Capitolo Diciassette

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Fabrizio non si aspettava minimamente che quell'abbraccio, da parte di Ermal, potesse significare così tanto. 

Solo che non avevano mai avuto le loro due anime così vicine come in quel giorno, dopo quella notte. 

Fabrizio controllava Ermal in ogni suo gesto, in ogni movimento, quasi non voleva lasciarlo da solo neanche per andare a lavorare. Il fatto era che non sapeva nemmeno perché gli succedava, perché provava quel sentimento. 

Quella sensazione di volerlo proteggere dalla sua stessa testa. Così continuava a ripetersi che era solamente perché ci era già passato. Perché si ricordava quando era lui che stava dall'altra parte della porta del bagno. 

Si ricordava quanto aveva fatto Giada per lui. 

Non voleva lasciarlo solo, ma a lavoro doveva andarci. Così come ci doveva andare Ermal.

Per quello, dopo l'abbraccio inaspettato di Ermal, non avevano più parlato. Avevano continuato per le loro strade, andando a lavoro, nonostante ci fosse qualcosa che li legava che prima non c'era. Fabrizio credeva di essere visionario perché era certo di sentirla solo lui quella cosa. 

Ermal, invece, era stranamente più tranquillo del solito. Passava sere intere al telefono con Silvia o con Rinald, dopo episodi come quelli, e invece quella volta non ne aveva nemmeno sentita la necessità. 

Quella volta si sentiva stranamente protetto. Come se il fatto che Fabrizio fosse stato con lui tutto il tempo, gli avesse fatto credere di essere al sicuro anche dalla sua mente. Non sapeva il perché, ma l'aveva preso come veniva e con la stessa tranquillità il riccio era tornato a casa da lavoro. 

Aveva approfittato del fatto che Fabrizio non era ancora tornato a casa per prendere in mano la chitarra e provare a buttare giù qualcosa. Solamente che, come stringeva la mano sul manico per provare a fare qualcosa, sentiva dolore alla mano. Si era tirato la zappa sui piedi, ora ne era convinto. Almeno più di quando glielo aveva fatto notare Silvia. Non credeva gli desse tutti quei problemi, in fondo era quasi guarito, eppure non ce l'aveva fatta. 

Il problema era stato quando Fabrizio era rientrato in casa e aveva trovato Ermal con la chitarra sulle gambe. Il riccio nemmeno se ne era accorto. 

L'aveva guardato stranito, non gli tornava qualcosa. <<Mica avevi detto che avevi trovato un altro?>>

Era stata la prima cosa che aveva detto mentre chiudeva la porta, non aveva nemmeno salutato. 

Ermal si sentiva con le spalle al muro, ma aveva negato l'evidenza perché non voleva assolutamente dirglielo <<S-sì, l'ho trovato… Ma abbiamo finito per oggi>> l'aveva detto senza mai guardarlo negli occhi e questo aveva fatto venire ancora più dubbi al moro. 

<<Quindi er fatto che ce l'hai in mano nun significa nulla, no?>> Fabrizio, ormai, era più che convinto che il riccio gli avesse mentito e se ne era convinto ancora di più quando aveva visto tutto il tempo che era passato per una risposta. <<Niente>> aveva sussurrato poi. 

<<Okay>> E Fabrizio non aveva detto più nulla. Ermal si era alzato e aveva posato la chitarra. Non era riuscito a fare nulla in quel tempo ed era già martedì.

Si era passato una mano fra i capelli perché non aveva una soluzione migliore, per cui si era fatto coraggio e gliel'aveva detto durante la cena <<Bizio, non è vero che ho trovato un altro. Sono nella merda>> aveva detto tutto d'un fiato. <<Ma davvero?>> Aveva detto il moro quasi sull'ovvio. 

<<Aspetta, tu lo sapevi?>> aveva realizzato il più piccolo. <<Lo sospettavo, due o tre cose me l'avevano fatto intuire. Devi essere proprio idiota>> 

Così sfuggenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora