Capitolo Ventitre

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Aveva fatto il colloquio il mercoledì dopo. Era tornato a casa un po' titubante.
Forse troppo.
Aveva creduto per davvero che quella sarebbe potuta essere una svolta positiva nella sua vita. Si era già fatto un sacco di programmi, ma poi erano svaniti in un attimo.
<<Che c'è?>> il riccio era intervenuto subito come l'aveva visto entrare. Aveva una faccia che non prometteva nulla di buono.
<<Okay, quindici giorni de prova. Cioè, loro vogliono farmeli fa'. Io credo de non pote' accetta'>> l'aveva detto tutto d'un fiato.
Non poteva proprio. Come avrebbe fatto se non fossero andati bene? Non credeva che il gioco valesse la candela.
Non lo credeva proprio.
Il riccio non capiva, così si era limitato a chiedere un semplice <<Perché?>> nella sua ottica niente poteva fermarlo dal provarci, ma non ragionava come Fabrizio. Non aveva i suoi stessi problemi e soprattutto non viveva la sua vita.
<<Se dopo i quindici giorni me cacciano, resto senza lavoro. Nun me lo posso permette' co' i bimbi>> era lì che aveva realizzato. Aveva capito qual era il problema principale di tutta quella situazione e aveva capito che non aveva tutti i torti. Forse poteva provare a sentire Marco per vedere se poteva avere qualche rassicurazione in più. Non l'avrebbe mai detto a Fabrizio, perché sapeva che non glielo avrebbe permesso.
Con gli amici si fa così, no? Se puoi fare qualcosa per qualcuno la fai e basta, senza pensarci troppo.
Così era stato.

Aveva chiamato Marco, lui sapeva sicuramente qualcosa in più e conosceva come lavoravano i grafici visto che era stato lui a fargli sapere che c'era un posto libero. Che poi Marco sapesse quasi tutto di Fabrizio, erano dettagli. Ermal parlava spesso del suo coinquilino, talmente spesso che Marco credeva di sapere come era fatto senza averlo mai visto. Ermal passava molto tempo con Marco, il quale era anche diventato il suo chitarrista, per quello capitava spesso che gli parlasse delle sue preoccupazioni e una di queste era la vita di Fabrizio. Perché lui credeva che avesse tutte le carte in regola per poter fare qualcosa in più e non rimanere in quella piccola azienda come pubblicitario sottopagato.
Ultimamente lo vedeva sempre più stanco e che faticava a venirne a capo. Le spese che aveva erano sempre troppe e lui faticava a stare dietro a tutto. Ermal si era anche inventato che la proprietaria chiedeva meno di quello che prendeva all'inizio in modo che almeno spendesse meno per la casa. Il riccio non aveva problemi a tirare fuori qualcosa in più anche per Fabrizio; sperava solo che il moro non lo avrebbe mai scoperto. Era quasi sicuro che, altrimenti, l'avrebbe visto ancora più incazzato di quella volta in cui aveva preso il suo quadernino e lui non ci teneva proprio a rivederlo così.

<<Marco posso chiederti un favore?>> gli aveva chiesto non appena aveva sentito l'altro rispondere dall'altra parte del telefono.

Né ciao, né niente.

<<Se posso>>
<<Quelli della grafica sono affidabili? Cioè, succede spesso che dopo i quindici giorni di prova caccino qualcuno?>> l'aveva detto subito, senza se e senza ma.
<<Di solito è un pro forma, devi fare proprio una cazzata colossale per essere cacciato. Perché? Vuoi cambiare settore?>> aveva insistito Marco facendo finta di nulla, anche se intuiva dove sarebbe andato a finire il discorso.
<<No, nulla, mi informavo>> Ermal, stranamente, non aveva detto nulla così ci aveva pensato Marco ad andare al dunque <<Per Fabrizio?>> gli aveva chiesto senza giri di parole.
<<Mh. Io non ti ho detto nulla però>> aveva messo le cose in chiaro subito per non creare problemi. <<Vorrei ricordarti che, anche volendo, non potrei dirglielo>> aveva ragione, ma Ermal era troppo agitato per paura che le cose andassero a finire male per riuscire a pensare anche con senso logico <<Hai ragione, grazie>> aveva chiuso poi la telefonata, convinto che avrebbe poi fatto di tutto per farlo provare a buttarsi nell'ignoto senza aver paura di farsi male.
E così era stato.

<<Provaci, Bizio>> gli aveva sussurrato il giorno dopo, senza nemmeno contestualizzare. per quello il moro era rimasto un po' confuso <<Che stai a dì?>>
<<Credi in te stesso e provaci>> Era stata l'unica cosa che si era sentito di dirgli e Fabrizio aveva ceduto. Specialmente dopo che il riccio gli aveva lasciato un bacio sulla guancia, cosa più unica che rara.

*

Quello che Ermal non aveva considerato, però, era che l'unico che si sarebbe fatto male in quella situazione sarebbe stato lui e non Fabrizio. Almeno così credeva lui.
Perché sì, i quindici giorni di prova erano passati e lui era stato assunto. Anzi, era passato anche un mese, lui aveva appena ricevuto il primo stipendio e nemmeno gli sembrava vero. Quello che avrebbe sofferto di più sarebbe stato davvero Ermal che non si aspettava tutto quello in un solo colpo.

Non dopo sette mesi di convivenza.

Non così, come un fulmine a ciel sereno.

<<Erm, te devo parla'>> Fabrizio aveva raggiunto il riccio in camera e si era seduto sulla sedia accanto alla scrivania, quella dove aveva passato un po' di notti.
<<Devo preoccuparmi?>> il riccio aveva notato la faccia cupa di Fabrizio e il suo tono serio. Il moro non era mai così ultimamente. Era completamente diverso da come sembrava all'inizio, quindi non pensava di rivederlo mai più così. Almeno fino a quel momento.
Fabrizio si era affrettato a dire un <<No, no, perché?>> non voleva che il riccio si preoccupasse, insomma forse ne sarebbe stato contento.
<<Hai 'na faccia, pare ti sia morto il pesce rosso>> aveva ribattuto il più piccolo, sperando di strappare una risata al moro. Non era riuscito nel suo intento alla fine e aveva ottenuto tutto il contrario per lui. <<Macché, scemo. No, in realtà, ho pensato che lo stipendio di questo lavoro mi permette di pagarmi un affitto intero e…>>

Ad Ermal era crollato tutto addosso.

In un attimo.

Con due semplici parole: affitto intero.

<<E hai deciso di andartene>> l'aveva conclusa lui la frase, non aveva permesso che la finisse il maggiore perché sapeva che non ce l'avrebbe fatta a sentirlo dire da lui. Aveva cercato in tutti i modi di controllare i suoi sentimenti e di non dar a vedere il suo dispiacere, ma a sentire Fabrizio non ci era riuscito più di tanto.
<<Nun fa' quella faccia. Nun è corpa tua se me ne vado>> il moro sperava potesse essere una consolazione per il più piccolo.
Ci sperava davvero.
Il riccio, invece, si era limitato ad un leggero mugugno in segno di assenso, per poi continuare a sentire quello che aveva da dirgli Fabrizio.
<<Avresti i tuoi spazi e nun avresti più noi tre a romperte 'e palle durante i weekend. Potresti pure porta' chi te pare a casa e farce ciò che voi>> In effetti Fabrizio non aveva tutti i torti nel ragionamento. Il problema era che l'unico che voleva avere in giro per casa era lui e non avrebbe mai portato nessun altro, ma era troppo codardo per riuscire a dirglielo.
<<Che stai dicendo?>> si era limitato a chiedere.
<<Sei un ragazzo, ce sta pure che te voi diverti>> stava dicendo semplicemente quello che aveva capito anche lui. Ermal aveva risposto di getto un <<Lo faccio lo stesso>> anche se non era vero e non l'avrebbe ammesso.
<<Okay, nun lo voglio sape'. Comunque, questo è>> e un po' Fabrizio ci era rimasto male, sapeva anche che avrebbe rimpianto per sempre il non avergli mai parlato del bacio. L'avrebbero rimpianto entrambi, a dirla tutta, nonostante nessuno dei due sapesse che l'altro ricordava, nel caso di Ermal, o provasse qualcosa, nel caso di Fabrizio. Ma si sapeva, loro erano fatti per complicarsi le cose e in quel momento la stavano complicando definitivamente.
<<Hai già trovato qualcosa?>> aveva chiesto poi il riccio abbassando lo sguardo. Fabrizio aveva notato il velo di tristezza negli occhi di Ermal così si era avvicinato un po' di più a lui e <<Sì, domani vado a vederla. Nun è detto che vada bene, eh>>
<<V-va bene, è giusto così>> aveva detto quasi balbettando il riccio. Ermal capiva le sue ragioni, capiva anche che era normale volere una casa tutta per sé con due figli.
Lo capiva.
Di certo, però, non faceva meno male.
Fabrizio l'aveva tirato a sé per stringerlo in un abbraccio. Non sapeva quanto tempo era passato mentre loro due erano ancora abbracciati l'uno all'altro quando Fabrizio aveva sussurrato, all'orecchio del riccio, un <<Mica me dimentico de te, ricciolé. Nun preoccupatte>> non appena aveva sentito i singhiozzi mal trattenuti di Ermal.
<<E chi si preoccupa>> aveva risposto il riccio, lasciandosi scappare qualche lacrima.

Quell'abbraccio, sapeva terribilmente di casa.

Quella casa che non sarebbe stata più la stessa.























Note:
Meglio che mi nasconda per come è finito il capitolo e per quello che sto per dirvi.
In questa settimana non sarò a casa, quindi non ci saranno aggiornamenti extra perché la connessione è abbastanza scarsa. Chiedo perdono per aver finito così e vi ringrazio come sempre, perché non sarà mai abbastanza. A lunedì prossimo.

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