Tredicesimo Capitolo

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Allungai una mano appena in tempo per soffocare un grido, voltandomi con il cuore precipitato nello stomaco, tanta la paura.

Mi ritrovai a fissare con occhi sgranati quelli limpidi di Rebecca Williams.

-“Signorina Williams!”, strillai, vicina ad una crisi. Ma che cosa diavolo ci faceva lì?

Lei mi sorrise stringendo le labbra e mi si avvicinò con la naturalezza con cui s’incontra un amica in centro, in un giorno qualunque.

-“Ero venuta a cercarti, Emily”, mi rispose, semplicemente.

-“A cercare me? Oh, oh no… mia nonna! E’ successo qualcos…”

-“No, Emily. Calmati e vieni qui”, mi ordinò buttando un’occhiatina alle mie spalle, per poi afferrarmele e condurmi più in profondità.

-“Mi vuole dire cosa succede? E perché si è nascosta qui?”

-“Nessuno deve vedermi e tu, naturalmente, non dovrai dire nulla riguardo questo incontro”, disse lentamente, scandendo bene le parole. Una. Per. Una.

-“Mi sta spaventando.”

La stretta delle sue mani sulle mie spalle si fece più ferrea e il suo sguardo, carico di apprensione, cercava in me una conferma riguardo la sua richiesta.

-“Sì, io non dirò a nessuno che l’ho incontrata qui. Ma non mi faccia aspettare un secondo di più”, quasi ringhiai per il dolore provocato alle mie ossa, -“la prego.”

Lei annuì freneticamente, alcuni ciuffi si ribellarono all’elastico della coda e le ricaddero ad incorniciagli il viso pallido.

-“Domani mattina. Metropolitana centrale. Alle nove in punto, voglio trovarti lì.”

-“E perché?”, domandai, dominando una vertigine di paura e incomprensione.

-“Ci sono cose che devi sapere e perché è così che deve andare. Domani mattina la Delacour  non ci sarà, non rientrerà prima di mezzogiorno. No, non chiedermi come io faccia a sapere queste cose: l’importante è che io le sappia. Ora entra dentro dalle tue amiche. Vai!”, mi girò con un gesto repentino e mi spinse fuori dal limitare del bosco. Non mi voltai indietro per concedermi un ultimo sguardo, barcollai con le gambi molli fino a rientrare nel clima della festa.

Proprio come avevo previsto il dj aveva deciso di movimentare la serata con qualche brano natalizio remixato; in quella massa di corpi danzanti dovetti alzarmi sulle punte per guardarmi intorno alla ricerca di Jamie, Nicole e le altre. Un ragazzo mi rifilò una gomitata al centro dello stomaco e, se non avessi intercettato il suo viso mortificato e rosso per l’imbarazzo, avrei creduto l’avesse fatto di proposito. Cambiai area, senza smettere di cercarle.

Pochi istanti dopo, però, fu qualcun altro a trovare me; il mio sguardo ne intercettò un altro che chissà per quanto tempo era rimasto lì, immobile, a richiamare il mio.

William s’incamminò verso di me e sul mio viso si dipinse un sorriso di pura euforia. Era elegantissimo, sapete? I suoi capelli sembravano più scuri rispetto al loro colore naturale poiché li aveva fissati all’indietro con del gel, alcuni ciuffi gli si arricciavano presso i lobi e lungo il collo. Giacca e cravatta gli donavano un’aria retrò, come se fosse uscito da una di quelle vecchie fotografie color seppia. Allargò le braccia per avvolgermi contro il suo corpo ed inspirai il profumo della sua pelle, rendendomi conto solo allora dell’astinenza che avevo in circolo.

-“Ho dovuto fissarti per un paio di minuti prima di rendermi conto che eri tu”, mi disse all’orecchio, e non sentii nient’altro che la sua voce, isolando la musica e le chiacchiere.

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