad Ermal si spezzò il cuore a quelle parole, perché la gente deve sempre parlare senza sapere, senza conoscere. Non che lui conoscesse molto, ma ne era certo.
Era certo di quello che aveva visto e di quello che continuava a vedere.
<<Gli dai amore, ti fai in quattro per loro, cerchi una soluzione per farli stare il meglio possibile. Nessuno è perfetto ma tu, di certo, non sei un pessimo padre>> Gliel'aveva detto con un sorriso, sperando che lo capisse per davvero.
<<Grazie, Ermal, per quello che stai a fa'>>
<<Non sto facendo nulla>> E invece non sapeva quanto fosse importante sapere di non essere cacciati di casa. Quanto lo aiutava sapere che nonostante i problemi iniziali, Ermal l'aveva capito e non sapeva nemmeno quanto, per Fabrizio, era stato importante sentirsi dire quelle cose.










Note:
Ho da dirvi solo grazie, di nuovo, come sempre!

Così sfuggenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora