"Italian Day"

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Un pomeriggio passato a bere un te caldo con dei biscotti come da bambino sarebbe stato meglio di quello che stavo passando ora.

Il contabile di Castro si chiamava Ryan Tilson, alla fine dopo che ci aveva consegnato le carte e il permesso esportazione di automobili gli avevamo sparato.

Il cadavere dovevamo nasconderlo da qualche parte ed era la cosa più schifosa del mondo.

"Sto sporcando la mia Porsche per questo lurido porco!" Dissi schifato salendo in macchina assieme a Warren.

"Questo porco ti farà usare i centoni pure per pulirti il naso, fidati. C'è l'abbiamo quasi fatta" Mi disse con un sorriso trionfante.

"Non cantare vittoria troppo presto, potremmo essere morti in 24 ore come potremmo essere anche ricchi sfondati" Gli ricordai.

Quello era un mio difetto, sapevo che se pensavo negativo alla fine sarebbe andato tutto bene.

"Non credo proprio, nessuno cercherà quel Ryan se non Castro. E Castro può andare a fanculo!" Scoppiò a ridere come un isterico.

Portammo la mia Porsche prima in un garage senza dare sul occhio, poi la mattina presto portammo il cadavere sul Mount Lee.

Non so quanti cadaveri erano sepolti sul Mount Lee, ma penso che a Ryan avrebbe fatto piacere essere stato sepolto lì.

La vita non era nient'altro che una carta da giocarsi, io me la stavo giocando in tutte le maniere.

Tutto il lavoro della sepoltura lo aveva fatto Warren, io stavo girato di schiena appoggiato sulla mia Porsche a fumare una sigaretta con lo sguardo perso nell'alba del mattino.

"Potevi aiutarmi però, coglione" Disse sbuffando.

"Conoscendomi sapevi che non mi sarei sporcato le mani" Dissi ridendo.

Alla fine si tolse i guanti di plastica e li bruciò prima di andarcene.

"Ho fame, tu?" Gli chiesi.

"Da quando tu sai essere felice e affamato?" Mi chiese con un sopracciglio alzato.

"Forse sono i soldi a rendermi così" Gli risposi.

"Ah, Ferrez tu non cambierai mai.." Disse sospirando con un sorriso.

Mangiammo in un ristorante italiano dove incontrammo delle persone che conoscevo da New York.

"Salve Signor Ferrez! Come sta?"

"Ferrez! Come vanno gli affari?"

"Ferrez! Non si è ancora sposato?"

Mi venivano poste solo queste domande, solo quelle.

Alla fine la cosa che mi rese veramente felice era il piatto di uova col sugo che mi ordinai, andavo matto per la cucina tradizionale siciliana.

Avevo un palato raffinato che doveva essere soddisfatto nel modo giusto.

Warren invece mangiava solo hamburger da mattina fino a sera, assurdo.

La cameriera era carina, ovvio, era italiana.

Gli lasciai cento dollari di mancia sul tavolo e rimasimo a bere ancora qualcosa.

Era tutto così magico, insomma, la vita lo era.

Pensandoci mi sono detto che se un giorno avrei avuto dei rimpianti mi sarei affogato di spaghetti fino a morire, ma solo quelli di Ciccio.

Ciccio era il cuoco più bravo di Miami, e io il più bravo a spendere soldi nel suo ristorante.

Tra le chiacchiere, le risate, e il buon vino non riuscivamo più ad alzarci.

Ero stra pieno.

"Signorina venga qui!" Warren chiamò la italiana al nostro tavolo.

"Bellezza, mi sveli il suo nome se mi è concesso" Warren ci sapeva fare col suo accento americano.

"Il mio nome è Giordana, se non si offende ho del lavoro da sbrigare. Buon appetito" Disse col vassoio in mano abbassando lo sguardo.

"Ah! Ti ha elegantemente mandato a fanculo!"
Scoppiai a ridere difronte la sua faccia offesa e perplessa.

"Ti faccio vedere io ora" Si alzo dal tavolo, andò verso di lei prendendola dolcemente dal polso.

Non so cosa gli avesse detto, ma so che lei gli diede il numero telefonico del ristorante non possedendo un telefono.

"Hai visto? Pure i mangia hamburger hanno il loro fascino. Stronzo" Mi disse con un sorriso trionfante.

Dopo questa straordinaria mangiata abbiamo fatto una camminata lungo Santa Monica a fumare un sigaro.

"Ti immagini tra trent'anni senza un soldo in galera?" Io e Warren ci prendavamo in giro a vicenda, eravamo dei simpaticoni.

Credo che se avessimo fatto uno comedy show saremo diventati più famosi di Audrey Hepburn.

"E tu non bacierai mai una attrice famosa!" Dopo esserci presi in giro ci eravamo accorti che qualcuno ci stava seguendo.

"Hai visto quello? Girati senza farti vedere il viso, tieni le mani in tasca." Warren si girò per guardarlo.

"È un gangster." Disse.

"Razza?" Chiesi.

"Penso sia italiano, è vestito bene" Disse.

"Adesso al mio tre ci fermiamo, se lui si ferma prendo il coltello e tu la corda." Parlai a denti stretti.

"Ci sono troppe persone, se mai bisogna prima vedere le sue intenzioni." Mantenne la calma mentre parlò.

"Fotte un cazzo delle intenzioni Warren, al mio tre." Gli dissi.

Ci fermammo. Il gangster portava un cappello blu rigato di rosso tale al suo completo, camminava come cammino da ubriaco per andare in bagno.

Lui si fermò a distanza cercando di mimetizzarsi con la folla, ma senza successo.

Io e Warren camminammo velocemente quando vidimo che c'erano altri cinque uomini con lui.

A me piace il cibo italiano, ma non i mafiosi italiani.

Loro ci seguirono più insistentemente, a quel punto tirai Warren in un vicolo buio dove nasconderci.

Li sentimmo passare.

"Dove cazzo sono andati?" Parlavano in dialetto, e sembrava calabrese.

Ero ormai esperto perché avevo viaggiato tutta l'Italia, per donne, e per affari.

"Non so, Carluzzi ha detto che gli dobbiamo riportarli morti indietro" Carluzzi.

Carluzzi, lo conoscevo.

Volete sapere il perché?

Perché era un animale, non un uomo.

In galera ci è stato, ma per aver ucciso delle povere vittime innocenti.

Bambine, bambini, anziani.

Insomma, un assassino.

Sapevo che rimase dentro per più di vent'anni, mentre era dentro lavoravo per lui a quindici anni.

Per un malinteso uccisi uno dei suoi uomini, è da lì mi diede la caccia.

L'Affare RossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora