"Costa"

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Non ti ho mai detto che ti amo senza realmente farlo,
Non ti ho mai mentito quando non c'era una ragione per farlo,
Ma ti ho amata follemente sempre con una ragione in più per continuare a farlo.

Quando troppo spesso la pensavo, soffrivo troppo.
La sognavo di notte, pensavo di prendermi pure a botte. Non volevo più torturarmi, sapevo che se l'avrei rivista mi sarei di nuovo innamorato.

Arrivammo a Los Angeles alle tre di mattina e appena arrivati nella Villa Ferrez mi addormentai in fretta e furia. Sì, avevo una villa quasi ovunque.

Cambiavo casa quasi come le mutande, non mi piaceva stare troppo sempre nello stesso posto.

Il giorno stesso mi ero fatto invitare a casa del amico di Castro tramite dei contatti, quel tipo si chiamava Perendiano Costa.

Prima di andarci mi sono scolato una bottiglia intera di whisky giusto per rimanere sobrio.

Warren andò a buttare un po' di soldi al Casinò durante la mia assenza.

Arrivatosi nel gigantesco giardino di Costa parcheggiai la mia auto e scesi lentamente.

Nel mio pantalone c'era nascosta una pistola, per sicurezza, non si sa mai pensai.

Essere sicuri basta, esserlo con una pistola basta e avanza.

Non voglio fare uno alla Al Capone, ma era la pura verità!

Non sapevo cosa aspettarmi lì dentro, sapevo solo che ero più fatto di una ballerina il sabato notte. Quando ero nervoso avevo bisogno di qualcosa di forte che faceva pensare alle persone che ero un vero uomo d'affari.

Infondo era quello che dovevo essere oggi, un uomo d'affari.

Avevo i capelli tirati con la brillantina, la mia camicia di seta e i miei pantaloni neri. A volte le persone credevano fossi un fotomodello oppure Carnera per la altezza che avevo.

Entrai con la sicurezza di un leone nel viale lasciando la scia del mio profumo.

Anche se ero uomo mi piaceva indossare tanto profumo per lasciare le mie tracce, le uniche tracce che di me non si trovavano mai erano le impronta o sangue.

I uomini di Costa vegliavano il grande portone come se fosse Buckingham Palace, assurdo.

"Fermo dove sei!" Urlò quello grosso.

"Calma ragazzi, sono solo un direttore di banca. Non sono mica della dea!" Loro scoppiarono a ridere accompagnandomi dentro.

Camminavo su un tappeto di velluto, e intorno a me circolava un mondo così sporco. Vasi cinesi che valevano una fortuna, quadri che manco il Louvre aveva.

Ero affascinato da quel mondo, pur così sporco ma anche così bello.

Giochi senza faticare, ma ti godi la vita se sai trattare le carte in tavola. Così diceva Frank, se uno sa scomettere tanti soldi a poker non significa che poi sa usare le carte giuste.

Mi sembrava surreale, ma bellissimo.

Da bambino non avevo sogni, perché sognare non mi era concesso.
L'unica strada che mi rimase era questa, e io non la chiamo 'la strada sbagliata'.

"Il nostro caro amico Ferrez!" Urlò Costa nel accappatoio di seta alzandosi dal suo sdraio in giardino per venire verso di me.

Mi chiamò amico anche se non sapeva nemmeno chi ero, da noi funzionava così. Ci conoscevamo tutti per etichetta.

"Costa.." Dissi ridendo.

"Vieni andiamo a bere uno dei miei whisky migliori, non voglio lasciare di certo disidratati i miei ospiti!" Era gasato, forse aveva bevuto un po' troppo.

Lo seguì nel enorme soggiorno che aveva, ed era pieno di foto del presidente in cornice.

"Ti sta a cuore eh?" Lo guardai divertito.

"Mi sta qui" Disse mimando il basso e sapevo già cosa intendeva. Scoppiamo a ridere e iniziammo a parlare di politica e proibizionismo.

Era interessante come uomo, ma anche molto buffo.
Buffo nel senso che, era molto facile da fregare.

"Sei sposato?" Mi chiese di punto in bianco.

"Cazzo no! Sono un uomo felicemente lib-" Proprio quando stavo per finire la frase, davanti ai miei occhi strisciò un accappatoio rosso di velluto.

"Ah! Ti presento la mia donna. Orlando Ferrez, questa è Lolita Aragona" Disse analizzando la situazione.

Alzai lo sguardo deglutendo verso di lei. I suoi capelli scuri e ricci le arrivavano fino al fondo schiena e i suoi occhi sembravano impauriti.

Lui mise una mano attorno alla sua vita stringendola con forza verso di se, è già la cosa non mi piaceva.

Non aveva pronunciato nemmeno il suo nome per intero, che uomo d'onore era?

"Piacere, signorina" Dissi neutrale prendendole la mano che tremava leggermente.

Era strano che mi trovavo qui solo per avere un foglio che mi permetteva di vendere auto a Cuba, ma era strano rivederla.

"Il piacere è tutto mio" Disse abbassando lo sguardo.

Ciò che non mi quadrava è che doveva fare la parte della donna scossa, impaurita.

Forse lo era davvero?

In presenza del suo uomo non avrebbe nemmeno potuto darmi la mano o incrociare il mio sguardo, ma allora perché il suo uomo le permise di presentarsi con una vestaglia del genere davanti a me?

"Torna da dove sei venuta, l'unica cosa che sai fare è spendere soldi" Ridendo la spinse via con un comportamento da cafone.

Io dovetti ridere alla sua battuta per stare al gioco ma leggevo tanta sofferenza negli occhi di Lolita.

Non capivo come aveva fatto ad entrare in un giro simile, lei così bella e innocente, perché?

"Donne.." Disse sbuffando.

"Servono solo a una cosa!" Scoppiò in una risata isterica e mi incitò pure me a ridere.

La sua battuta aveva un doppio senso squallido, ma cerchai di non farci caso.

Per me una donna sarebbe stata preziosa, ma non una qualsiasi. Per me lo doveva essere.

"Venga Ferrez, andiamo nel mio studio a parlare un po' d'affari! Io e lei ci capiamo al volo e alla grande." E rideva ancora e ancora.

Io mi annoiavo a vederlo, anche solamente a guardarlo.

Mentre parlava da quanto era ubriaco mi guardai in giro. Non la finiva più di parlare, parlava solo di cose perverse.

Ucciderlo non mi era concesso.
Torturarlo nemmeno.
E amazzarlo neanche.
Insomma, come potevo sopravvivere?

Era basso e non aveva niente di affascinante, un uomo che non sa rendersi affascinante non è un uomo.

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