09. Coraggio

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Quando Gabriel Agreste aveva annunciato un'enorme festa di Natale aperta a tutti i conoscenti nella sua villa, egli, austero e rigido, aveva destato qualche sospetto nel figlio, che davvero non si capacitava di un tale cambiamento.

Ciò che ad Adrien premeva, però, era la lista degli invitati.
Suo padre aveva persino richiesto la presenza di Chat Noir e Ladybug alla festa.
Per quanto gli paresse strano come invito, il giovane era estremamente combattuto: mettere a repentaglio la propria identità e partecipare all'evento come Chat Noir, oppure rifiutare?
Avrebbe dovuto parlarne con Ladybug.

Era da un po' che non vedeva l'eroina: Papillon non akumizzava da troppo tempo per i suoi standard.
Che stesse tramando qualche losco piano? In ogni caso, l'avrebbe scoperto solo nel momento in cui si sarebbe palesata la situazione.

Quel pomeriggio, Nathalie interruppe il suo studio più volte per chiedergli di stilare una lista di persone che avrebbe voluto invitare. Aveva proposto i suoi compagni di classe, anche i genitori di questi, e aveva cercato di depennare i due eroi dalle liste.

Non aveva il diritto di decidere per Ladybug, ma era una questione di vita o di morte: lui non poteva essere con lei come Chat Noir se doveva essere allo stesso tempo Adrien con suo padre.
Non poteva mettere a repentaglio la sua identità segreta.

Scoprì di aver fallito miseramente il suo intento, che gli inviti erano stato spediti anche ai due eroi di Parigi, quando gli arrivò un messaggio sul catphone.

Gentile Chat Noir, Gabriel Agreste è lieto di invitarvi alla festa natalizia presso villa Agreste.
Maggiori dettagli saranno inviati in seguito.

«Dovremmo parteciparvi, secondo te?»
«Sì, perché no? È una buona occasione per far sentire A- Parigi al sicuro.»

Marinette si era sentita egoista più volte negli ultimi tempi.
Andare alla festa natalizia organizzata dal signor Agreste nelle vesti di Ladybug era solo una scusa per vedere lui, in realtà: il suo amato Adrien Agreste. Certo, anche Marinette aveva ricevuto l'invito, ma... quante chance avrebbe avuto Marinette rispetto a Ladybug?
Poche, forse nessuna.

La sua non era insicurezza, era stanca determinazione: voleva solo amarlo, in qualsiasi forma, in qualsiasi modo, per qualunque inesistente motivo.

Era da troppo tempo che bramava di avvicinarsi, di sfiorargli anche solo una guancia, di carezzargli le labbra prima con le dita e poi con la lingua, di toccarlo e di riconoscere quel corpo col tatto, anche senza vederlo.

Adrien, poi, più volte si era dimostrato interessato all'eroina, e questo faceva sperare Marinette in un passo in avanti.

Per questo aveva colto al balzo l'idea di partecipare all'evento del signor Agreste: per se stessa e per lui, per loro due.

«Io non verrò.»
«Perché?»
«Perché ho degli impegni personali... importanti.»
«Mh, e di cosa si tratta, gattino
«Se vuoi scoprire la mia identità segreta, te lo dico, insettina
«N-no, no.»

Oltre al padre, Adrien non riuscì, in quella situazione, a comprendere neanche Ladybug.
Non era lei a rifiutare ogni evento mondano perché "siamo eroi, non diamo spettacolo"?
Poi c'era anche Marinette, che aveva rifiutato l'invito per una ragione imprecisata.

Peccato, avrebbe voluto davvero trascorrere un po' di tempo con lei. Tanto già se lo immaginava: Ladybug sarebbe stata ancora più irraggiungibile del solito.

Marinette non era certo l'opzione B, ma sicuramente era la persona più importante dopo la sua amata coccinella.

«Preparati al meglio, Adrien. Stasera è una serata importante per noi.» E ancora Adrien non riusciva a capire perché per il padre fosse così importante quella serata.
Perché?

Quando giunse il momento di accogliere gli invitati e in particolare Ladybug, Adrien avvertì un senso di imbarazzo inedito. C'era suo padre accanto a lui, ed era rigido, con le spalle aperte e le mani dietro la schiena, con quell'espressione altezzosa e a tratti inespressiva dipinta sul volto.
Adrien provò un forte disagio.

Ma quando vide Ladybug, la sua amata e inafferabile eroina, avvicinarsi sempre di più, palesarsi come una dea davanti a lui, non riuscì a immaginare altro se non lei: il suo amore unico e infinito, la sua perfetta metà.

La voleva da così tanto tempo, da troppi anni. Da un'eternità che sperava potesse finire al più presto, in modo lieto.

Lei era tutto ciò che poteva rinvigorirlo.

Quanto avrebbe voluto ghermirle la mano per attirarla a sé, e non per salutarla soltanto come un padrone di casa.

Quanto avrebbe voluto guardarla negli occhi per scorgere in lei la sicurezza di un sentimento, di una passione che grida soddisfazione, e non per cogliere la semplice sincerità di un arrossire a una cortesia.

Quanto avrebbe voluto continuare a stringerla per trasmetterle tutto quell'amore che impazziva dentro di lui, e non solo per aiutarla a rialzarsi dopo una caduta improvvisa.

Quanto avrebbe voluto ascoltare la sua voce per sentire la sensualità delle sue parole e la melodia del suo parlare, e non per udire un sottile "grazie, scusa se ti sono venuta addosso".

Perché Adrien avrebbe voluto dirle: "cadi addosso a me ogni volta che ti capita, ti prego": perché la voleva, come un amante desidera l'amata.

Ma niente di tutto ciò che bramava si era realizzato quella sera.

«Buon Natale, Adrien. Grazie per la serata.»

«Ladybug?»
«Dimmi.»

Ti amo.

«N-niente. Buon Natale.»

Buon Natale, insettina.

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