Mi sciacquai le mani con vigore, verso la fine della giornata. Ad ogni cambio d’ora mi rifugiavo nel bagno della camera per espellere la pena ricevuta. Proprio al termine di tutte le lezioni, impegnata in questo intento e china sul lavandino, delle braccia lunghe mi avvolsero per la vita. Dietro alla mia immagine riflessa scorsi Jamie, avvinghiata alla mia schiena come un koala.
-“Smettila di lavarti. E’ tutto passato”, mi bisbigliò vicino all’orecchio. Lanciai un’occhiata al sapone che veniva risucchiato via e al getto d’acqua freddo, destinato alla stessa sorte.
-“Hai ragione. Non so cosa mia sia preso”, cercai di ridacchiare ma parve il gracchiare di una cornacchia. Jamie si sollevò da me e mi fece segno di seguirla in camera; dunque mi asciugai velocemente le mani e la raggiunsi accanto al mio baule, dove c’era anche Nicole.
-“Allora, Emily, credo che sia giunto il momento di riesumare dal baule il tuo cellulare.”
Mi schiacciai una manata sulla fronte, gesto istintivo che le fece ridere e scuotere la testa.
-“Perché l’altra volta mia madre – quella rompiscatole di prima categoria- ci ha bombardato per tutto il giorno su dove fossi, se stessi bene, se William fosse un tipo raccomandabile.”, fece una breve pausa lanciandomi un’occhiata che non riuscii a decifrare, poi mi diede le spalle sedendosi sul letto di Jamie, -“allora, per favore, cerca di farlo ritornare nel mondo dei vivi. Così possiamo scambiarci anche i numeri di telefono.”
-“Va bene, è giusto”, dissi frugando tra una delle bustine di plastica in cui ricordavo di averlo messo, -“ma credo sia scarico e qui non vedo una presa.”
Jamie scrollò le spalle afferrando il cellulare e il carica batterie che avevo appena recuperato e si indirizzò verso il bagno.
-“Proprio dietro alla lavatrice c’è una presa. E’ lì che carichiamo di nascosto i nostri cellulari”, mi spiegò con fare saputello.
-“Vi ringrazio. Ora, però, devo andare a chiedere un informazione ai professori. Nicole”, mi rivolsi a lei, -“questa mattina siamo state interrotte e mi pare volessi dirmi qualcosa.”
La mia amica trasalì e scosse la testa, sorridendomi.
-“Ehi, voi due! Avete dei segreti che non mi coinvolgono?”, scherzò Jamie, di ritorno, incrociando le braccia al petto.
-“No, figurati”, mugugnò Nic, lisciandosi delle pieghe immaginarie sulla gonna. Aggrottai le sopracciglia.
-“Sei sicura? Mi sembrav…”
-“Davvero, Emily! Volevo solo dirti che domani ci divertiremo. Tranquilla, non dovevo dirti qualcosa di importante.”, chiarì con uno sguardo particolarmente insistente e, non appena Jamie si voltò per raggiungere la finestra, indicò con la testa le sue spalle, mimando con la bocca “non adesso.” Recepii il messaggio e le salutai, scendendo le scale per dirigermi nella sala dei professori.
L’obiettivo della mia giornata era quello di scoprire la via dell’alloggio di mia nonna: qualcuno doveva pur esserne a conoscenza.
Nonostante la porta fosse aperta e vedessi i pochi presenti, bussai per ricevere il permesso d’entrata.
-“Signorina Collins, cosa le serve?” Il professor Bennet mi raggiunse sulla soglia mentre gli altri tornarono a chiacchierare e a sistemare un tavolo pieno di fogli, libri e documenti.
-“Sì, vorrei sapere se lei può, o un altro professore, riuscire a mettermi in contatto con mia nonna. E’ da molto tempo che non la sento e che non la vedo.”
-“Oh”, farneticò sovrappensiero, -“no, mi dispiace, Collins. L’unica persona che può aiutarla, in questo caso, è Miss Delacour. Vada da lei, così va’ sul sicuro, no?”
No?
Se c’era una situazione che volevo evitare come la peste era quella di andar a elemosinare informazioni riguardo la mia unica e sperduta parente dal Male per eccellenza.
Davvero molto utile, signor Bennet, non c’è che dire.
-“Grazie.” Finsi un sorriso piuttosto tirato e girai i tacchi. Se non fossi stata disperata mi sarei arrangiata per conto mio ma, sia dia il caso, che io fossi più che disperata. Così, cinque minuti dopo essere rimasta a fissare la porta dell’ufficio della preside, bussai con infinita leggerezza.
-“Avanti!”, proruppe la sua voce, che sembrava giungermi dall’oltretomba. Rabbrividii e feci l’ingresso più disinvolto che riuscissi a simulare: spalle dritte, braccia intrecciate dietro la schiena, andatura sciolta e testa alta.
Miss Delacour si mostrò sorpresa e spiazzata; non saprei decidere se per la mia presenza o per la mia spavalderia di cartapesta.
-“Cosa volevi fare, signorina? Buttare giù la porta?”
Ignorai la sua provocazione e puntai al dunque:
-“Sono venuta qui per chiederle se può, gentilmente, concedermi l’indirizzo dell’ alloggio di mia nonna.”
Lei dondolò il capo abbandonando la sedia girevole; con un verso, poi, ruppe il nostro contatto visivo per posizionarsi di fronte al ritratto. Evitai di soffermarmi su quell’immagine, aspettai una risposta vagando con gli occhi in quell’ufficio divenuto fin troppo familiare.
-“Ho saputo che c’è stato un guasto piuttosto importante. Sono settimane che tentano di ripristinare la linea telefonica e risolvere i vari problemi di quell’istituto”, mi informò con un tono talmente basso da farmi credere che fosse sovrappensiero, così m’incamminai per andarle vicino nel momento in cui si voltò per guardarmi; sobbalzò allarmata. La reazione che ne conseguì mi spiazzò non poco:
-“Cos’hai dietro la schiena?”, urlò questa.
-“Cosa?”
-“Collins, che cosa stai nascondendo dietro la schiena?!”
-“Io non ho niente dietro la…”
Miss Delacour mi piombò addosso come una furia, afferrandomi le braccia per verificare se davvero nascondessi qualcosa. Io ero senza parole: come poteva pensare che fossi entrata in quella stanza con l’intento di farle del male?
Ancora con le braccia imprigionate nelle sue mani, ci guardammo. Aveva il respiro affannato, gli occhi spalancati e la bocca tesa e sigillata.
-“Mi lasci”, sussurrai con debolezza, -“ha visto? Non ho niente dietro la schiena. Come può pensare una cosa del genere?”
Mi lasciò andare di colpo e raggiunse la scrivania posizionandosi di fronte alla finestra.
-“Fuori dal mio ufficio.”
-“Ma lei non ha risposto alla mia domanda. Per cortesia, Miss”, insistetti anche se avevo la consapevolezza di aver appena assistito ad una delle sue crisi, ad uno dei suoi cedimenti emotivi. E questo mi spaventava più di una frustata.
Infatti tornò ad osservarmi stizzita per la mia irruenza.
-“Se riuscirò a metterti in contatto con la signorina Williams”, mormorò cercando di ricomporsi, anche se nel suo volto leggevo una tensione che poteva comprendere solo lei, -“domani ti organizzerò un incontro con tua nonna. Tieni il cellulare accesso. Ho tuo il numero, come quello di ogni altra alunna, e adesso esci. Immediatamente.”
Non potendo credere sul serio a quelle parole mi ritrovai ad annuire, a ringraziarla a mezza bocca e ad uscire con foga come se ne valesse della mia vita togliermi d’impaccio. Trionfante come mi sentivo fu veramente un compito arduo contenere l’emozione, quasi raggiunsi la mia camera isolata saltellando. Chiusi la porta alle mie spalle e mi gettai sul letto, cercando, per quanto fattibile, di cancellare l’episodio dell’ora della Jim e di proiettare i miei pensieri all’imminente incontro con Caroline Collins.
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Going Under
Vampir[DA REVISIONARE] Quando la giovane Emily Collins mette piede nel collegio più cupo e spaventoso di Londra non sa che la sua vita sta per cadere in un mondo oscuro fatto di sangue e creature che credeva vivere solo nei suoi incubi. Quando pensa che l...