Prologo

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Il sole, la luna, il sereno venticello e l'amore.
Cosa c'è di meglio? Beh, un bicchiere di Jack Daniels forse. Vedevo mio padre suonare la sua chitarra e cantare California Dreamin ai suoi amici, mia madre doveva servire a tutti da bere.

Vivevamo difronte al mare a Santa Clara, a Cuba. Un quartiere povero di soldi, ma ricco d'azione.

A settimana ricordo che venivano rapiti due uomini, tutti i uomini corotti che sequestrava il poliziotto Olsen erano complici del boss. Olsen era l'unico americano a Cuba e aveva un gran potere da noi, il boss invece lo era ancora di più.

El Tirano lo chiamavano, ma lui si chiamava Tirian Estefras. Era solo tre anni più grande di me e comandava Santa Clara come le sue tasche.

Quando aveva bisogno di sigarette i suoi uomini correvano per lui e rapinavano tabacchini se non anche famiglie in piena notte.

Avevamo paura di lui, ma almeno aveva una simpatia per il fratello di mio padre.

Cuba negli anni miei era spesso visitata per le belle donne che offriva Santa Clara. Credo fossimo l'unica parte del paese che le aveva veramente belle, perciò Tirano portava spesso fiori al fratello di mio padre Hanito, in modo che li lasciasse a Lolita.

Lolita però era uno schianto personale. La proteggevo sempre, per me era come una sorellina.

Le donne di paese erano sempre gelose di lei, uomini anziani e maneschi la volevano, quasi tutti. Ma essendo stata più piccola di me io provavo un forte senso di protezione per lei.

Era sera e il sole se ne stava andando, stavo seduto sul muretto che si affacciava sul mare con la mia amica Aresel e ascoltavamo mio padre cantare.

Aveva una voce pazzesca, attirava tutti i passanti.

Eravamo una famiglia molto povera, se mio padre guadagnava a malapena i soldi per il pane era già tanto. Mia madre non poteva lavorare, a quel tempo se la moglie andava a lavorare era come un disonore.

Perciò faceva tutto a nero, lavava le mutande del Tirano per 25 cent a cesto. Io avevo tredici anni e avevo ad a che fare con i filibustieri della scuola.

Benito Russo era italiano ed era tagliato, almeno così si diceva per definire una persona furba.

Andavo con lui in campagna a raccogliere piante che ancora non conoscevo, poi lui le portava al suo vecchio e lui gli diceva se valevano qualcosa o no.

"Orlando guarda" Aresel si girò verso il fondo della strada, ma la sua lunga treccia nera non mi permetteva di vedere.

Ma quando vidi la scena rimasi di stucco.

Tirano teneva per mano Lolita, lei rideva allegramente e lui la guardava sempre.

Lolita per aver avuto solo dodici anni ne dimostrava quindici per la sua inspiegabile bellezza. Era mia cugina, non mi sarei mai permesso ad avvicinarmi a lei ma nel vederla mano a mano con quel farabutto mi vennero i nervi.

"Calmati Orlando" Aresel mi mise una mano sulla spalla con un sorriso dolce.

Lei non era bella come Lolita, ma aveva un cuore d'oro. Anche se sapevo che Aresel era innamorata di me io non ci facevo caso perché il mio cuore già per la mia giovane età apparteneva ad un altra.

"Aresel torna a casa, ormai è tardi" Gli dissi alzandomi.

Lei si alzò pure e mi guardò divertita.

"Sai che non prendo ordini da te, Ferrez" Con le braccia incrociate scoppiò a ridere.

"Eh già, allora sarò costretto a riaccompagnarti vero?" Gli chiesi.

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