Capitolo Quindici

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Aveva capito di essere completamente spacciato, non solo con quella scena così tenera ma anche quando Ermal gli aveva ricordato che non avevano dato ancora una risposta a Fiorella. 

Per quanto il gesto di Anna, lo sguardo di Ermal e il suo sorriso gli avevano fatto capire quanto era spacciato in senso positivo, il resto un po' meno. 

Non ricordava una scena così bella da quando erano nati i suoi bimbi e lui non aveva la minima idea di come prendere questa cosa. Si sentiva, in minima parte, anche minacciato da se stesso.

La parte di Fiorella invece… 

Era stata negativa. Più che negativa. Era andato tutto alla grande in quei giorni, si erano avvicinati tantissimo e poi… 

E poi Fabrizio non sapeva contare fino a dieci prima di aprire la bocca quando si trattava di musica. 

<Mi ha scritto Fiorella, vuole sapere cosa facciamo>> aveva detto il riccio quando Fabrizio era rientrato, dopo aver riaccompagnato i bambini da Giada.
Alla fine erano stati con lui fino a lunedì ed era andato anche a riprenderli a scuola, per poi riportarli dalla madre. Giada era stata d'accordo, visto che per la prima volta aveva dovuto saltare il venerdì. 

<<Cosa facciamo?!>> Aveva chiesto perplesso, il moro credeva di non aver capito bene.

<<Sì, per la canzone>> Ermal era davvero molto tranquillo. Sapeva che non avrebbe portato a nulla di buono quella conversazione. Come sapeva che non era il caso insistere, eppure lo stava facendo. 

<<Io nun faccio popo nulla. Nun capisco perché continui a insiste'>> già… Perché lo faceva? Forse perché ci teneva. Non voleva che un talento come Fabrizio andasse sprecato così. I suoi lampi di genio gli avevano svoltato la canzone.
Era un peccato, per davvero.
<<Deve chiudere il disco>> aveva risposto in modo ovvio. <<Cazzi suoi? O tuoi, che dici?>> ecco. Il moro sapeva che sarebbe finita così, sapeva che non sarebbe riuscito a trattenersi e a ragionare con calma. Non voleva ferirlo, né tantomeno cadere in quei termini, ma non ci aveva pensato troppo. Nonostante questo, Ermal aveva continuato a rimanere tranquillo perché sapeva che era una cosa delicata e non voleva toccare qualche tasto sbagliato. 

<<Si può sapere che ti prende?>> aveva usato un tono basso come se stesse chiedendo un qualcosa di proibito perché un po' aveva paura della reazione del moro. 

<<Che mi prende? Mi prende che te l'avevo detto chiaro e tondo, ma tu non vuoi capire manco per le palle>> forse aveva ragione, lui non voleva capire e pensava solo egoisticamente. Ermal ci aveva pensato sul serio al fatto che era nel torto, ma l'unica cosa che gli era venuta da dire era stata <<Lo so, so cosa mi avevi detto. Ma non posso suonare ancora per una settimana, finché non mi tolgono la fasciatura e controllano se si è cicatrizzata>>

<<Ma io nun ci sto. Chiedilo a qualcun altro>> aveva detto il maggiore entrando in camera e sbattendo la porta. 

<<Grazie tante, eh>> ennesima conferma. 

Ermal era rimasto parecchio tempo ad aspettare che Fabrizio uscisse da quella camera, ma non era mai successo. Così aveva scritto a Rinald, sperando potesse aiutarlo a riordinare le idee. 

(20:12) Sono uno stronzo. Volevo convincere Fabrizio a fare una cosa che non vuole fare e lo sapevo pure. EM

(20:21) Venire a letto con te? RM

Rinald non era mai serio, specialmente con il fratello. Sdrammatizzava sempre, perché Ermal era sempre più propenso a finire per ingigantire troppo le cose. E, quella volta, non era stato da meno; tanto che Ermal si era quasi arreso a non essere preso sul serio. 

Così sfuggenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora