Diciassettesimo Capitolo

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 Angolino Autrice: Devo chiedervi umilmente scusa per la mia prolungata assenza, ma il motivo è stato che ho avuto un danno piuttosto importante alla linea telefonica (quindi niente wi-fi) e, nemmeno a farlo apposta, contemporaneamente, mi si è rotto il cellulare e non accedo a internet e social network vari da un mese. Per cui mi scuso, e spero che siate ancora a bordo con me per questa avventura. Buona lettura!

Lo stato d’impasse in cui ero caduta si sbloccò solo quando mi resi conto di essere arrivata nell’atrio, e che le cinque ragazze presenti –intente ad allungare il passo verso la biblioteca- avevano rigirato la testa per guardarci con tanto d’occhi.

Il figlio della Delacour con la Collins. Tra tutte, proprio lei, potevo quasi sentire i pensieri delle loro teste vuote.

Feci scivolare la mia mano da quella di William.

-“Mi spieghi cos’è questa storia? E hai detto quello che hai detto davanti a Nicole…e Jamie. Davanti alle mie due migliori amiche!”

-“Non sono padrone  delle emozioni che mi stanno attraversando, d’accordo?”, il respiro era affannato,-“non ho mai sperimentato una paura simile, capace di farmi sentire così vivo e spacciato al tempo stesso. Sono entrato nell’ufficio di mia madre per parlare, ma lei non era presente; c’era il diario che abbiamo trovato quella sera nel cassetto, ricordi?”

Annuii, stringendo le labbra.

-“Ho letto delle pagine…e… c’erano scritte delle cose che io non avrei mai pensato di poter leggere, segreti di cui…io…”

-“William sta’ calmo”, gli intimai, toccandogli il volto stravolto e accaldato.

-“Sfogliando le ultime pagine ho trovato dei paragrafi che ti riguardavano: tu sei il mezzo, c’era scritto, e che per accedere e completare il suo obiettivo c’è bisogno di ucciderti. Non so che cosa significa tutto questo ma devo salvarti da lei.”

Presa da un’ondata di gelo abbassai le braccia lungo i fianchi, cercando di non farmi assalire dall’irrazionalità del panico. Dovevo rimanere lucida. Tra i due, almeno io.

-“E come pensi di proteggermi? Facendomi esiliare dal collegio?”

-“Qualsiasi luogo che non sia l’istituto, solo in questa maniera mi è possibile esserti vicino. Non ha senso rimanere qui.”

William recuperò la mia mano, ma io arrestai il movimento.

-“Emily?”

-“Devo prendere una cosa! Lasciami.”

Questo alzò il volto al cielo, dalle labbra digrignate uscì implorazione disperata, benché io avessi già superato la prima rampa di scale per dirigermi nel dormitorio e prelevare il pacco. Quel dono che mia nonna si era tanto premuta di farmi ricevere e che, oramai era impossibile negarlo, pareva essere il filo conduttore di tutto ciò che mi stava accadendo.

Aprii il baule e riempii la borsa con le prime magliette che mi capitarono sotto mano –il cellulare, della biancheria intima- e poi c’infilai la scatola che, dall’ultima volta, quasi era diventata ancora più pesante.

-“Ehy, lo sai che non si può uscire dal collegio?”

Sussultai nel sentirmi dire quelle parole; era una ragazza che non avevo mai visto prima d’ora: aveva dei lunghi e riccioluti capelli rossi, una spruzzata di lentiggini ad impreziosirle il volto grazioso ed era appoggiata allo stipite della porta con aria annoiata.

Feci una smorfia mettendomi a tracolla la borsa e, passandole accanto le sussurrai un “ma per favore”.

 Un verso di sorpresa gorgogliò nella sua gola, prima che potesse ribattere scesi di volata i primi scalini, udendo oltre il rumore dei miei pensieri una voce che mi chiamava:

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