Capitolo 46

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ADAM's POV

Apro leggermente gli occhi. La luce bianca è così forte che mi costringe a chiuderli di nuovo.
"Adam, tesoro" sento la voce di mia mamma che mi chiama. Mi stropiccio gli occhi, riesco ad aprirli, stavolta definitivamente e la vedo. Ha il viso tirato, le occhiaie e le lacrime agli occhi.
"Tesoro mio sei qui..." dice singhiozzando. Si avvicina a me e mi tocca la testa.
"Come stai?" Chiede agitata.
Non parlo ancora. Cosa mi è successo. L'ultima cosa che ricordo è il mio litigio in macchina con William. Un momento... William dov'è?
"Adam caro, riesci a parlare?"
Mi schiarisco la voce. "Mamma" dico flebilmente. Cerco di alzarmi un po', ma sento un dolore lancinante alle costole. Il dolore mi lascia ricadere a peso morto. Sono in ospedale, mi guardo il braccio: ingessato.
"Mamma cosa mi è successo?!" Chiedo in fermento.
"Hai fatto un incidente in macchina, ti sei rotto un braccio e due costole se non sbaglio. Sei in coma da cinque giorni figliolo..." dice la mamma trattenendo le lacrime.
In coma. Cinque giorni.
"Ti ricordi qualcosa?"
"Non proprio, ricordo solo che ero in macchina con William e che abbiamo litigato, devo aver perso il controllo dell'auto..." dico e mia madre si mette una mano sul cuore.
"Mamma ora sto bene" le dico mettendole una mano sulla coscia.
"Lo so, ho temuto di perderti. Come ti senti?"
"Come uno appena uscito dal coma"
"Spiritoso..." dice con un sorrisetto. "Qui fuori c'è..."
"Jade?!" Le parole mi escono spontanee.
"No tesoro, c'è tuo padre..." dice le ultime parole quasi come un sussurro.
"Non voglio vederlo!" Dico secco.
"Ti prego, era molto preoccupato"
Vedo dipinta nel volto di mia madre un'espressione disperata. Vuole che io lo veda. Va bene, lo farò. Per lei. Annuisco e lei si illumina.
"Ora lo chiamo" si alza e mi da un bacio in fronte prima di uscire dalla stanza.
Mi fa male tutto. Tento di mettermi meglio su questo lettino scomodo, cerco di ignorare il dolore che arriva del petto e mi metto "comodo". La porta si apre, e sulla soglia, compare mio padre. Si avvicina a passo lento, e si siede nella sedia accanto al mio letto.
"Adam"
"Papà" dico ricambiando il suo sguardo duro. Poi ad un certo punto il suo sguardo si addolcisce. Scoppia a ridere e io rimango attonito.
"Sei proprio come me sai?!"
"Ah si?!"
"Si Adam. Quante volte ho distrutto la macchina di mio padre. Un giorno l'avevo completamente distrutta e l'avevo portata da un mio amico che aveva il padre meccanico. L'aveva rimessa in sesto, senza nemmeno farmi pagare. Pensa che tuo nonno si era puro congratulato con me, per come avevo tenuto la macchina!" Dice sorridendo.
"Quindi non sei arrabbiato con me?"
"Oh si che lo sono!" Dice e ridiamo entrambi.
"Vuoi raccontarmi come sono andate veramente le cose?"
D'istinto mi viene da dire di no, ma poi penso che tanto non ho niente da perdere. Inizio a raccontargli della scommessa, di Jade, di William e del perché eravamo in macchina insieme. Mio padre ascolta con attenzione tutta la storia.
"Balle!"
"Cosa?"
"Non sei salito in macchina con lui per parlare, tu volevi menarlo!" Sorrido. Ha proprio ragione.
"No invece, volevo solo parlare" non gli do soddisfazione.
Oggi più che mai mi sembra di aver parlato con mio padre di più in questa mezz'ora, che in tutta la mia vita.
"Hai fatto una cazzata, ma cerca di rimediare perché da quel poco che ho visto ci tieni a quella ragazza, tanto quanto lei tiene a te"
"L'orario di visite è quasi terminato signore" dice un'infermiera.
"Si è fatto tardi figliolo. Ci vediamo domani"
Saluto mio padre e poi lo seguo con lo sguardo finché esce dalla stanza.
Non ho visto Jade tutto questo tempo. Mia madre mi ha detto che oggi Bryan ha gli allenamenti, ma che passerà presto. Di Jade invece, non so niente. Mia madre non mi ha detto se è passata o meno in questi cinque  giorni. Probabilmente no. Mi volto dall'altra parte e vedo una cosa che mi lascia piacevolmente sconvolto.
Il portachiavi. È stata lei. Ne sono certo.
Sotto di esso c'è un bigliettino. Lo apro piano e lo leggo.

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