Settimo capitolo

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Settimo Capitolo

Avevo lo sguardo allucinato e i polmoni di chi corre da tutta una vita quando mi ricongiunsi con William, lontano dai miei inseguitori, lontano dalla serpe bionda che, inconsapevolmente, stava per mandare all’aria il mio pomeriggio di gloria. William era riuscito a congedarsi e mi raccontò senza troppo entusiasmo di come lei gli ha accarezzato il volto in segno di saluto. Mi ha detto, poi, di aver volutamente mancato l’ultimo canestro per il primo premio in modo da non donare a lei l’orso rosa che mi spettava. Mentre continuava a parlarmi, -seduti come due bambini su un cornicione di marmo accanto alla ruota panoramica-, io avevo ancora il cuore che batteva come un ossesso. Indovinando il mio stato d’animo William mi regalò un bacio sulla fronte.

-“E’ passato. Loro non ci sono più”, sussurrò per calmarmi. Io scossi la testa come una pazza fuori di sé. 

-“Sei sicura di non conoscerli?”

-“Sì, ne sono assolutamente convinta!”, ribattei per la centesima volta. Voglio dire, un ragazzo del genere – alto, affascinante, tutto nero da capo a piedi ad eccezione del suo colorito- non era facile rimuovere dalla memoria. 

-“Forse frequentava la tua stessa scuola e ti ha riconosciuta. Non significa per forza che vi siate dovuti presentare… ti avrà vista nei corridoi o da qualche parte.”

Annuii con precaria convinzione. 

-“E’ possibile. O forse la ragazza che cercavano si chiama Emily e per uno scherzo del destino –ma poi quanto gli piace scherzare a questo destino, eh William?- mi somigliava”, mormorai torturandomi le dita. L’aria si arricchì della sua risata e balzò dal muretto, mettendosi di fronte a me.

-“Comunque sia ora ci sono io con te. Non ti accadrà niente di brutto.”

Sorrisi passando timidamente le mie mani sul suo viso, sui suoi tratti che mai avrei imparato perché troppo sublimi anche per la mia immaginazione.

-“Lo so.” Accostai la mia fronte alla sua e i nostri nasi si strofinarono diverse volte, ridemmo divertiti. Era così bello stare con lui, vederlo, odorarlo, viverlo e non farmi mai bastare i nostri urgenti contatti. Le sue labbra premerono sulle mie con delicatezza e tutte le volte che ciò accadeva era come subire uno shock. Sentii dei versi morire nella sua gola e poi le nostre labbra si schiusero per approfondire quel bacio. Le nostre lingue si intrecciarono e scoccarono tristemente al nostro distacco.

-“So dove portarti per farti tranquillizzare completamente. Un piccolo posticino dove saremo solo io, te e il cielo.”

Aggrottai le sopracciglia non capendo, al che seguii il suo sguardo che mirava in alto dietro le mie spalle e, senza nemmeno aver bisogno di voltarmi, capii.

-“Vuoi portarmi fin lassù?”, squittii balzando giù dal cornicione, con un sorriso alquanto tremante. 

Lui allargò le braccia.

-“Non puoi dirmi di non essere mai salita su una ruota panoramica, Em.” 

Mi misi a braccia conserte e risposi prontamente:

-“Non è mica un disonore non essere mai saliti su quella cosa tonda e pericolosa. E io non ci salirò mai.”

Non credevo davvero alla mia ultima frase ma, sia mai ci avesse creduto lui, mi sarei risparmiata di avere per la seconda volta nell’arco del pomeriggio il cuore in gola. 

-“Non tutto ciò che ti circonda è una minaccia, un pericolo. Quindi prendimi la mano e andiamo.”

Sospirai. Non avrei mai vinto contro di lui per questo non insistetti nell’essere irremovibile, nemmeno alla pista di pattinaggio ero riuscita ad impietosirlo. Così gli presi la mano e dopo cinque minuti eravamo con i piedi lontani dal cemento.

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