7. Uno strappo che non si ricuce

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Alyssa credeva nelle favole a cui alla strega cattiva alla fine, andava tutto bene.
La conosceva bene, più tentava di far in modo che si lasciasse andare, più lei si chiudeva a riccio.
Era perennemente sulla difensiva.
Se quella parentesi con Fabiola non fosse mai esistita, forse avrebbe accanto la Aly che avevo imparato ad amare.

L'ultima cosa che avrebbe immaginato di fare, era lasciare la sua presa, ma doveva.
Uscì da quel letto, mentre lei lo fissava con un volto incuriosito, come se non aspettasse altro che sapere ciò che avevo da dirle, per poi tornare a stringerla di nuovo.
Ma non sarebbe successo.

«Non voglio sentire più una sola parola! Non mi fiderò mai più di te.»

Lasció quella stanza da sola e di sua volontà, ma la sensazione era simile a chi viene cacciato via senza ripensamenti.

Non poteva biasimarla, la conosceva così tanto, quasi più di se stesso, da sapere a memoria le parole che gli avrebbe scagliato contro.
Soprattutto l' ultima frase sulla fiducia.
Fatta eccezione per quel elenco di azioni che si era ripromessa di compiere d'ora in avanti, quel suo considerarmi un estraneo.

Nic si considerava l'ennesimo fallimento, un mezzo scarto della società con un bell'aspetto.

Accese una sigaretta, osservando ancora i fari dell'auto di Alyssa, che di colpo scattò via rapidamente.
Chissà se qualcuno la stava consolando, se qualcuno stava asciugando le sue lacrime.
La sua durezza, l'avrebbe portata ad auto consolarsi, a non chiedere aiuto a nessuno e saperla da sola a soffrire, a causa sua, gli mandava il cervello in fiamme.

Le braccia di Niccolò, ricordavano quelle possenti di suo padre e anche il suo modo affascinante di porsi, ogni giorno che passava, sempre di più.
Ma a scaldarla ora, altri frammenti di pelle, ossa e tatuaggi.
Lei vi cercò riparo, inerme, sì addormentó su Riccardo, per dimenticare quanto accaduto.
Lui non gli porse alcuna domanda, si limitò a trasformarsi in un comodo cuscino, pur di non farla fuggire ancora.
Alyssa si era bevuta il cuore.
Mentre Riccardo cercava costantemente di diventare qualcuno che lei potesse amare.

"Nic è a pezzi quasi quanto te."
Le rimembrò suo padre, non appena rientrò a casa, il mattino dopo.
Non capì come facesse ad essere al corrente dell'episodio, ma non glielo chiese, lo guardò solo confusa ed esclamò:
«Non vi metterò l'uno contro l'altro papà.»

«È bello sentirtelo dire. Una ragazza ferita è capace di fare tutto.»

«È pur sempre un tuo amico. »

«Anche il tuo, Aly. »

Quell'ultima frase sussurrata da Fabrizio, l'aveva riportata con i piedi per terra, per un attimo la vera ragione del suo continuare a sperarci ancora, era venuta fuori. Principalmente Nic, era un suo amico, ed era ovvio che ci fosse in lei una fiamma ancora viva, che la portava a pensare che in fondo, non era tutto perduto.
Pochi istanti dopo, la sua rabbia verso di lui era ancora alta.
Era traballante, un'altalena di emozioni balenavano nella sua mente e nessuna poteva evitare che ciò accadesse.
Dalla finestra, lo vide lasciare l'appartamento con passo perso, con ancora addosso i vestiti della sera prima.
Aveva trascorso la notte qui, da suo padre, forse con l'intento di trovarla, e allora perché non l'aveva avvisata?
La sua parte irrazionale avrebbe fermato quel suo vagare e lo avrebbe riportato al sicuro, avvinghiato a lei.
Ma la lucidità, quella predominante, lo osservò andare, senza far nulla.

Qualche ora più tardi, dopo non aver lasciato la sua stanza per alcun motivo, si diresse verso la sala musica, dove sapeva avrebbe scovato il padre.

«Tesoro, non entravi qui dentro da un sacco di tempo! » disse, accogliendola con un sorriso.
Aveva scritto la prima canzone del suo nuovo disco.

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