10. Aspettare

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Aspettami, non fuggire,
il tempo non cancella la codardia,
né il celato coraggio le ferite.

Il Natale, quest'anno, non è Parigi.
Non è te.
Non è me.
Non è quel noi tanto sognato.

Aspettami, non scappare,
il vento non può schiacciarci,
perché, come noi, non sa amare.

Il Natale, quest'anno, non è Parigi.
Non è la coccinella.
Non è il gatto.
Non è quel noi tanto agognato.

Aspettami, non disdegnarmi,
il sole splenderà anche per noi
e noi saremo in grado di amarci.

Ma non a Natale.

Perché Natale, quest'anno, non è Parigi.
Non è te.
Non è me.
Non è la coccinella.
Non è il gatto.
Non è quel noi tanto sperato.

Ma io ti aspetto, amore mio,
perché né il tempo, né il vento, né il sole
mi spaventano;
perché la coccinella e il gatto
non meritano di soffrire.

Io e te non meritiamo di soffrire.
Noi non meritiamo di soffrire.

Aspettami, ti prego ascoltami
l'amore può riavvicinarci
perché non siamo mai stati distanti.

Buon Natale, amore mio.

Ogni volta che Luka scriveva una canzone, Marinette pretendeva di leggere il testo.
Le interessava cercare di capirlo.
E proprio per questo si stava scervellando in quel momento: perché non capiva.
Il gatto? La coccinella? A cosa poteva riferirsi?
"Prendila come un canto di Natale un po' particolare", le aveva detto poco prima. Ma adesso, seduta sulla sdraia del suo amato balconcino, teneva tra le mani quel pezzo di carta un po' scarabocchiato ma incredibilmente leggibile.
Natale non è Parigi...

«Buonasera.»

La ragazza alzò la testa, puntando le iridi sulla figura dell'eroe.
Indugiò.
«Buonasera.»

«Sono qui per un ronda serale, e ho pensato di farti un saluto.»

Sorrise: «Mi fa piacere, Chat Noir.»
Poi cominciò a piegare il foglio che ancora teneva tra le mani, intenta a riporlo per concentrarsi sul suo interlocutore.

Ma Chat Noir non sembrava molto d'accordo: incuriosito, le si avvicinò con un sorriso birichino.
«Una lettera d'amore?»

Marinette si ritirò: «Non proprio.»

«È una poesia d'amore?»

La ragazza scosse la testa, divertita: «Non ne ho mai ricevuta una.»

«Allora è una canzone?»
Ma lo chiese in modo strano, quasi con una punta di sospetto nella voce.

Indugiò: «Mh, sì, una specie... ma non è per me. Ho un amico molto bravo.»

«Un amico?»
«Sì, un amico, Chat Noir.»
Reputò strana tale insistenza.

«Quindi, un amico ti ha scritto una canzone?»
Non era affatto convinto della definizione, e questo lo inquietava per una qualche ragione.

«È un canto di Natale. Ma non so precisamente a cosa si riferisca...» Riaprì il foglio e ricominciò a rileggerlo tra sé e sé.
«Parla di Parigi, di una coccinella e di un gatto... forse.»
Si illuminò.
«Parla di te e Ladybug!»

L'eroe si corrucciò: «Cosa?» Le si affiancò, cominciando a leggere.

Aspettami, non scappare,
il vento non può schiacciarci,
perché, come noi, non sa amare.

Il Natale, quest'anno, non è Parigi.
Non è la coccinella.
Non è il gatto.
Non è quel noi tanto agognato.

«Ma come...»
Luka era stato così perspicace.

«Sono i sentimenti che tu e Ladybug provate l'uno per l'altra...»
Chat Noir si rabbuiò: «Sì, ma... lei non mi ama.»

Allora Marinette lo fissò, lo scrutò, ridacchiò.
Gli poggiò la mano sulla spalla: «Forse non quest'anno...»

Ma io ti aspetto, amore mio,
perché né il tempo, né il vento, né il sole
mi spaventano;
perché la coccinella e il gatto
non meritano di soffrire.

Io e te non meritiamo di soffrire.
Noi non meritiamo di soffrire.

Buon Natale, amore mio.

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