Nono Capitolo

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La chiave nella serratura compì tre giri, prima di concedere alla porta di spalancarsi. Quella mattina la Delacour mi trovò seduta a gambe incrociate nel letto; io avevo visto la notte dissolversi lentamente come se fossi spettatrice di un sogno – come se mi fosse stato regalato più tempo per riflettere- e l’alba di un nuovo giorno nascere. Non proferì nessuna parola, nessun cenno di saluto. Io avrei voluto issarmi sul materasso e spalancare la bocca a mo’ di sbadiglio e gridare, gridare pazzamente davanti a lei che io, - proprio io-, conoscevo tutti i suoi segreti. 
E lo feci. Nella mia mente, però.
Il luogo in cui potevo sconfiggere l’ansia provocata dalla sua presenza, dove potevo annullare il presentimento che da lì a poco mi avrebbe presa e frustata. Così, per il gusto di farlo.
La seguii fino alla mensa, dove poi i nostri percorsi si divisero: lei al suo posto, io al mio. William non c’era e il crollo emotivo che ebbe la sera scorsa mi tornò in mente come un flashback.
Durante la notte mi parve di percepire la sua mano salire e scendere sulla schiena, e ogni tanto captavo delle parole sussurrate, poi, però, ricordo solo il buio del baratro in cui sprofondai. 
-“Emily.” Un bisbiglio proveniente dalla mia sinistra mi fece sussultare.
-“Domani. Che fai?”, mi domandò Nicole lanciando occhiate furtive al tavolo degli insegnanti. 
-“Domani?”
-“Sei rimbambita? E’ sabato!”
Oh, ma certo. Da quando ero stata isolata uscii di sabato solo una volta per visitare qualche ospizio alla ricerca di mia nonna. Mentre il telefono risultava ancora guasto. Ero disperatamente in pena e il non riuscire a mettermi in contatto con lei in nessuna maniera mi stava facendo uscire fuori di testa, così m’imposi che quel giorno sarei andata a chiedere aiuto a qualche professore. Magari dettandomi l’indirizzo esatto del suo alloggio. Dovevano pur saperlo.
-“Vengo con voi”, sussurrai in risposta, coprendomi la bocca con il pane. Camille mi guardò sogghignante. Cosa diamine voleva?
-“Okay, dopo ne parliamo”, mormorò e scolò il suo ultimo goccio di latte. 
Dieci minuti dopo eccoci scendere le scale in tuta, per prepararci ad una lezione che, con buone probabilità, si sarebbe rivelata estenuante e faticosa. Jamie e Nicole mi affiancarono e ogni tanto riprendevano l’argomento maniaco nel collegio ma io non mi azzardavo ad alimentare le loro chiacchiere e declinavo ogni possibile argomentazione alle loro tesi. Comunque sia, Nicole cambiò rapidamente l’oggetto della conversazione. 
-“Allora, Em, volevo chiederti: domani vieni con noi nel senso che poi starai con noi oppure devi vederti col biondo per chiarirvi?” Il tono con cui pronunciò quelle parole mi ferì: sembrava offesa. Forse pensava che mi univo a lei solo per farmi firmare l’uscita dalla madre. 
-“Nicole, io voglio passare del tempo anche con voi. E con William ho chiarito le incomprensione che avevamo”, mugugnai aprendo la portafinestra. Jamie si lasciò andare ad un esclamazione e mi prese sottobraccio.
-“Questa sì che è una bella notizia, sai? Quando aspettavi a darcela?”
-“Oggi”, le sorrisi, -“ci siamo riappacificati ieri.”
Tempo addietro mi ero inventata una strana storia su me e William per giustificare il mio improvviso distacco da lui e, per fortuna, le due ci credettero. E,per mia fortuna, preferirono non indagare oltre. Non avrei saputo cos’altro inventarmi.
La Jim ci aspettava e ai suoi piedi si estendevano cinque file di tappetini di gomma, mentre poco più in là mi sembrava di scorgere due palloni e una serie di pesi. Al nostro arrivo diede aria al suo inseparabile fischietto – non volevo sbagliarmi ma, ogni settimana, ne sostituiva uno con un colore diverso-, era il suo modo per darci il buongiorno.
-“Signorine”, debuttò più scattante che mai a differenze di me e delle mie compagne, -“ un gruppo farà gli esercizi a terra con i tappeti, qualcun altro potrà dedicarsi alla corsa e se volete ci sono dei manubri da un kg che vi aspettano. Tra mezz’ora cambio.”
La maggior parte delle ragazze si posizionò a terra, Jamie preferì dedicarsi ai pesi – perché voleva incrementare massa sulle braccia, o almeno è così che diceva-, mentre io e Nicole e altre quattro ragazze optammo per correre intorno al collegio. Ci stavano dirigendo verso il portico quando la mia amica cominciò a diventar strana. La vedevo mentre mi scrutava da capo a piedi con la scusa di imprigionare una sottile ciocca di capelli nella forcina. Sembrava volesse dirmi qualcosa e non trovare il coraggio o le parole giuste per farlo. Così iniziava delle frasi e le lasciava morire di botto. Insomma, non era la solita Nicole.
-“Sei strana oggi”, commentai appena dopo aver superato il portico. 
-“Ah si?”, mi rispose affannata e senza voltarsi. Forse c’era davvero qualcosa che non andava. 
-“In effetti c’è una cosa che dovrei dirti.”
-“Dimmela adesso, le altre sono rimaste indietro.”
-“E’ un segreto. E ho paura che…”
La voce di Nicole si smorzò di colpo mentre, girando l’angolo, qualcosa di duro e graffiante mi colpì in pieno nel centro della fronte, facendomi volare a terra. Nel buio delle mie palpebre chiuse sfilarono una serie di stelle gialle, rosse e blu, la via lattea come non l’avevo mai immaginata. 
Vissi un momento di confusione – talmente potente lo schianto subìto- che credetti di poter vedere Marissa ed Eric se solo avessi riaperto gli occhi perché, una volta, mentre giocavamo a palla da piccoli, Marissa si sbilanciò troppo per afferrarla e il suo pugno sbatté violentemente sulla mia testa provocandomi infiniti capogiri e un gran bernoccolo. Tuttavia quando mi ripresi vidi Nicole china su di me, puntare il dito e lo sguardo su qualcuno che non vedevo, dire:
-“Cosa volevi fare? Cosa ti salta in mente, pazza! Sei pazza!” Mi sedetti a terra massaggiandomi la fronte e vidi Camille con un massiccio ramo in mano. Esattamente lo stesso che lanciò William la sera in cui lo scoprii oltre la vegetazione dell’istituto. Non appena incontrò i miei occhi lo lanciò alle sue spalle e tirò verso di me un foglio stropicciato. 
-“C’era questo sul letto della tua vecchia stanzetta!”, disse tra i denti e pensai stesse per sbranarmi. Presi il foglio, lo stirai con le mani che mi tremavano e lessi:

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