Capitolo Ventiquattro

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<<Potevo starmene zitto, no? Non credi?>> Ermal non aveva fatto altro che continuare a pensarci. Anche in quel momento, mentre stava lavorando al disco. Erano in pausa e si stava fumando la solita sigaretta con Marco.
Era diventato anche una specie di confidente oltre che il suo chitarrista. Si trovava davvero bene con lui, anche se ogni tanto si prendevano in giro a vicenda. Ermal era molto più aperto e tranquillo da quando nelle sua vita era entrato Fabrizio. Così, con Marco, era stato tutto molto più semplice.
<<Che stai dicendo?>> gli aveva chiesto passandogli l'accendino. Quell'aggeggio infernale gli spariva sempre e alla fine Marco continuava a prestarglielo.
Ermal aveva acceso la sigaretta prima di riprendere a parlare.
<<Ora non mi ritrovavo ad essere di nuovo da solo in casa>> aveva sospirato per poi portarsi la sigaretta alla bocca.
<<Tecnicamente ancora non lo sei>> Marco l'aveva buttata sull'ovvio, perché lo era.
<<Tecnicamente lo sarò a breve>> aveva ribattuto senza pensarci un momento di più.
<<E questo ti dà fastidio… perché?>> Marco voleva andare direttamente al punto, per mettere Ermal spalle al muro. Sapeva che il riccio non avrebbe ammesso nulla, mai e poi mai.
<<Perché potevo starmene zitto>> aveva buttato fuori il fumo mentre faceva cadere un po' di cenere dalla sigaretta e si girava verso il chitarrista. <<Non perché non hai le palle di fare il primo passo?>> non aveva più resistito e l'aveva messo davanti all'evidenza dei fatti altrimenti ci avrebbe girato ancora attorno senza mai arrivare al punto.
<<Ma Marco, ma scusami, che cos'hai nella testa? Le scimmie urlatrici?>> erano scoppiati entrambi a ridere, Marco aveva sussurrato un scemo prima di rispondergli <<Pensa alle tue, che hanno parecchi problemi in questo momento>> Ermal aveva sorriso di rimando perché sapeva di aver problemi davvero su quel fronte, in quel momento più del solito.
<<No, insomma, son contento che abbia trovato un nuovo lavoro che gli permette di stare tranquillo. Son felice. Però mi sento abbandonato>> aveva sussurrato il finale, come se dirlo l'avrebbe reso ancora più reale di quello che gli sembrava.
Si sentiva davvero così, lasciato solo, messo in qualche modo da parte, ma non poteva farci nulla perché era giusto che Fabrizio avesse una vita normale con i suoi figli e lui non c'entrava.

*

Non era passato molto quando Fabrizio era tornato a casa, una sera più in là, e gli aveva detto di aver trovato una casa che andava bene. Ad Ermal era definitivamente crollato tutto addosso.
Non sapeva perché aveva avuto una reazione così esagerata, o forse in cuor suo lo sapeva, ma sapeva anche che l'unica persona da cui era riuscito ad andare - una volta uscito di casa - era stata la sua migliore amica.

Erano le dieci di sera quando Ermal era piombato in casa di Silvia.
La ragazza lo aveva trovato sull'uscio di casa con le mani che tremavano e gli occhi lucidi. L'aveva fatto entrare senza dirgli nulla, sperando che si sedesse ma così non era stato. Continuava a camminare per la sala e sembrava molto agitato, fin troppo.
<<Ehi, vuoi un po' d'acqua?>> aveva chiesto all'improvviso sperando potesse essere d'aiuto. Ermal si era fermato un attimo, l'aveva guardata e <<No, Silvia, lascia stare>> aveva detto, per poi sedersi sul divano, appoggiare i gomiti sulle ginocchia e passarsi le mani sul volto.
<<Si può sapere che è successo?>> la bionda si era avvicinata a lui e gli aveva appoggiato una mano sulla spalla.
<<Ci ho discusso… cioè, non proprio, ho fatto tutto da solo>> aveva detto il più piccolo, soffiandolo fuori quasi amaramente.
<<Fin lì già c'ero arrivata da sola, genio del male>> Silvia aveva ribattuto senza troppi problemi. Il riccio l'aveva guardata e non sapeva nemmeno come esprimere anche solo un quarto di quello che gli passava per la testa.
<<Finché era un'intenzione sembrava tutto meno reale. Stasera è tornato dicendo che aveva trovato la casa giusta. E ho sentito tutta la mia sicurezza crollare. Come se stessi davvero per essere abbandonato>> l'aveva confessato, abbassando lo sguardo e continuando a fissarsi le mani.
<<Nessuno ti sta abbandonando>> gli aveva detto la bionda cercando di tranquillizzarlo in qualche modo. Ermal l'aveva guardata in faccia prima di dirle <<È quasi dall'altra parte di Roma. Tempo qualche settimana e si sarà dimenticato del suo coinquilino che l'ha pure baciato da ubriaco>> si era lasciato sfuggire qualche lacrima a quel pensiero. Non era assolutamente pronto a lasciarlo andare e non lo voleva fare, ma le sue paure erano molto più grandi di lui e gli impedivano di fare il passo decisivo.
<<Perché non gliene parli? Non credo ci si possa dimenticare di te. Non dopo che avete condiviso otto mesi assieme. Vi siete avvicinati. Gli lasci fare cose che nessuno ti ha mai fatto. Gli inc->> Silvia stava usando un tono calmo, quasi tranquillizzante quando Ermal aveva soffiato, in un sussurro, un tremolante <<Gli incubi son tornati>>
Silvia aveva spalancato gli occhi a quella informazione. Non ne sapeva nulla.
<<Quando? Perché non me l'hai detto?>> aveva detto subito preoccupata.
<<Perché non sei la mia cazzo di psicoterapeuta. Sei mia amica. Non voglio la tua parte professionale>> Ermal era scoppiato di nuovo, per la seconda volta. Non voleva farlo, ma aveva addirittura alzato la voce.
<<Non sono mai stata professionale e sai pure che non posso esserlo dato che ti conosco più di me stessa. Sono qui come tua amica. Ti ho fatto solamente una domanda>> Silvia di certo non era rimasta lì a farsele dire, aveva risposto a tono. Ermal aveva di nuovo abbassato lo sguardo prima di balbettare un <<S-scusa… I-io… Lo so…>>
Ed era scoppiato a piangere definitivamente. Silvia l'aveva abbracciato e gli aveva detto che era tutto okay, che poteva lasciarsi andare.
Ermal gli aveva raccontato ogni cosa. Gli incubi erano ricominciati quando Fabrizio gli aveva detto che stava cercando un'altra casa. Aveva sentito la sua sicurezza cedere. E la sua testa aveva lasciato andare le protezione che si era creata ed era tornato in balia delle sue insicurezze.
Gli aveva raccontato anche quello che era successo quella sera. Di come era scoppiato nonostante l'entusiasmo che aveva il moro per aver trovato una casa, non l'aveva nemmeno fatto finire di parlare che gli aveva sputato addosso quel "Non me ne frega un cazzo, Fabrizio. Sei felice, bene. Buon per te. Hai trovato una casa perfetta, meglio ancora. Sai anche come andartene da qua" Prima di uscire di casa e arrivare da Silvia tremando come una foglia. Non voleva assolutamente dirgli quello che aveva detto, non voleva stroncare la sua felicità, né tanto meno usare quel tono. Gli era uscito improvvisamente, come se non riusciva più a tenersi dentro tutto.
Ora non sapeva che fare perché Fabrizio era rimasto completamente pietrificato dall'atteggiamento del riccio e lui era scappato di casa come il peggior ladro.

*

Si era calmato una mezz'ora più in là.
Per l'ennesima volta aveva sentito il suo telefono vibrare. Iniziava ad odiare quell'affare. L'aveva tirato fuori dalla tasca mentre Silvia era andata a prendergli dell'acqua.
Cinque messaggi non letti. Tre chiamate.
Tutti di Fabrizio.

(22:01) Erm… FM

(22:12) Dove sei? FM

(22:29) Te prego risponni. FM

(22:45) Ascolta è tutto okay, parliamone, dimmi qual è il problema. Ti ascolto. FM

(23:12) Me sto ad agita'. Damme un cenno armeno. Dimme che stai bene. Risponni appena lo vedi, te supplico. FM

Ermal sentiva il cuore come se fosse stretto in una morsa. Non voleva che si preoccupasse a causa sua, soprattutto per come lo aveva trattato.
Non meritava la sua preoccupazione.
Gli aveva risposto al volo un "Stai tranquillo. Torno" e aveva rifiutato l'ennesima chiamata che gli stava arrivando da parte sua.
Aveva ringraziato Silvia, le aveva lasciato un leggero bacio sulla guancia e aveva ascoltato tutte le sue raccomandazioni per poi uscire e tornarsene a casa.

Non aveva fatto nemmeno in tempo ad entrare in casa che Fabrizio gli si era attaccato al collo <<Me stava pe' veni' n'infarto. Mannaggia a te. Stai bene?>> gli aveva chiesto il moro mentre si staccava da lui e lo guardava dalla testa ai piedi.
<<Scusa, non volevo reagire così. Io… Non so che mi è preso>> l'aveva detto subito, quasi apatico. <<Basta che stai bene, pensavo ar peggio. 'O sai come so' fatto, no?>> con quello era riuscito a strappargli un leggero sorriso perché probabilmente Fabrizio lo vedeva privo di sensi sul ciglio della strada. Invece stava bene, per quanto potesse stare bene una persona nelle sue condizioni psicologiche. Il moro gli aveva messo una mano sul collo e aveva appoggiato il pollice sulla guancia. <<Sicuro de star bene?>> aveva detto. Il riccio non aveva fatto altro che mordersi il labbro e tenerlo stretto. Fabrizio gli aveva fatto cenno di andare a mettersi sul divano e al riccio era sfuggita una lacrima. <<Ohi, voi parla'? So che er problema è che me ne vado. Ma dimme che posso fa'. Nun te vojo vede' così>> il riccio, tuttavia, non aveva fiatato. Fabrizio l'aveva abbracciato ed Ermal non aveva comunque detto nulla. Il riccio non sa quanto tempo fossero rimasti abbracciati, ma la mattina successiva capisce che si erano addormentati così.
Sul divano, abbracciati.
Questo, forse, lo faceva sentire ancora peggio perché da quella situazione non avrebbe voluto andarsene mai.


















Note:
Buon salve.
Son qui solamente per dirvi che se vi arriveranno notifiche strane durante la settimana è perché sto correggendo gli errori nei capitoli precedenti, nessun capitolo extra. Sorry.
Alla prossima e grazie!

Così sfuggenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora